"LA VITTORIA DI OLAF SCHOLZ E LE SPERANZE DELLA SINISTRA EUROPEA"
26-10-2021 - IL SOCIALISMO NEL MONDO
Sarà quasi sicuramente il flemmatico ministro delle finanze, il socialdemocratico Olaf Scholz, il futuro cancelliere tedesco. Quella del Social Democrat Party (SPD) non è stata una vittoria schiacciante – ha avuto il 25,8%, meno di due punti percentuali in più dei rivali di centro destra, CDU-CSU (Christian Democratic Union – Christian Social Union): un fatto comunque abbastanza sorprendente per un movimento politico colpito dal declino della classe operaia industriale e l’ascesa dei partiti populisti di destra, che hanno eroso la sua base elettorale. Scholz , 63 anni, ha saputo trasformarsi dal giovane testa calda che sventolava cartelli con la scritta “vittoria sull’economia capitalista”, in un abile tecnocrate di prestigio internazionale. Gli alleati lo dipingono come “persona di cui ci si può fidare”, che sa bilanciare un’istintiva simpatia per i lavoratori con un pragmatismo nato da una lunga esperienza; i critici lo definiscono un soggetto senza scrupoli che si è compromesso in una serie di errori e mancate opportunità. E’ stato eletto al Bundestag nel 1998 e nel 2007 è entrato a far parte del governo Merkel come ministro del lavoro. Nel 2011 è sindaco di Amburgo, nel 2018 ministro delle finanze e vicecancelliere. Pur partendo svantaggiato – i sondaggi davano il suo partito al quarto posto – ha saputo convincere l’elettorato con un programma di modernizzazione industriale e di provvedimenti nei confronti dei cambiamenti climatici. Il suo avversario, il leader dei cristiano-democratici Armin Laschet, 60 anni, Ministro presidente della Renania Settentrionale-Vestfalia, lo stato più popoloso della Germania, ha lottato invano per dare di sé un’immagine autorevole in una campagna elettorale costellata di gaffe: dal ridere durante una visita a una città invasa dalle acque al ripiegamento sbagliato della scheda elettorale rivelando la sua scelta. Della sconfitta “catastrofica” dei conservatori di Angela Merkel, che hanno sofferto il peggior risultato alle elezioni generali della loro storia, (il CDU ha ottenuto per la prima volta solo il 24.1% dei voti), è incolpato lui, ma in realtà le cause principali della sconfitta sono dovute alle perplessità nei confronti della direzione dell’economia, della criminalità e dei rifugiati di questi ultimi anni, la mancanza di un programma chiaro, il caos che regna nel partito lacerato da conflitti ideologici irrisolti. Responsabile della sconfitta è anche Angela Merkel: per essere stata assente durante la campagna elettorale; per aver neutralizzato o emarginato i rivali politici nella CDU; per essersi dimessa nel 2018 dalla guida del partito ma non dalla cancelleria, costringendo i successivi leader a combattere nella sua ombra per affermare la loro autorità; per aver scelto l’impopolare Armin Laschet. Non appena il nuovo cancelliere sarà eletto al Bundestag Angela Merkel, la donna più potente del pianeta, darà le dimissioni. Per 16 anni è stata la personificazione di una leadership basata sulla stabilità, il consenso, il sangue freddo, la tecnocrazia, l’anti-populismo, che si è imposta come antitesi alle convulsioni manifestatesi negli altri paesi occidentali negli ultimi dieci anni. Ha governato abilmente, anche se alle volte senza fantasia, in sintonia con i tempi, e ha personificato la concezione di Bismarck della politica come l’arte del possibile. Negli ultimi dieci anni di cancellierato ha dovuto combattere per sopravvivere in una serie ininterrotta di crisi internazionali: le turbolenze finanziarie nell’eurozona nel 2009, l’invasione russa dell’Ucraina, l’ondata di migranti nel 2015, la pandemia, riuscendo nello stesso tempo in quello in cui tutti i suoi predecessori avevano fallito: scalzare la Francia dal posto guida dell’EU. Se ha saputo risolvere brillantemente queste prove è una questione di prospettiva. Dal punto di vista dell’interesse tedesco, la Merkel ha gestito la crisi dell’eurozona in maniera mirabile. Ora dopo l’amara sconfitta della CDU, che ha guidato la Germania per 52 dei passati 72 anni andrà probabilmente all’opposizione per la prima volta dal 2005, lasciando il campo ai socialdemocratici. Olaf Scholz sembra ben avviato nelle trattative per formare una coalizione a tre con i Verdi e i liberali dell’FDP (Free Democrats) e mettere insieme una maggioranza parlamentare. Gli esperti mettono in guardia nel vedere i risultati delle elezioni come uno spostamento a sinistra della Germania. Die Linke, un partito di estrema sinistra, ha visto crollare i suoi voti. E solo uno su quattro elettori ha votato per i socialdemocratici, un partito che nel 1998 ha vinto con il 41%. La probabile alleanza dell’SPD, Verdi e FDP rappresenta in realtà una coalizione non di sinistra, ma liberale, ecologica, moderna. L’asse politico della Germania è cambiato, è diventato più moderno, più attento all’ambiente e non si sente più rappresentato dai Cristiano Democratici post-Merkel. Il successo di Olaf Scholz alle elezioni in Germania ha tuttavia dato nuove speranze alla sinistra europea: il risultato nella più grande potenza economica dell’EU è visto infatti come una svolta importante per la politica progressista. I social democratici europei, finalmente, hanno qualcosa da celebrare: non dimentichiamo che il Labour britannico è fuori dal potere da undici anni, mentre i socialisti francesi hanno cessato di essere una forza politica consistente. “Il nostro successo incoraggerà altri partiti socialdemocratici in Europa”, ha detto Scholz. Se l’SPD riuscirà nel doppio intento di modernizzare l’economia tedesca e rafforzare la coesione sociale, allora “anche altri tenteranno.” Fatto incoraggiante è che la vittoria di Scholz si è verificata esattamente due settimane dopo che il Labour ha trionfato nelle elezioni parlamentari norvegesi. Fra coloro che stanno studiando la strategia di Scholz, sperando di trovare suggerimenti per la loro futura campagna elettorale c’è Enrico Letta, che correrà nelle elezioni italiane previste per la metà del 2023. Dice Letta, confortato dalla vittoria della sinistra alle amministrative: “Anch’io sto cercando di coniugare soluzioni progressiste con un approccio rassicurante nei confronti dei cittadini.” La campagna elettorale dell’SPD tuttavia può essere difficilmente imitata da altri partiti: sebbene basata su temi tradizionalmente di sinistra – pensioni stabili, alloggi più economici, stipendi più alti a personale assistenziale e altri lavoratori sottopagati – è stata strettamente incentrata sulla figura di Scholz. I partiti socialdemocratici europei che desiderano imitare il successo dell’SPD dovrebbero tenere in conto l’importanza dell’unità interna: è ciò che ha fatto sì che la campagna elettorale dell’SPD portasse alla vittoria. Con Angela Merkel fuori gioco si riproporrà il problema di chi prenderà la barra del timone dell’Unione Europea: Emmanuel Macron non nasconde le sue ambizioni. Ma nessuno al momento può vantare un prestigio internazionale paragonabile a quello di Mario Draghi.
Fonte: di GIULIETTA ROVERA