"SOCIALISMO COME UMANESIMO"
28-04-2022 - LA NECESSITA' DEL SOCIALISMO
Quando si parla di socialismo oggi lo si confina nell’album della memoria. Ed anche con poco onore. Ma si dimentica che se la memoria non può fornire dottrine aggiornate di interpretazione della realtà, può proporre utilmente strumenti di ricerca preziosi per progettare il futuro. Sono richiami storici ma anche validi ideali, in grado cioè di rendere ancora attuale il cuore dell’umanesimo socialista. Per esemplificare possiamo rifarci a due considerazioni. La prima è quella di Sandro Pertini: giustizia sociale e libertà vanno coniugate assieme. Pertini arrivò a sostenere che non avrebbe accettato un programma di giustizia sociale senza libertà. Pietro Nenni affermò che socialismo vuol dire portare avanti chi resta indietro. Frase che rende evidente l’importanza della solidarietà nella lotta alle diseguaglianze sul percorso del progresso civile ed economico di cui il socialismo si è fatto paladino. Socialismo è anche storia di divisioni, di incontri, di contaminazioni che possono fornire lezioni utili anche per la politica attuale al fine di non ripetere errori. Ma è soprattutto primato della politica intesa anche come baluardo di democrazia e di partecipazione. Il riformismo, quello vero, alto, di Turati, Buozzi e Matteotti per intenderci, conserva inoltre del socialismo un tratto molto simile all’impegno sociale della Chiesa, in particolare quello degli ultimi Pontefici: la difesa della dignità del lavoro, la promozione della persona, il ripudio dell’arroganza dei poteri, la negazione della lotta politica come espressione di odio, di disconoscimento delle altrui ragioni.
Dopo la caduta del muro di Berlino la sinistra europea in gran parte ha risolto il suo smarrimento abbracciando le logiche di mercato e in modo acritico la globalizzazione. I Blair, gli Schroeder, i D’Alema hanno intravisto in questo percorso una scorciatoia per non fare i conti con la Storia.
Invece andava fatto uno sforzo di ricerca che ad esempio ricollocasse in uno scenario nuovo il rapporto, storico peraltro, fra sociale e politico. Una interazione che ha dato vita nel passato ad importanti atti riformatori e che ha impedito al socialismo di tramutarsi in statalismo. Impegno sociale e sindacale che nei momenti di maggiore autonomia è riuscito a produrre cambiamenti. Impegno politico che nel riconoscimento del ruolo delle forze sociali ha trovato un sostegno in più per contrastare la conservazione.
Oggi il mondo del lavoro, in particolare, è cambiato e cambia in continuazione. Un progetto socialista non potrebbe non tener conto che il riferimento alla classe è superato e che si dovrebbe ragionare invece sulla solitudine del lavoratore e sulla erosione dei suoi diritti. Possiamo accettare che i giovani siano condannati in numero cospicuo o ad emigrare oppure a farsi mantenere dal reddito di cittadinanza? O peggio a costituire un nuovo proletariato dei contratti a termine? In questo campo la riflessione della sinistra appare all’anno zero. Altro terreno importante per evitare l’isolamento dei lavoratori, e quindi prodromi di nuove diseguaglianze, è quello della partecipazione. Nel disinteresse politico e culturale il mercato del lavoro si è trasformato in una giungla dove prosperano contratti di ogni tipo nello stesso luogo di lavoro, generando ingiustizie, cancellando il merito, provocando situazioni di lavoro grigio e nero. Con una politica di partecipazione alle scelte delle aziende questo problema non potrebbe non essere affrontato. E’ il motivo per il quale ci si dovrebbe interrogare sul perché sono stati smarriti i legami fra politica e vita sociale che invece sarebbero in grado di alimentare una presenza di sinistra, progettuale, nella realtà così come è veramente, oltre che formare nuova classe dirigente. Inoltre, come nel passato, una grande sfida per la sinistra rimane quella di evitare che la conoscenza torni ad essere privilegio di elites.
Se vogliamo trovare una continuità nel messaggio socialista infine, forse esso risiede al dunque nella tradizione di partito popolare, che vive tutte le attese e le difficoltà di chi fa fatica ad essere rappresentato. Ovvero un’idea di forza politica che è molto diversa dai movimenti antisistema come pure dai partitini ad personam, dei clan dove conta solo il leader fino a quando non cade. Quella del socialismo non può che essere una proposta politica che poggia su valori che non temono il confronto, che non si negano alla realtà, che favoriscono la spinta alla eguaglianza delle opportunità, che incoraggiano a non perdere mai uno spirito critico, che spingono a non delegare, ma a partecipare. E tutto questo vuol dire ancora una volta umanesimo socialista.
Dopo la caduta del muro di Berlino la sinistra europea in gran parte ha risolto il suo smarrimento abbracciando le logiche di mercato e in modo acritico la globalizzazione. I Blair, gli Schroeder, i D’Alema hanno intravisto in questo percorso una scorciatoia per non fare i conti con la Storia.
Invece andava fatto uno sforzo di ricerca che ad esempio ricollocasse in uno scenario nuovo il rapporto, storico peraltro, fra sociale e politico. Una interazione che ha dato vita nel passato ad importanti atti riformatori e che ha impedito al socialismo di tramutarsi in statalismo. Impegno sociale e sindacale che nei momenti di maggiore autonomia è riuscito a produrre cambiamenti. Impegno politico che nel riconoscimento del ruolo delle forze sociali ha trovato un sostegno in più per contrastare la conservazione.
Oggi il mondo del lavoro, in particolare, è cambiato e cambia in continuazione. Un progetto socialista non potrebbe non tener conto che il riferimento alla classe è superato e che si dovrebbe ragionare invece sulla solitudine del lavoratore e sulla erosione dei suoi diritti. Possiamo accettare che i giovani siano condannati in numero cospicuo o ad emigrare oppure a farsi mantenere dal reddito di cittadinanza? O peggio a costituire un nuovo proletariato dei contratti a termine? In questo campo la riflessione della sinistra appare all’anno zero. Altro terreno importante per evitare l’isolamento dei lavoratori, e quindi prodromi di nuove diseguaglianze, è quello della partecipazione. Nel disinteresse politico e culturale il mercato del lavoro si è trasformato in una giungla dove prosperano contratti di ogni tipo nello stesso luogo di lavoro, generando ingiustizie, cancellando il merito, provocando situazioni di lavoro grigio e nero. Con una politica di partecipazione alle scelte delle aziende questo problema non potrebbe non essere affrontato. E’ il motivo per il quale ci si dovrebbe interrogare sul perché sono stati smarriti i legami fra politica e vita sociale che invece sarebbero in grado di alimentare una presenza di sinistra, progettuale, nella realtà così come è veramente, oltre che formare nuova classe dirigente. Inoltre, come nel passato, una grande sfida per la sinistra rimane quella di evitare che la conoscenza torni ad essere privilegio di elites.
Se vogliamo trovare una continuità nel messaggio socialista infine, forse esso risiede al dunque nella tradizione di partito popolare, che vive tutte le attese e le difficoltà di chi fa fatica ad essere rappresentato. Ovvero un’idea di forza politica che è molto diversa dai movimenti antisistema come pure dai partitini ad personam, dei clan dove conta solo il leader fino a quando non cade. Quella del socialismo non può che essere una proposta politica che poggia su valori che non temono il confronto, che non si negano alla realtà, che favoriscono la spinta alla eguaglianza delle opportunità, che incoraggiano a non perdere mai uno spirito critico, che spingono a non delegare, ma a partecipare. E tutto questo vuol dire ancora una volta umanesimo socialista.
Fonte: di Giorgio Benvenuto