27 Aprile 2024

"TRA FASCISMO E ASTENSIONISMO"
di Paolo Bagnoli

26-10-2021 - EDITORIALE
Lo squadrismo fascista ha rialzato prepotentemente la testa. L'assalto devastatorio alla CGIL ha evocato tempi bui, lontani, ma vivi nella memoria democratica del Paese. La Repubblica ha il dovere di reagire con determinazione e la durezza del caso. E non va dimenticato che l'assalto era stato preordinato anche a Palazzo Chigi, sede del Governo e al Parlamento. E' una questione gravissima che ci dice come veramente, per usare la celebre definizione di Piero Gobetti, il fascismo sia “l'autobiografia della nazione”. Ossia, un tarlo che pasce nelle viscere profonde del Paese. Se trova l'occasione per ripresentarsi, non la perde e ciò avviene quando si avverte lo scarto di democrazia, quando si capisce che la fragilità del Paese apre degli spazi per determinare i presupposti politici e sociali di una democrazia autoritativa e illiberale già, da tempo, teorizzata dagli ideologhi del sovranismo antieuropeo.

Varie volte, nella nostra storia repubblicana, il fascismo ha tentato di segnare la propria presenza: basti pensare ai fatti di Genova del 1960,agli abortiti tentativi di sovvertire l'ordinamento democratico, fino al clima ostile alla Resistenza e alla richiesta di riscrivere la storia italiana solo con la mano destra con Silvio Berlusconi governante; la derisione della ricorrenza del 25 aprile e persino le dichiarazioni di autorevoli esponenti della maggioranza di allora che definirono i partigiani i “rossi”, usando la stessa espressione di Francisco Franco per i combattenti che si battevano per la Repubblica spagnola contro l'alzamiento dei militari reazionari promosso da Franco. E se, anche in passato, troviamo episodi di violenza questa volta siamo di fronte a un salto di qualità poiché sono state prese di mira due istituzioni della nostra vita democratica, il governo e il sindacato cui aderiscono la maggioranza dei lavoratori italiani che, non dimentichiamolo, rappresenta anch'esso una istituzione della democrazia.

Questa volta ciò che ha risvegliato il tarlo della persistenza fascista nella nostra Italia sono state le opposizioni alle misure di chi non condivide le scelte adottate per combattere la pandemia; posizioni che riteniamo assurde e irrazionali, ma legittime fino a che sono pacifiche, ma ad esse si è collegata la destra populista con un irresponsabile vezzeggiamento nel confronto all'ultimo voto tra la Lega e Fratelli d'Italia. La situazione presente ci dice quanto la crisi della democrazia sia avanzata e grande sia il vuoto di politica in assenza di veri partiti che della democrazia sono strumenti imprescindibili. Aver ridotto il confronto democratico a una esclusiva lotta per la conquista del potere inseguendo gli umori che via via, quotidianamente, si insediano nel Paese sta minando le fondamenta costituzionali della Repubblica e, quindi, della politica democratica.

Il momento che stiamo passando è certamente difficile; la legittimità del potere si logora e in un silenzio culturale talora assordante – le voci critiche e ragionanti certo non mancano, ma nessuno sembra avere interesse a prenderle almeno in considerazione a dimostrazione di come la cosiddetta “classe politica” non sia all'altezza del momento – il gioco politico rimbalza tra la crisi del disfacimento nella quale è avviluppato il movimento grillino, il leghismo a trazione salviniana e una formazione di destra vera, ultima gemmazione del fu Movimento Sociale - il cui simbolo mantiene ben in vista - la cui segretaria parlando a Madrid a un raduno neofranchista - la convention di Vox, partito dell'ultra destra spagnola - ha avuto l'ardire di dichiarare: ”Non conosco la matrice della violenza.” Sarà, ma il rapporto tra il partito della Meloni e Forza Nuova c'è; per tutto lo testimonia il fatto che nell'immobile della Fondazione del partito ha sede il giornale dei neofascisti arrestati. A Milano, inoltre, Lega e Fratelli d'Italia hanno stipulato un accordo politico-elettorale con gli eredi dei naziskin. Se riportiamo tutto ciò ai valori costituzionali è chiaro che l'area variamente articolata di ciò che ne deriva e la esprime è fuori dai valori costituzionali. Sono i fatti che lo dicono. In Italia non esiste una destra che, a differenza delle forze conservatrici europee, sia saldamente antifascista come lo sono i conservatori inglesi e i gollisti francesi; per cui, affermare che Fratelli d'Italia sia “l'argine più sicuro e democratico che abbiamo contro rigurgiti fascisti e chi lo nega è in evidente malafede” (Alessandro Sallusti,”Libero”, 12 ottobre 2021) è spudoratamente falso. Che poi in Parlamento sieda un partito che è la terza edizione, riveduta e corretta se vogliamo, del vecchio MSI è tutt'altra cosa. Per quanto il procedimento sia complesso riteniamo che Forza Nuova vada sciolta; non sarà certo questa la soluzione del problema, ma è la risposta politica minima che lo Stato non può non dare.

Sull'altro versante abbiamo assistito a una cosa cui non avremmo mai creduto potesse essere, ossia di un segretario di un partito, Enrico Letta, che è sceso in campo per conquistare un seggio alla Camera in una elezione supplettiva – operazione andata a buon fine, peraltro – con sulla scheda solo il suo nome, senza il simbolo del partito di cui è il leader, quasi un cittadino politicamente neutro che faceva una sua corsa in solitaria.

L'Italia non sembra avere consapevolezza del momento in cui viviamo e non solo per quanto riguarda il nostro Paese, ma anche l'Europa perché la non riuscita del nostro sistema in relazione a quanto propone il piano per la ripresa nazionale finirebbe per indebolire la stessa dimensione europea e un'Europa ancora più debole rispetto a quanto non lo sia oggi, rappresenterebbe il campo di affermazione dei populismi-sovranisti e ciò significherebbe il suo inevitabile degrado. Ma la coesione è data dalla politica e questa nasce dagli ideali che si professano nei termini della cultura politica democratica e solo tramite solidi corpi intermedi ,che ne siano il motore trainante, è possibile arginare prima e sconfiggere dopo le spinte disgregatrici sempre in agguato. Ciò vale in Italia e ciò vale in Europa oggi di fronte alla questione polacca che non è di poco conto e, a nostro avviso, di ben più impatto rispetto ai casi dell'Ungheria e di altri Paesi malati di nazionalismo. Per questo la Polonia europeista non va lasciata sola; se la destra dovesse vincere la battaglia intrapresa sulla preminenza del diritto polacco rispetto a quello europeo ci troveremmo sul ciglio di una frattura dalla portata negativa gigantesca.

Tanti multiformi fili, talora invisibili, se riescono a fare rete non si sa cosa potrebbe generare; anche per questo l'antifascismo è fondamentale; intendiamoci bene, proprio l' antifascismo senza trattino che esprime, a differenza di quello con il trattino, non una posizione di contrarietà e di opposizione, ma esso riassume i valori di quella lotta in un dato positivo a garanzia della libertà, della democrazia e di un processo di incivilimento che riguarda l'Italia e l'Europa e che sarebbe sbagliato dare per scontato.

A ciò si aggiungono altre considerazioni assolutamente necessarie. Facendosi scudo della questione dei vaccini la violenza fascista ha richiamato pure altre violenze, di ogni segno e colore tanto che, violenze di segno ideologico diverso hanno fatto corpo comune nell'accendere il caos. Si è addirittura mossa una rete internazionale visto che alcune presenze venivano dall'estero.

Si è trattato di un attacco forte a una democrazia debole perché un Paese che registra il 60% di astensioni, come è avvenuto nelle recenti elezioni, non può certo dirsi una democrazia civicamente partecipata e vissuta e, quindi, la debolezza è manifesta. Sarebbe bene che anche coloro che hanno prevalso fossero un po' meno euforici e si rendessero conto del complesso della situazione. Il fatto che Letta rilanci il canone prodiano è il termometro della modestia dell'attuale classe politica la quale si pone solo il problema del potere e non quello della “politica” e pensa che i giovani si possano affezionare alla democrazia con il semplice abbassamento a diciotto anni dell'età per poter votare anche per il Senato. Una decisione che non ha registrato nessuna reazione e che ci dice, invece, e con la legge elettorale crediamo che lo vedremo più chiaramente, come si ritiene di risolvere con soluzioni tecniche problemi politici quando oramai lo sanno anche i sassi che così non è mai stato e mai sarà.

L'Italia rimane, nonostante tutto, in attesa. Meno male che, a fronte di tante questioni aperte, Mario Draghi non vacilli, ma certo via via che ci si avvicina alla scadenza per il rinnovo della Presidenza della Repubblica i bradisismi per il governo si fanno sempre più marcati.




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