NO AL REFERENDUM PER SALVARE LA DEMOCRAZIA di Paolo Bagnoli
21-12-2025 - EDITORIALE
L’anno che viene si apre con un passaggio politico di primaria importanza: il referendum sulla legge Nordio che modifica la Costituzione in merito all’ordinamento giudiziario.
A ben vedere si potrebbe definire una nuova legge truffa o meglio ingannatrice e subdola poiché il vero obiettivo del referendum è la Costituzione della Repubblica. Dire “no” alla legge della maggioranza significa dire “si” ai valori fondanti della Repubblica e al suo ordinamento di principi e di istituzioni rappresentato dalla Costituzione.
Ingannatrice, quindi, sotto un punto di vista generale poiché, se essa conquistasse il quorum, si aprirebbe la breccia per il premierato. Ossia, dello scardinamento definitivo dell’assetto vigente nel nome della stabilità che, nel nostro ordinamento, è rappresentata dal Presidente della Repubblica e non da un autocrazia di marca populistica. Ingannatrice, inoltre, poiché, al di là di come viene rappresentata la legge che va a referendum, essa non tratta dei problemi della giustizia – ossia quanto è connesso all’attività della pratica giurisdizionale – ma a condizionare il corpo dei magistrati. Si propone, cioè, di intaccarne l’ indipendenza con la sovraordinazione del potere politico rispetto a quello giudiziario in quanto, la cristallizzazione della separazione delle carriere non può che condurre ad indirizzare, da parte del governo, il lavoro delle procure.
E’ vero che, in altri ordinamenti europei, ciò avviene, ma gli assetti costituzionali si basano e si giudicano sulla specificità storico -politica del Paese cui appartengono e quella italiana conferisce all’ordine giudiziario autonomia e indipendenza. Ciò non significa, come si è verificato, che ci siano registrate storture anche molto gravi, ma ciò non compromette il principio. La questione di taluni comportamenti degenerativi dipende da una fonte morale e pure politica; conferma il fatto che, dovunque, alla crisi della politica va in parallelo quella del diritto che, in Italia, ha registrato canoni eguali a quelli della crisi che da decenni attraversa la nostra politica democratica.
La Costituzione esprime il programma di uno Stato i cui poteri vengono contemplati e fusi in un preciso, razionale equilibrio politico-costituzionale. E’ l’ equilibrio che la destra, non da oggi, vuole scardinare andando verso la modifica sostanziale dell’ordinamento repubblicano per cancellarne le radici. In buona sostanza vuole recuperare la legittimità dell’esperienza storica da cui proviene per reinserire il fascismo in un paradigma positivo della storia italiana intendendo l’Italia come “nazione”, ossia quale entità sostanzialmente a sé rispetto alle vicende singole e collettive di chi la compone, cioè dei cittadini italiani.
Il referendum, quindi, viene usato, prima ancora che per inserire il nuovo pensamento nella Costituzione, per rendere più rapido il processo di destrutturazione della democrazia. Rappresenta l’accelerazione di un qualcosa che si vuole anche se, ancora, c’è molto di indefinito pur cogliendone con chiarezza le intenzioni. Bocciare il referendum significa, quanto meno, bloccare tale accelerazione. Il “no” vuol dire negare al governo quella legittimità nell’azione demolitoria della Carta che il governo cerca con il referendum. Significa salvaguardare il diritto costituzionale democratico. Come veniva fatto notare qualche settimana orsono dal sempre acuto Rino Formica, nella decadenza della democrazia siano unite o siano divise le carriere dei magistrati dipenderanno sempre da un potere autoritario.
Al proposito, e senza voler entrare nei tecnicismi, va osservato che nella legge si coglie più di un bagliore in tal senso soprattutto là dove si prevede l’istituzione di un’alta corte che governa le carriere dei magistrati. Rotta ogni resipiscenza dell’autonomia, si intravede uscire dall’ombra la volontà autoritaria che ha nella destrutturazione del meccanismo dell’autogoverno il meccanismo di realizzazione. Ciò si realizza attraverso il sorteggio tramite cui si compie la scelta dei magistrati che compongono gli organi.
Ci sia permessa una constatazione storica. Presso i Greci l’estrazione a sorte era considerato il mezzo per lasciare le decisioni nelle mani degli dei poiché gli uomini non osavano farle da soli. Con buona ragione riteniamo che siano stati i Greci a inventare la democrazia perché assunsero su di sé la responsabilità di darsi delle leggi non dettate né dagli dei, né tantomeno dal destino o dalla natura.
In conclusione il diritto con il referendum non c’entra nulla; altro è in ballo: il declino dell’ordinamento democratico. Per tutte queste ragioni , bocciare la legge del governo significa aprire il percorso per un reale risveglio della democrazia.
A ben vedere si potrebbe definire una nuova legge truffa o meglio ingannatrice e subdola poiché il vero obiettivo del referendum è la Costituzione della Repubblica. Dire “no” alla legge della maggioranza significa dire “si” ai valori fondanti della Repubblica e al suo ordinamento di principi e di istituzioni rappresentato dalla Costituzione.
Ingannatrice, quindi, sotto un punto di vista generale poiché, se essa conquistasse il quorum, si aprirebbe la breccia per il premierato. Ossia, dello scardinamento definitivo dell’assetto vigente nel nome della stabilità che, nel nostro ordinamento, è rappresentata dal Presidente della Repubblica e non da un autocrazia di marca populistica. Ingannatrice, inoltre, poiché, al di là di come viene rappresentata la legge che va a referendum, essa non tratta dei problemi della giustizia – ossia quanto è connesso all’attività della pratica giurisdizionale – ma a condizionare il corpo dei magistrati. Si propone, cioè, di intaccarne l’ indipendenza con la sovraordinazione del potere politico rispetto a quello giudiziario in quanto, la cristallizzazione della separazione delle carriere non può che condurre ad indirizzare, da parte del governo, il lavoro delle procure.
E’ vero che, in altri ordinamenti europei, ciò avviene, ma gli assetti costituzionali si basano e si giudicano sulla specificità storico -politica del Paese cui appartengono e quella italiana conferisce all’ordine giudiziario autonomia e indipendenza. Ciò non significa, come si è verificato, che ci siano registrate storture anche molto gravi, ma ciò non compromette il principio. La questione di taluni comportamenti degenerativi dipende da una fonte morale e pure politica; conferma il fatto che, dovunque, alla crisi della politica va in parallelo quella del diritto che, in Italia, ha registrato canoni eguali a quelli della crisi che da decenni attraversa la nostra politica democratica.
La Costituzione esprime il programma di uno Stato i cui poteri vengono contemplati e fusi in un preciso, razionale equilibrio politico-costituzionale. E’ l’ equilibrio che la destra, non da oggi, vuole scardinare andando verso la modifica sostanziale dell’ordinamento repubblicano per cancellarne le radici. In buona sostanza vuole recuperare la legittimità dell’esperienza storica da cui proviene per reinserire il fascismo in un paradigma positivo della storia italiana intendendo l’Italia come “nazione”, ossia quale entità sostanzialmente a sé rispetto alle vicende singole e collettive di chi la compone, cioè dei cittadini italiani.
Il referendum, quindi, viene usato, prima ancora che per inserire il nuovo pensamento nella Costituzione, per rendere più rapido il processo di destrutturazione della democrazia. Rappresenta l’accelerazione di un qualcosa che si vuole anche se, ancora, c’è molto di indefinito pur cogliendone con chiarezza le intenzioni. Bocciare il referendum significa, quanto meno, bloccare tale accelerazione. Il “no” vuol dire negare al governo quella legittimità nell’azione demolitoria della Carta che il governo cerca con il referendum. Significa salvaguardare il diritto costituzionale democratico. Come veniva fatto notare qualche settimana orsono dal sempre acuto Rino Formica, nella decadenza della democrazia siano unite o siano divise le carriere dei magistrati dipenderanno sempre da un potere autoritario.
Al proposito, e senza voler entrare nei tecnicismi, va osservato che nella legge si coglie più di un bagliore in tal senso soprattutto là dove si prevede l’istituzione di un’alta corte che governa le carriere dei magistrati. Rotta ogni resipiscenza dell’autonomia, si intravede uscire dall’ombra la volontà autoritaria che ha nella destrutturazione del meccanismo dell’autogoverno il meccanismo di realizzazione. Ciò si realizza attraverso il sorteggio tramite cui si compie la scelta dei magistrati che compongono gli organi.
Ci sia permessa una constatazione storica. Presso i Greci l’estrazione a sorte era considerato il mezzo per lasciare le decisioni nelle mani degli dei poiché gli uomini non osavano farle da soli. Con buona ragione riteniamo che siano stati i Greci a inventare la democrazia perché assunsero su di sé la responsabilità di darsi delle leggi non dettate né dagli dei, né tantomeno dal destino o dalla natura.
In conclusione il diritto con il referendum non c’entra nulla; altro è in ballo: il declino dell’ordinamento democratico. Per tutte queste ragioni , bocciare la legge del governo significa aprire il percorso per un reale risveglio della democrazia.
Fonte: di Paolo Bagnoli










