2025 di Enno Ghiandelli
di Enno Ghiandelli
23-06-2025 - AGORA'
Questo 2025, terribile per alcuni versi, rischia di riconsegnarci un mondo dove la legge del più forte ritorna ad essere l’unico strumento per dirimere ogni momento della nostra vita. Dai problemi che quotidianamente un individuo si trova ad affrontare alla risoluzione delle controversie internazionali. Sono gli uomini che improvvisamente hanno perso la ragione o c’è qualcosa di più profondo che attraversa l’umanità?
Fino a quando le distanze economiche fra i più ricchi e i più poveri, sia pure troppo lentamente, si stavano attenuando e le generazioni che si affacciavano nel mondo avevano una speranza di migliorare il loro stato il sistema ha retto. Appena il vento ha iniziato a mutare di direzione, gli imprenditori hanno abbandonato le disquisizioni sulla Corporate Social Responsability e si sono dedicati a predicare che il profitto è la loro unica stella cometa, poi questo concetto si è esteso a tutti gli aspetti della vita, soprattutto si sono formulate teorie che dietro a sproloqui sulla efficienza, come quella del New Public Management (NPM), propongono sempre una riduzione sostanziale del Welfare.
L’individualismo metodologico si afferma come dottrina sociale e trova la sua espressione massima nello sguaiato liberismo di Friedrich von Hayek e della Mont Pelerin Society in economia. Alcuni suoi membri sostengono pubblicamente il sanguinario dittatore cileno Augusto Pinochet.
L’inizio dell’arretramento avviene nel 1946 quando Truman non riesce a realizzare la riforma sanitaria. Da quel momento inizia un lavorio continuo e ben finanziato, da facoltosi imprenditori, dei think tanks, quasi tutti ultraliberisti e collegati a strumenti editoriali. La destra comincia quella lunga cavalcata, che porterà il pensiero liberista ad essere dominante, vorrei ricordare per inciso che gli estremisti repubblicani accusano il Presidente Dwight Eisenhower di essere un comunista perché non vuole modificare le leggi previste dal New Deal. Il mercato diviene l’alfa e l’omega di ogni azione umana.
Di fronte a questa situazione, la sinistra mondiale è imbalsamata nel marxismo, qualunque sia la sua declinazione, strumento inadatto a comprendere i nuovi fenomeni. È stato sufficiente organizzare la produzione secondo lo schema delle supply chain per disarticolare il sindacato, anch’esso fortemente pervaso dalle teorie marxiste.
La crisi petrolifera del 1973-1974 è l’occasione per il cambiamento radicale. Da allora i liberisti iniziano a dettare l’agenda politica mondiale.
Questa incapacità ad interpretare il presente e ad accettare i dogmi liberisti ha portato la sinistra a essere incapace sia di proporre una visione alternativa del mondo, sia di difendere i livelli di benessere in precedenza conquistati dalle classi meno abbienti.
Il risultato di queste scelte ha portato all’abbandono dei partiti della sinistra di una parte sempre crescente del suo tradizionale elettorato. Il quale o non partecipa alla vita politica o peggio ancora, attratto dalle sirene populiste, passa nel campo avverso.
Occorre ritrovare rapidamente la retta perché il liberismo oltre che a non aumentare il benessere ci sta portando, come vediamo in questi giorni, guerre e la distruzione del nostro habitat.
Fino a quando le distanze economiche fra i più ricchi e i più poveri, sia pure troppo lentamente, si stavano attenuando e le generazioni che si affacciavano nel mondo avevano una speranza di migliorare il loro stato il sistema ha retto. Appena il vento ha iniziato a mutare di direzione, gli imprenditori hanno abbandonato le disquisizioni sulla Corporate Social Responsability e si sono dedicati a predicare che il profitto è la loro unica stella cometa, poi questo concetto si è esteso a tutti gli aspetti della vita, soprattutto si sono formulate teorie che dietro a sproloqui sulla efficienza, come quella del New Public Management (NPM), propongono sempre una riduzione sostanziale del Welfare.
L’individualismo metodologico si afferma come dottrina sociale e trova la sua espressione massima nello sguaiato liberismo di Friedrich von Hayek e della Mont Pelerin Society in economia. Alcuni suoi membri sostengono pubblicamente il sanguinario dittatore cileno Augusto Pinochet.
L’inizio dell’arretramento avviene nel 1946 quando Truman non riesce a realizzare la riforma sanitaria. Da quel momento inizia un lavorio continuo e ben finanziato, da facoltosi imprenditori, dei think tanks, quasi tutti ultraliberisti e collegati a strumenti editoriali. La destra comincia quella lunga cavalcata, che porterà il pensiero liberista ad essere dominante, vorrei ricordare per inciso che gli estremisti repubblicani accusano il Presidente Dwight Eisenhower di essere un comunista perché non vuole modificare le leggi previste dal New Deal. Il mercato diviene l’alfa e l’omega di ogni azione umana.
Di fronte a questa situazione, la sinistra mondiale è imbalsamata nel marxismo, qualunque sia la sua declinazione, strumento inadatto a comprendere i nuovi fenomeni. È stato sufficiente organizzare la produzione secondo lo schema delle supply chain per disarticolare il sindacato, anch’esso fortemente pervaso dalle teorie marxiste.
La crisi petrolifera del 1973-1974 è l’occasione per il cambiamento radicale. Da allora i liberisti iniziano a dettare l’agenda politica mondiale.
Questa incapacità ad interpretare il presente e ad accettare i dogmi liberisti ha portato la sinistra a essere incapace sia di proporre una visione alternativa del mondo, sia di difendere i livelli di benessere in precedenza conquistati dalle classi meno abbienti.
Il risultato di queste scelte ha portato all’abbandono dei partiti della sinistra di una parte sempre crescente del suo tradizionale elettorato. Il quale o non partecipa alla vita politica o peggio ancora, attratto dalle sirene populiste, passa nel campo avverso.
Occorre ritrovare rapidamente la retta perché il liberismo oltre che a non aumentare il benessere ci sta portando, come vediamo in questi giorni, guerre e la distruzione del nostro habitat.
Fonte: di Enno Ghiandelli