USA CINA RUSSIA:
IL PERICOLO DELLA RINASCITA DEGLI IMPERI
di Giulietta Rovera

Non dimenticheremo facilmente le immagini di quella che è stata definita la più grande parata militare mai tenuta dalla Cina, organizzata il 3 settembre a Pechino in piazza Tienanmen, per celebrare l'80° anniversario della fine della Seconda guerra mondiale. Nel corso di 70 minuti sono sfilati su camion a 16 ruote missili balistici nucleari intercontinentali DF-61 ipersonici. Modelli di droni sottomarini extra-large, tra cui l'AJX002. La prima arma nucleare aviolanciata della Cina, il JL-1. Laser anti-drone e "lupi robot" a quattro zampe. Migliaia di soldati perfettamente sincronizzati che hanno marciato a passo dell'oca. Carri armati. Jet da combattimento. E per finire, al suono di inni e canti, la liberazione di 80.000 colombe.

In prima fila ad assistere alla megagalattica sfilata accanto al presidente cinese Xi Jinping c’erano, per la prima volta insieme, i leader russo e nordcoreano: Vladimir Putin e Kim Jong-un. Ma a Pechino Xi ha voluto anche i leader di Turchia, Egitto, Indonesia, Malesia, Pakistan, Iran, Myanmar, Zimbabwe e di altri paesi del Sud del mondo, in gran parte autoritari e antidemocratici. E, per la prima volta a Pechino dopo sette anni, il primo ministro indiano Narendra Modi. Una lista di ospiti formidabile, studiata per inviare un messaggio al resto del mondo. Il gruppo rappresenta infatti quasi la metà della popolazione mondiale e si propone come alternativa alle organizzazioni multilaterali guidate dagli Stati Uniti.

Di fronte a questa grandiosa performance politica e diplomatica oltre che marziale, Donald Trump non ha saputo opporre altro che qualche sarcastica battuta, ma non c’è dubbio che il suo ego abbia ricevuto una sonora batosta. Come non c’è dubbio che sia stato l’atteggiamento bellicoso di Trump a spingere Xi, Putin e Kim a unirsi. Il comportamento del presidente americano nei confronti della Cina a tratti aggressivo e paternalistico, i suoi dazi commerciali punitivi, stanno favorendo il crearsi di una partnership unita nell'opposizione all'egemonia americana, a un sistema finanziario dominato dall'Occidente e basato sul dollaro. Non è casuale che Xi Jinping abbia annunciato l'intenzione di accelerare la creazione di una banca di sviluppo e di istituire una piattaforma internazionale per la cooperazione energetica, in partnership con Russia e India. E’ stato lo sciocco e minaccioso atteggiamento di Trump nei confronti dei paesi alleati, la volatilità delle sue politiche in materia di dazi doganali a indurre così tanti a schierarsi dalla parte della Cina, considerata un partner più affidabile e prevedibile economicamente e politicamente.

E’ grazie alla miope guerra commerciale di Trump, se paesi asiatici come Vietnam e India, del Sud America e dell’Africa si stanno avvicinando alla Cina. Nuova Delhi era vista come il contrappeso asiatico degli Stati Uniti alla Cina. Ma la presenza di Narendra Modi al vertice dell'Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai poco prima della parata è stata una chiara risposta ai dazi punitivi imposti da Trump all'India e all’atteggiamento di apertura di quest’ultimo nei confronti del Pakistan. Di questa svolta di alleanze a livello globale, Pechino può render grazie alla diplomazia incompetente di Donald Trump.

Nel suo discorso "L'umanità si trova di nuovo di fronte alla scelta tra pace o guerra, dialogo o scontro, vittoria per tutti o a somma zero", Xi si è presentato come un uomo di pace e un sostenitore della cooperazione. Ma il dispiegamento della potenza dell’esercito cinese ha trasmesso un messaggio piuttosto diverso. La politica estera di Xi, in particolare nei confronti di Taiwan e della regione del Mar Cinese Meridionale, è espansionistica. Gran parte delle armi esposte sono chiaramente progettate per sconfiggere gli Stati Uniti in una guerra per Taiwan. Mire espansionistiche non sono mai state dissimulate neanche da Putin: anziché favorire colloqui di pace con Kiev, dai primi di settembre ha intensificato gli attacchi all’Ucraina, mentre l'incursione in territorio polacco da parte di droni russi e le violazioni dello spazio aereo in Estonia testimoniano un'escalation inquietante. Simili provocazione esigevano quel tipo di pressione sul Cremlino che Trump finora si è rifiutato di realizzare. Ancora una volta, il presidente degli Stati Uniti ha preferito intimidire i suoi alleati europei piuttosto che prendere di mira Putin. Quanto alle tendenze imperialiste del Presidente degli Stati Uniti, dal giorno della sua rielezione Trump ha più volte ribadito il progetto di annessione del Canada, della Groenlandia e di Panama. Non c’è dubbio che se si realizzassero le ambizioni imperiali di Russia, Stati Uniti e Cina, il futuro dell’Europa sarebbe tutt’altro che roseo.




Fonte: di Giulietta Rovera