"UNA RIFORMA CHE NON VA"
07-11-2023 - NO ALLA TERZA REPUBBLICA
di Giorgio Benvenuto
La riforma proposta dal governo Meloni va respinta per molte ragioni. La prima riguarda le necessità del Paese rispetto alle quali sembra un diversivo opportunistico: si scivola verso la stagnazione, il disastro dell'emergenza climatica reclamerebbe un confronto politico serrato che non c'è, i problemi posti dalla manovra non sono certi quelli dell'aumento dei pannolini ma riguardano le pensioni, l'equità fiscale, l'assenza di politiche industriali. È la solita coperta corta che finisce per cristallizzare la vita democratica, sempre più asfittica e lontana sia dal dettato Costituzionale sia dai diritti del lavoro e della persona. Non dal premierato si dovrebbe partire ma semmai dell'art. 3 della Costituzione che impegna la collettività tutta ad uno sforzo reale per dare dignità ai diritti inalienabili delle persone che la proposta governativa non tiene nella minima considerazione.
Il perché è presto detto: il premierato vorrebbe maldestramente nascondere il fatto che il Parlamento è stato in questi anni svilito nella sua autorevolezza con l'accentramento delle decisioni in poche mani, con lo svuotamento del confronto attraverso le discipline di partiti che peraltro non sono più partiti e soprattutto attraverso l'uso disinvolto ed insistito dei decreti-legge.
Già Giacomo Matteotti nel 1924 contestava il comportamento autoritario di Mussolini che nel suo primo anno di governo aveva fatto approvare centinaia di decreti-legge, registrati con riserva dalla Corte dei conti, esautorando la Camera dei deputati. Oggi siamo già in un regime di monocameralismo alternato: i decreti-legge di volta in volta sono approvati in una prima ed unica lettura con il voto di fiducia o solo al Senato o solo alla Camera. Non era certo questo l'intenzione della Carta costituzionale.
Se si vuole affrontare la questione dello stato di salute delle nostre istituzioni si deve partire dalla ricostruzione della vita democratica che è fatta di confronto di proposte, di competenza, di rapporto continuo fra forze politiche e sociali, di democrazia interna all'espressione di rappresentanza popolare, di rivitalizzazione del Parlamento stesso.
Come opporsi ad una non riforma che distoglie l'attenzione dai veri problemi e svuota ancor di più l'architettura democratica proposta dalla Costituzione? Se ci si limita a dei no o ad ascoltare le sirene dei soliti esperti in tecnicismi il Premierato tutto particolare della Meloni non lo ferma. Occorre una proposta alternativa ed impegnativa. Oggi purtroppo nel linguaggio politico delle opposizioni essa manca. Eppure, potrebbe essere una occasione per riavvicinare il nostro Paese non con gli slogan o la minutaglia tecnica ma con una battaglia politica da fare coinvolgendo le molte energie vive della nostra società.
È il momento di agire, per essere propositivi in uno scenario europeo di straordinario cambiamento.
Le innovazioni tecnologiche, l'intelligenza artificiale, la digitalizzazione impongono riforme vere capaci di garantire la libertà e di valorizzare il lavoro con l'affermazione della dignità delle persone.
Il perché è presto detto: il premierato vorrebbe maldestramente nascondere il fatto che il Parlamento è stato in questi anni svilito nella sua autorevolezza con l'accentramento delle decisioni in poche mani, con lo svuotamento del confronto attraverso le discipline di partiti che peraltro non sono più partiti e soprattutto attraverso l'uso disinvolto ed insistito dei decreti-legge.
Già Giacomo Matteotti nel 1924 contestava il comportamento autoritario di Mussolini che nel suo primo anno di governo aveva fatto approvare centinaia di decreti-legge, registrati con riserva dalla Corte dei conti, esautorando la Camera dei deputati. Oggi siamo già in un regime di monocameralismo alternato: i decreti-legge di volta in volta sono approvati in una prima ed unica lettura con il voto di fiducia o solo al Senato o solo alla Camera. Non era certo questo l'intenzione della Carta costituzionale.
Se si vuole affrontare la questione dello stato di salute delle nostre istituzioni si deve partire dalla ricostruzione della vita democratica che è fatta di confronto di proposte, di competenza, di rapporto continuo fra forze politiche e sociali, di democrazia interna all'espressione di rappresentanza popolare, di rivitalizzazione del Parlamento stesso.
Come opporsi ad una non riforma che distoglie l'attenzione dai veri problemi e svuota ancor di più l'architettura democratica proposta dalla Costituzione? Se ci si limita a dei no o ad ascoltare le sirene dei soliti esperti in tecnicismi il Premierato tutto particolare della Meloni non lo ferma. Occorre una proposta alternativa ed impegnativa. Oggi purtroppo nel linguaggio politico delle opposizioni essa manca. Eppure, potrebbe essere una occasione per riavvicinare il nostro Paese non con gli slogan o la minutaglia tecnica ma con una battaglia politica da fare coinvolgendo le molte energie vive della nostra società.
È il momento di agire, per essere propositivi in uno scenario europeo di straordinario cambiamento.
Le innovazioni tecnologiche, l'intelligenza artificiale, la digitalizzazione impongono riforme vere capaci di garantire la libertà e di valorizzare il lavoro con l'affermazione della dignità delle persone.