16 Maggio 2024

"GIORNATA MONDIALE DEI DIRITTI UMANI"

Recentemente, domenica 10 dicembre 2023 si è celebrata la giornata mondiale dei diritti umani, istituita dall’Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU) che coincide con i 75 anni dall’ Universal Declaration of Human Rights. Un documento cruciale che rimarca i diritti di ogni essere umano ed è anche il documento più tradotto al mondo (disponibile in 500 lingue).

Quest’anno si è dato un maggiore risalto ai temi principali: la libertà, l’uguaglianza e la giustizia per tutti. Tematiche che hanno guidato le numerose iniziative in tutto il mondo. Una sceneggiata di buoni propositi in mezzo ai fatti che sono amari.

Sul sito ufficiale dell’Onu si legge: “La Giornata dei diritti umani raccoglierà tutti i momenti della commemorazione di quest’anno e cerca di aumentare la conoscenza dell’universalità e dell’indivisibilità dei diritti umani, soprattutto tra i giovani, di ispirare le persone a creare un movimento di umanità condivisa e di metterle in grado di lottare per i propri diritti e di agire”.

Parole di grande effetto, una enunciazione di buoni propositi che cozzano con le tristi realtà presenti nel mondo, descritte in un documento di Amnesty International.

Sappiamo tutti che l’invasione su vasta scala dell’Ucraina da parte della Russia ha dato luogo a numerosi crimini di guerra, ha generato una crisi energetica globale e ha favorito un’ulteriore frattura di un sistema multilaterale già indebolito. Ha impoverito i più deboli. Ha anche messo in evidenza l’ipocrisia degli stati occidentali, che hanno reagito con forza all’aggressione russa ma hanno condonato, o ne sono stati complici, gravi violazioni dei diritti umani. Una complicità che essenzialmente va ricercata nella mancata applicazione dei diritti umani.

Il “Rapporto 2022-2023. La situazione dei diritti umani nel mondo”, presentato recentemente da Amnesty International (pubblicato in Italia da Infinito Edizioni), rivela come i doppi standard e le risposte inadeguate alle violazioni dei diritti umani nel mondo abbiano alimentato impunità e instabilità, come nel caso dell’assordante silenzio sulla situazione dei diritti umani in Arabia Saudita, della mancanza d’azione rispetto a quella dell’Egitto e del rifiuto di contrastare il sistema di apartheid israeliano nei confronti dei palestinesi.

Il Rapporto segnala anche l’uso di pesanti tattiche da parte della Cina per impedire l’azione internazionale sui crimini contro l’umanità che ha commesso, così come il fallimento delle istituzioni regionali e internazionali, favorito dagli interessi egoisti degli stati membri, di fronte alle migliaia di uccisioni in Etiopia, Myanmar e Yemen.

La segretaria generale di Amnesty International, Agnès Callamard, ha dichiarato:
“L’invasione russa dell’Ucraina è un esempio agghiacciante di cosa può accadere quando gli stati ritengono di poter aggirare le norme internazionali e violare i diritti umani senza conseguenze. La Dichiarazione universale dei diritti umani venne adottata 75 anni fa, sulle ceneri della Seconda guerra mondiale, per riconoscere universalmente diritti e libertà fondamentali a tutte le persone. Nel caos delle dinamiche dei poteri globali, i diritti umani non possono finire persi nella mischia. Devono guidare il mondo in una navigazione sempre più volatile e in un ambiente pericoloso. Non dobbiamo attendere che il mondo bruci un’altra volta”.

L’invasione su vasta scala dell’Ucraina ha causato una delle peggiori crisi umanitarie ed emergenze dei diritti umani della recente storia europea. Il conflitto ha provocato non solo sfollamenti di massa, crimini di guerra e insicurezza alimentare ed energetica a livello globale, ma ha anche sollevato il tremendo spettro di una guerra nucleare.

La risposta è stata rapida: gli stati occidentali hanno imposto sanzioni economiche a Mosca e inviato assistenza militare a Kyiv, la Corte penale internazionale ha avviato un’indagine sui crimini di guerra in Ucraina e l’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha condannato l’invasione russa come atto di aggressione. La Corte Penale Internazionale ha condannato Putin per i crimini di guerra commessi in Ucraina, ma la sentenza da chi verrà eseguita? Da nessuno.

Callamard ha commentato: “Se quel sistema avesse funzionato per chiamare la Russia a rendere conto dei crimini commessi in Cecenia e in Siria, allora come oggi migliaia di vite avrebbero potuto essere salvate, in Ucraina e altrove. Invece, abbiamo altra sofferenza e altre devastazioni. Se la guerra di aggressione russa ha dimostrato qualcosa per il futuro del mondo, è l’importanza di un ordine internazionale basato su regole efficaci e applicate in modo coerente. Tutti gli Stati devono raddoppiare gli sforzi nella direzione di un nuovo ordine basato sulle regole a beneficio di tutte le persone, ovunque. Le risposte all’invasione russa dell’Ucraina ci hanno detto qualcosa su ciò che si può fare quando c’è la volontà politica di farlo: condanna globale, indagini sui crimini, frontiere aperte ai rifugiati. Quelle risposte devono essere un manuale su come affrontare tutte le massicce violazioni dei diritti umani”.

Per i palestinesi della Cisgiordania occupata il 2022 è stato uno degli anni più mortali da quando, nel 2006, le Nazioni Unite hanno iniziato a registrare i numeri delle vittime: lo scorso anno sono stati 151 i palestinesi uccisi, tra i quali decine di minorenni, dalle forze israeliane. Queste hanno anche continuato a espellere i palestinesi dalle loro case. Il governo israeliano ha in programma una grande espansione degli insediamenti illegali nella Cisgiordania occupata. Invece di chiedere la fine del sistema israeliano di apartheid, molti stati occidentali hanno scelto di attaccare i promotori di tale richiesta.

Gli Usa hanno condannato ad alta voce le violazioni dei diritti umani russe in Ucraina e hanno accolto decine di migliaia di ucraine e ucraini in fuga dalla guerra; ma le loro politiche e prassi razziste contro i neri hanno causato l’espulsione, tra il settembre 2021 e il maggio 2022, di oltre 25.000 persone fuggite da Haiti, sottoponendo molte di esse a torture e ad altri maltrattamenti.

Gli stati dell’Unione europea hanno aperto le frontiere alle persone in fuga dall’Ucraina dimostrando di essere, in quanto uno dei raggruppamenti più ricchi al mondo, più che in grado di ricevere grandi numeri di persone in cerca di salvezza e di dar loro l’accesso alla salute, all’educazione e all’alloggio. Al contrario, molti di quegli stati hanno chiuso le porte a chi fuggiva dalla guerra e dalla repressione in Siria, Afghanistan e Libia.

I doppi standard dell’Occidente hanno rafforzato stati come la Cina e consentito a Egitto e Arabia Saudita di evadere, ignorare o respingere le critiche sulla loro situazione dei diritti umani.

Nonostante le massicce violazioni dei diritti umani, equivalenti a crimini contro l’umanità, nei confronti degli uiguri e di altre minoranze musulmane, Pechino è riuscita a eludere le condanne, a livello internazionale, da parte dell’Assemblea generale, del Consiglio di sicurezza e del Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite.

Secondo Agnès Callamard:“Gli stati applicano le norme sui diritti umani caso per caso, mostrando in modo sbalorditivo la loro clamorosa ipocrisia e i doppi standard. Non possono criticare le violazioni dei diritti umani in un luogo e, un minuto dopo, perdonare situazioni analoghe in un altro solo perché sono in ballo i loro interessi. Tutto questo è incomprensibile e minaccia l’intera struttura dei diritti umani universali. C’è anche bisogno che gli Stati che finora hanno esitato assumano una chiara posizione contro le violazioni dei diritti umani ovunque si verificano. Servono meno ipocrisia, meno cinismo, più coerenza, più azione basata sull’ambizione e sui principi da parte di tutti gli stati per promuovere e proteggere tutti i diritti”.

In Russia, dissidenti sono stati portati in tribunale e organi d’informazione sono stati chiusi, solo per aver menzionato la guerra in Ucraina. Giornalisti sono stati imprigionati in Afghanistan, Etiopia, Myanmar, Russia, Bielorussia e in decine di altri stati del mondo dove erano divampati conflitti.

In Australia, India, Indonesia e Regno Unito le autorità hanno introdotto nuove leggi per limitare le manifestazioni, mentre lo Sri Lanka ha fatto ricorso ai poteri dello stato d’emergenza per stroncare le proteste di massa contro la crescente crisi economica. Le norme entrate in vigore nel Regno Unito hanno dato alle forze di polizia poteri molto ampi, compreso quello di vietare “proteste rumorose”, compromettendo così la libertà di espressione e di protesta pacifica.

La tecnologia è stata utilizzata come arma per diffondere disinformazione o per ridurre al silenzio o impedire le proteste.

In Iran le autorità hanno risposto con la forza illegale a una sollevazione senza precedenti contro decenni di repressione, ricorrendo a proiettili veri, pallottole di metallo, gas lacrimogeni e pestaggi: sono state uccise centinaia di persone, tra cui decine di minorenni. Anche le forze di sicurezza del Perú, a dicembre, hanno usato la forza illegale in particolare contro nativi e campesinos, per stroncare le proteste seguite alla crisi politica scaturita dalla deposizione dell’ex presidente Castillo. Giornalisti, difensori dei diritti umani e oppositori politici hanno subito repressione anche in altri stati, tra i quali Zimbabwe e Mozambico.

Di fronte alle crescenti minacce al diritto di protesta, nel 2022 Amnesty International ha lanciato una campagna per contrastare gli sforzi intrapresi in modo sempre più intenso dagli stati per erodere il diritto fondamentale di protesta pacifica. Nell’ambito di questa campagna, l’organizzazione chiede l’adozione di un Trattato per un commercio libero dalla tortura che vieti la produzione e il commercio di equipaggiamenti per le forze di sicurezza intrinsecamente atti a commettere violazioni dei diritti umani e che sottoponga a controlli quelli spesso usati per compiere torture o altri maltrattamenti.

La repressione del dissenso e gli approcci incoerenti ai diritti umani hanno avuto un profondo impatto anche sui diritti delle donne.

La Corte suprema degli Usa ha annullato una duratura garanzia costituzionale sul diritto d’aborto e ha messo a rischio altri diritti umani di milioni di persone che potrebbero avere una gravidanza, quali quelli alla vita, alla salute, alla riservatezza, alla sicurezza e alla non discriminazione.

Alla fine del 2022, diversi Stati degli Usa avevano approvato leggi per vietare o limitare l’accesso all’aborto. In Polonia, attiviste sono finite sotto processo per aver aiutato donne ad avere accesso a pillole abortive.

Le donne native hanno continuato a subire, in modo sproporzionato, alti livelli di stupro e di altre forme di violenza sessuale. In Pakistan ci sono stati diversi omicidi di donne da parte dei familiari ma il parlamento non ha approvato la legge sulla violenza domestica di cui stava discutendo sin dal 2021. In India, sono rimasti impuniti sia casi di violenza contro le donne dalit e adivasi che ulteriori crimini di odio contro le caste.

In Afghanistan, a seguito di una serie di editti emessi dai talebani, c’è stato un grave arretramento dei diritti delle donne e delle ragazze all’autonomia personale, all’istruzione, al lavoro e all’accesso agli spazi pubblici. In Iran la “polizia morale” ha arrestato Mahsa (Zina) Amini poiché aveva una ciocca di capelli fuori dal velo: alcuni giorni dopo è morta a seguito di tortura. La sua morte ha dato vita a proteste nazionali in cui molte altre donne e ragazze sono state arrestate, ferite e uccise.

La segretaria di Amnesty International ha aggiunto: “La brama con cui gli stati vogliono controllare i corpi delle donne e delle ragazze, la loro sessualità e le loro vite lascia una tremenda eredità di violenza, oppressione e riduzione delle potenzialità”.

Nel 2022 il mondo ha continuato a subire le conseguenze della pandemia da Covid-19. Il cambiamento climatico, i conflitti e gli shock economici, causati in parte dall’invasione russa dell’Ucraina, hanno ulteriormente accresciuto i rischi per i diritti umani.

La crisi economica ha fatto sì che il 97 per cento della popolazione dell’Afghanistan viva in povertà. Ad Haiti la crisi politica ed economica, esacerbata dalla diffusa violenza delle bande criminali, ha fatto finire oltre il 40 per cento della popolazione in una situazione di acuta insicurezza alimentare.

Le condizioni meteorologiche estreme, acuite dal rapido aumento delle temperature del pianeta, hanno portato fame e malattie in diversi stati dell’Asia meridionale e dell’Africa sub-sahariana: ad esempio, in Nigeria e in Pakistan le alluvioni hanno avuto un impatto catastrofico sulla vita e sui beni di sussistenza delle popolazioni e hanno contribuito alla diffusione di malattie trasmesse dall’acqua, che hanno ucciso centinaia di persone.

Di fronte a questo scenario, gli stati non hanno agito nell’interesse dell’umanità né hanno risolto la dipendenza dai combustibili fossili, il principale responsabile della più grande minaccia contemporanea alla vita. Questo fallimento collettivo è stato un altro esempio della debolezza dell’attuale sistema multilaterale.

Callamard ha commentato: “Il mondo è assediato da un assalto di crisi che collidono tra loro: conflitti diffusi, economie globali crudeli che finiscono per caricare sulle spalle di molti stati un debito insostenibile, evasioni fiscali da parte delle aziende, uso della tecnologia come arma, crisi climatica e placche tettoniche dei poteri in movimento. Non avremo alcuna possibilità di sopravvivere a queste crisi se le nostre istituzioni internazionali non saranno all’altezza”.

È fondamentale che le istituzioni e i sistemi internazionali che dovrebbero proteggere i nostri diritti siano rafforzati piuttosto che indeboliti. La prima cosa da fare è finanziare appieno i meccanismi sui diritti umani delle Nazioni Unite in modo che le indagini e l’accertamento delle responsabilità proseguano e si arrivi alla giustizia, ma, purtroppo, rimarrà il problema dell’efficacia applicativa.

Amnesty International chiede inoltre una riforma del massimo organo decisionale delle Nazioni Unite, il Consiglio di sicurezza, in modo che possa essere la voce degli stati e delle situazioni tradizionalmente ignorate, soprattutto nel Sud globale.

In merito, Callamard ha detto: “Il sistema internazionale ha bisogno di una seria riforma che rifletta la realtà odierna. Non possiamo permettere agli stati membri permanenti del Consiglio di sicurezza di trincerarsi dietro al loro potere di veto e di mantenere immutati i propri privilegi. La mancanza di trasparenza e di efficacia nel processo decisionale del Consiglio di sicurezza rende l’intero sistema aperto alle manipolazioni, agli abusi e alle disfunzioni”.

Mentre i governi che perseguono i propri interessi non pongono i diritti umani al primo posto, il movimento per i diritti umani mostra che possiamo ancora trarre ispirazione e speranza dalle persone che gli stati avrebbero dovuto proteggere.

In Colombia, la tenacia dell’attivismo per i diritti delle donne e le azioni legali hanno contribuito alla decisione della Corte costituzionale di decriminalizzare l’aborto durante le prime 24 settimane di gravidanza. Nel Sud Sudan, Magai Matiop Ngong è stato scarcerato, grazie a migliaia e migliaia di persone che da ogni parte del mondo hanno chiesto la sua libertà, dopo che nel 2017 era stato condannato a morte quando aveva solo 15 anni.

L’ambientalista nativo maya Bernardo Caal Xol è tornato in libertà dopo aver trascorso quattro anni in una prigione del Guatemala per accuse fabbricate. Dopo una campagna durata anni portata avanti dai movimenti per i diritti delle donne, il parlamento della Spagna ha approvato la legge che pone il consenso al centro della definizione giuridica di stupro. Kazakistan e Papua Nuova Guinea hanno abolito la pena di morte.

Callamard ha così concluso: “È facile sentirsi privi di speranza di fronte alle atrocità e alla violenza ma, per tutta la durata dello scorso anno, la gente ha mostrato di non essere priva di potere. Abbiamo assistito ad azioni iconiche di sfida, dalle donne afgane che sono scese in strada per protestare contro il dominio talebano alle donne iraniane che si sono tolte il velo in luoghi pubblici o che si sono tagliate i capelli per protestare contro l’obbligo di indossare il velo. Milioni di persone che sono state sistematicamente oppresse dal patriarcato e dal razzismo hanno manifestato per un futuro migliore. L’avevano fatto negli anni precedenti e l’hanno fatto anche nel 2022. Questo dovrebbe ricordare a coloro che detengono il potere che non staremo mai meramente a guardare quando assalteranno la nostra dignità, la nostra uguaglianza e la nostra libertà”.

La denuncia di Amnesty International va sicuramente sostenuta, ma bisogna anche comprendere che per attuare pienamente i diritti umani è sempre più necessario dare una Patria all’Umanità, dove i principi democratici, includendo anche la democrazia economica, siano ben strutturati per difendere le libertà e tutti i diritti umani. Nel frattempo, gli uomini di cultura e di buona volontà dovrebbero adoperarsi affinchè nelle coscienze delle persone maturino la convinzione e la volontà per un riformismo socialista dal volto umano, liberale, positivo e costruttivo.






Fonte: di Salvatore Rondello
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Fonte: sito web del Garante della Privacy (http://www.garanteprivacy.it).

Titolare del trattamento (o titolare)
Titolare è la persona fisica, l'autorità pubblica, l'impresa, l'ente pubblico o privato, l'associazione, ecc., che adotta le decisioni sugli scopi e sulle modalità del trattamento (articolo 4, paragrafo 1, punto 7), del Regolamento UE 2016/679 (http://www.garanteprivacy.it/regolamentoue).

Fonte: sito web del Garante della Privacy (http://www.garanteprivacy.it).

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