"OPERAZIONE ‘OVERLORD’ "
21-02-2022 - DIARIO POLITICO di Giuseppe Butta'
La vera Seconda Repubblica è nata: le altre, quelle che si sono spacciate per ‘seconda’ e ‘terza’, erano poco più che una mascherata; quella vera è nata ora, non come in Francia da crisi epocali, rivoluzioni e guerre guerreggiate, ma dal sotterraneo lavorio dei ‘guastatori’. Dopo la guerra ‘fredda’ dei 22 anni, l’offensiva da guerra aperta – avviata subito dopo le elezioni europee del 2019 con uno spiegamento mai visto di uomini e di mezzi, non solo più numerosi di quelli del nemico ma superiori di gran lunga anche per qualità e ‘standing’ del comandante – ha raggiunto tutti i suoi obiettivi. Con l’operazione ‘Overlord’, l’armata anti-papeete ha avuto pieno successo: prima con lo sbarco a Palazzo Chigi delle truppe giallo-rosse sotto la bandiera ‘mai un presidente di centro destra’ e ‘mai elezioni anticipate’; dopo con lo sbarco delle truppe delle nazioni unite, cioè dei partiti uniti sotto il governo dei ‘migliori’ sia pure deturpato dall’inattesa partecipazione di qualche ‘impresentabile’ e di qualche ‘populista’; infine l’occupazione di tutti i palazzi (Quirinale, Chigi, Consulta, Marescialli, Palazzaccio, giornali e TV).
Comunque la conquista più importante della sinistra anti-papeete non è stata la quella del Quirinale, che già possedeva, ma la distruzione del centro-destra: ha ricacciato il nemico oltre il Reno – scusate, oltre il Po – e ha ridotto i resti di quello che fu il ‘più potente esercito’ del centrodestra nelle valli quasi senza uscita a sud della linea gotica.
Insomma il centro-destra, dopo aver subito per anni una guerra totale – condotta dall’armata anti-papeete casa per casa, con metodi anche terroristici, giudiziari e psicologici – è stato distrutto, ridotto a gruppuscoli: la ‘forza’ della povera Italia è stata smembrata da qualche forzuto e coraggioso, ‘italiano’, mentre gli altri, ‘legati’ su una zattera verde, si ritireranno nelle risaie lombarde e nelle paludi venete. Una mano agli attaccanti l’hanno data i rovesciamenti delle alleanze e i ‘guastatori’ operanti dietro le linee e anche il Cadorna di turno che, a differenza di quello vero, non è stato capace di approntare la linea del Piave.
La storia di questa elezione del Presidente della Repubblica ne è la prova inconfutabile; cominciata con la proposta avventata della candidatura di Berlusconi da parte del ‘centro-destra’ unito, è finita con la disfatta di ogni alternativa allo status quo.
Non sappiamo quale sia stato il grado di entusiasmo e di adesione da parte di ciascuno dei partiti del centro-destra alla candidatura di Berlusconi ma non c’è dubbio che essa è stata sostenuta essi con lealtà fino a quando l’autocandidato ha sciolto la riserva in senso negativo, anche sotto il previsto bombardamento scatenatogli contro anche da ex-presidenti emeriti della Corte Costituzionale.
Tutto il centro-destra ha dovuto quindi adeguare la propria strategia alle vicende di questa candidatura; anzi, essendo questa in campo fino a due giorni dall’inizio delle votazioni, il centro-destra non è riuscito ad elaborare una strategia alternativa anche perché, dentro ‘forzisti’, ‘cambisti’ e ‘coraggiosi’, vi era e vi è un gruppo abbastanza consistente che spinge verso il cosiddetto grande centro: per perseguire questo scopo – che implica lo sganciamento da Lega e FdI – esso è giunto perfino ad affossare la stessa candidata forzista, Casellati. Fino al coup de théâtre andato in scena dopo la ventilata candidatura Belloni, nessuno nel centro-destra aveva mai proposto di rieleggere Mattarella né apprezzato il suo posizionamento politico nelle crisi di governo o la sua pilatesca gestione del dossier magistratura-CSM, di cui invece erano felici PD e M5S.
Che Forza Italia sia destinata a staccarsi dalla destra lo si è capito da tempo: non c’era bisogno che Antonio Tajani ci ricordasse che il centrodestra non è un monolite; che lui ha un’opinione e la Meloni un’altra, specialmente su quello che egli chiama “governo di responsabilità nazionale"; che, «senza l'anima popolare, il centrodestra non sarà un'alleanza di governo»; che, dopo avere indicato Berlusconi come candidato alla presidenza, lui e i suoi avevano sempre detto di puntare su un politico concordato con la sinistra o un Mattarella bis: in verità, quest’ultima opzione non ci era stata mai rivelata o, almeno, non l’avevamo capita.
Salvini ci ha messo del suo: dopo che per molti giorni, a nome di tutto il centro-destra unito, aveva gestito la trattativa nel modo che si è visto, egli ha lasciato da sola la Meloni in nome della maggioranza di governo e ha votato Mattarella.
Non possiamo rinunciare al ruolo che devono svolgere gli eletti, ha detto ancora Tajani per poi concludere: «Vedremo cosa accadrà da qui a un anno: con la legge elettorale attuale è ovvio che il centrodestra si presenterà unito».
L’eminenza grigia del PD – l’ingombrante Goffredo Bettini – le studia tutte pur di rimanere al potere; anche senza voti, il Pd, erede dei comunisti e dei catto-comunisti, avendo già infiltrato e presidiato stabilmente i gangli vitali dello stato e della società civile cerca di continuare a occupare le sedi sostanziali del potere: ‘ercolino sempre in piedi’.
Bettini, dopo avere teorizzato ed esaltato l’alleanza con Conte e i 5S, ora è abbagliato dalla prospettiva di una terza gamba – il Grande centro (Forza Italia, Italia viva, Coraggio Italia e anche l’area politica che fa capo a Luigi Di Maio) – che, a suo avviso, potrebbe raggiungere il 10% e che potrebbe puntare al governo del Paese insieme al Pd: «Occorre il proporzionale, con sbarramento al 5% – spiega Bettini– per consentire ai partiti di definirsi meglio e radicarsi. I governi vanno formati sulla base di programmi alla “tedesca”, precisi e realisti. Compromessi alti per il bene della Nazione».
La strategia è chiara: eliminare ogni convenienza alla formazione di coalizioni con ‘vocazione maggioritaria’. Vedremo, appunto come si comporterà l’a.d. di Forza Italia sulla legge elettorale: perché se sarà ‘proporzionale’, farà un marameo a leghisti e fratelli italiani! Non sarà il fantapolitico partito repubblicano di Salvini a fermare la frana del centro-destra.
Sebbene i miei auspici vadano puntualmente a vuoto, pure ne voglio formulare ancora uno, cioè che l’attuale legge elettorale – della quale pure riconosco tutti i difetti – non venga cambiata a meno di un anno dalle prossime elezioni politiche; cambiarla ora significherebbe piegarla agl’interessi di parte, un vulnus troppo grave allo svolgimento di una corretta vita democratica; se proprio vogliono cambiarla, si torni almeno al celebre mattarellum anche in omaggio al suo autore: per quanto sia stato un ‘pasticcio all’italiana’, è stato però il contributo politico di Mattarella che si ricorda.
Non pochi, nel centro-destra, ora si rodono le mani: nello stesso giorno della resurrezione di Mattarella – che l’anno scorso di questi tempi, in nome della sua sempre proclamata fedeltà alla Costituzione, ci impartì la lezione di saggezza e di alta concezione dell’interesse nazionale che spiegava come e qualmente fosse impossibile andare al voto stante la pandemia e il ‘PNRR’ – nello stesso giorno, con la variante omicron galoppante, in Portogallo si sono svolte elezioni anticipate: così come si sono svolte in questi stessi anni pandemici, e a raffica, elezioni in Spagna, in Grecia, in Danimarca, in Israele, Germania, Stati Uniti, Gran Bretagna, Germania. Già, ma questi paesi non disponevano di un maestro che potesse istruirli sul loro vero interesse, impaurirli e, spalmandogli di miele le labbra, fargli ingoiare qualche amara medicina anziché dare voce alla democrazia. Anche in Italia abbiamo fatto elezioni – amministrative, regionali – ma elezioni politiche no. Perché?
Non si va lontani dal vero se si pensa che è stato questo mancato appello al popolo a minare la vita democratica e a sfasciare quel che restava dei partiti politici.
Comunque la conquista più importante della sinistra anti-papeete non è stata la quella del Quirinale, che già possedeva, ma la distruzione del centro-destra: ha ricacciato il nemico oltre il Reno – scusate, oltre il Po – e ha ridotto i resti di quello che fu il ‘più potente esercito’ del centrodestra nelle valli quasi senza uscita a sud della linea gotica.
Insomma il centro-destra, dopo aver subito per anni una guerra totale – condotta dall’armata anti-papeete casa per casa, con metodi anche terroristici, giudiziari e psicologici – è stato distrutto, ridotto a gruppuscoli: la ‘forza’ della povera Italia è stata smembrata da qualche forzuto e coraggioso, ‘italiano’, mentre gli altri, ‘legati’ su una zattera verde, si ritireranno nelle risaie lombarde e nelle paludi venete. Una mano agli attaccanti l’hanno data i rovesciamenti delle alleanze e i ‘guastatori’ operanti dietro le linee e anche il Cadorna di turno che, a differenza di quello vero, non è stato capace di approntare la linea del Piave.
La storia di questa elezione del Presidente della Repubblica ne è la prova inconfutabile; cominciata con la proposta avventata della candidatura di Berlusconi da parte del ‘centro-destra’ unito, è finita con la disfatta di ogni alternativa allo status quo.
Non sappiamo quale sia stato il grado di entusiasmo e di adesione da parte di ciascuno dei partiti del centro-destra alla candidatura di Berlusconi ma non c’è dubbio che essa è stata sostenuta essi con lealtà fino a quando l’autocandidato ha sciolto la riserva in senso negativo, anche sotto il previsto bombardamento scatenatogli contro anche da ex-presidenti emeriti della Corte Costituzionale.
Tutto il centro-destra ha dovuto quindi adeguare la propria strategia alle vicende di questa candidatura; anzi, essendo questa in campo fino a due giorni dall’inizio delle votazioni, il centro-destra non è riuscito ad elaborare una strategia alternativa anche perché, dentro ‘forzisti’, ‘cambisti’ e ‘coraggiosi’, vi era e vi è un gruppo abbastanza consistente che spinge verso il cosiddetto grande centro: per perseguire questo scopo – che implica lo sganciamento da Lega e FdI – esso è giunto perfino ad affossare la stessa candidata forzista, Casellati. Fino al coup de théâtre andato in scena dopo la ventilata candidatura Belloni, nessuno nel centro-destra aveva mai proposto di rieleggere Mattarella né apprezzato il suo posizionamento politico nelle crisi di governo o la sua pilatesca gestione del dossier magistratura-CSM, di cui invece erano felici PD e M5S.
Che Forza Italia sia destinata a staccarsi dalla destra lo si è capito da tempo: non c’era bisogno che Antonio Tajani ci ricordasse che il centrodestra non è un monolite; che lui ha un’opinione e la Meloni un’altra, specialmente su quello che egli chiama “governo di responsabilità nazionale"; che, «senza l'anima popolare, il centrodestra non sarà un'alleanza di governo»; che, dopo avere indicato Berlusconi come candidato alla presidenza, lui e i suoi avevano sempre detto di puntare su un politico concordato con la sinistra o un Mattarella bis: in verità, quest’ultima opzione non ci era stata mai rivelata o, almeno, non l’avevamo capita.
Salvini ci ha messo del suo: dopo che per molti giorni, a nome di tutto il centro-destra unito, aveva gestito la trattativa nel modo che si è visto, egli ha lasciato da sola la Meloni in nome della maggioranza di governo e ha votato Mattarella.
Non possiamo rinunciare al ruolo che devono svolgere gli eletti, ha detto ancora Tajani per poi concludere: «Vedremo cosa accadrà da qui a un anno: con la legge elettorale attuale è ovvio che il centrodestra si presenterà unito».
L’eminenza grigia del PD – l’ingombrante Goffredo Bettini – le studia tutte pur di rimanere al potere; anche senza voti, il Pd, erede dei comunisti e dei catto-comunisti, avendo già infiltrato e presidiato stabilmente i gangli vitali dello stato e della società civile cerca di continuare a occupare le sedi sostanziali del potere: ‘ercolino sempre in piedi’.
Bettini, dopo avere teorizzato ed esaltato l’alleanza con Conte e i 5S, ora è abbagliato dalla prospettiva di una terza gamba – il Grande centro (Forza Italia, Italia viva, Coraggio Italia e anche l’area politica che fa capo a Luigi Di Maio) – che, a suo avviso, potrebbe raggiungere il 10% e che potrebbe puntare al governo del Paese insieme al Pd: «Occorre il proporzionale, con sbarramento al 5% – spiega Bettini– per consentire ai partiti di definirsi meglio e radicarsi. I governi vanno formati sulla base di programmi alla “tedesca”, precisi e realisti. Compromessi alti per il bene della Nazione».
La strategia è chiara: eliminare ogni convenienza alla formazione di coalizioni con ‘vocazione maggioritaria’. Vedremo, appunto come si comporterà l’a.d. di Forza Italia sulla legge elettorale: perché se sarà ‘proporzionale’, farà un marameo a leghisti e fratelli italiani! Non sarà il fantapolitico partito repubblicano di Salvini a fermare la frana del centro-destra.
Sebbene i miei auspici vadano puntualmente a vuoto, pure ne voglio formulare ancora uno, cioè che l’attuale legge elettorale – della quale pure riconosco tutti i difetti – non venga cambiata a meno di un anno dalle prossime elezioni politiche; cambiarla ora significherebbe piegarla agl’interessi di parte, un vulnus troppo grave allo svolgimento di una corretta vita democratica; se proprio vogliono cambiarla, si torni almeno al celebre mattarellum anche in omaggio al suo autore: per quanto sia stato un ‘pasticcio all’italiana’, è stato però il contributo politico di Mattarella che si ricorda.
Non pochi, nel centro-destra, ora si rodono le mani: nello stesso giorno della resurrezione di Mattarella – che l’anno scorso di questi tempi, in nome della sua sempre proclamata fedeltà alla Costituzione, ci impartì la lezione di saggezza e di alta concezione dell’interesse nazionale che spiegava come e qualmente fosse impossibile andare al voto stante la pandemia e il ‘PNRR’ – nello stesso giorno, con la variante omicron galoppante, in Portogallo si sono svolte elezioni anticipate: così come si sono svolte in questi stessi anni pandemici, e a raffica, elezioni in Spagna, in Grecia, in Danimarca, in Israele, Germania, Stati Uniti, Gran Bretagna, Germania. Già, ma questi paesi non disponevano di un maestro che potesse istruirli sul loro vero interesse, impaurirli e, spalmandogli di miele le labbra, fargli ingoiare qualche amara medicina anziché dare voce alla democrazia. Anche in Italia abbiamo fatto elezioni – amministrative, regionali – ma elezioni politiche no. Perché?
Non si va lontani dal vero se si pensa che è stato questo mancato appello al popolo a minare la vita democratica e a sfasciare quel che restava dei partiti politici.
Fonte: di GIUSEPPE BUTTA'