LA NAZIONE DEL BENGODI
di Paolo Bagnoli

24-11-2025 - CRONACHE SOCIALISTE
Che i fatti contraddicano le parole è cosa ben risaputa: un'osservazione banale. Ma, nell'immediato, sono le parole ad avere ragione sui fatti e prima di rendersi conto che la realtà non è quella raccontata ce ne vuole e, talora, ciò nemmeno succede.

Altro non è che il gioco della rappresentazione, ossia di una narrazione a uso e consumo di chi la propone per ragioni di sua utilità. È il gioco che l'attuale governo sviluppa di continuo. Basta sentire le dichiarazioni, quasi sempre urlate usando l'urlo come arma contro il nemico – per giustificarsi, in fondo, ci vuole sempre, basta vedere come si muove Trump – della presidente del consiglio per rendersene conto. L'Italia, sempre appellata “nazione”, è raccontata alla stregua del paese di Bengodi: non solo rispettata e ascoltata nel mondo, ma pure governata con politiche, appunto, nazionali che la destra sta rimettendo in sesto sanando i danni della sinistra. Così è chiamata l'opposizione al fine di far risaltare come loro siano la destra. Infatti, della sinistra propriamente detta e storicamente configurata, non c'è traccia alcuna, non solo perché il centro-sinistra non lo è, ma in quanto non riesce nemmeno a essere ciò che il suo nome vuol far intendere.

Ora, che in politica si rifugga dalla verità per affermarsi e rafforzarsi è una vecchia, consunta pratica che dà i suoi frutti se viene usata con parsimonia; quando se ne abusa, prima o poi, si infila qualche scivolone con la conseguenza che, aprirvi gli occhi in ritardo, non permette più di fare quanto sarebbe stato utile fare proprio nell'interesse: è il caso sì di dirlo, della nazione.

Dell'uso di tale pratica quale strumento di governo da parte del governo si potrebbe fare un lungo elenco; ci limitiamo a citarne uno solo: la legge Nordio, sulla quale tra qualche mese il popolo italiano sarà chiamato a esprimersi, fatta passare come un provvedimento sulla giustizia mentre quest'ultima, in per se stessa, non c'entra nulla, ma proprio nulla poiché essa riguarda l'organizzazione e il governo del personale della giurisdizione. Non si dice la verità facendo capire che se approvata, cambiando la Costituzione con una lacerante ferita in uno dei suoi punti più importanti, ossia l'autonomia e l'autogoverno di chi opera nel settore, l'amministrazione della giustizia sarà ben più efficiente di quanto non lo sia adesso. Se vogliamo aggiungere un'altra perla, potremmo citare la legge finanziaria che viene rappresentata come “tutelatrice” del ceto medio, mentre è stata la stessa Banca d'Italia – e con lei l'Istat e l'Ufficio parlamentare di bilancio – a denunciare come il taglio Irpef abbia effetti nulli per i redditi bassi e, per dirla in parole povere, non risultano favoriti gli operai, bensì i manager. Secondo l'Ufficio parlamentare di bilancio ci saranno per i dirigenti 408 euro in meno di tasse contro i 23 degli operai.

Altro che paese del Bengodi. I dati, non smentiti da nessuno, ci dicono che l'Italia non cresce; l'industria e il lavoro sono in grande crisi. Basti pensare che, nel periodo tra gennaio e settembre di quest'anno, il settore meccanico è quello che ha richiesto più ore di cassa integrazione: oltre 199 milioni, in, percentuale +30,21%. Su 429 milioni di ore di cassa integrazione concesse dall'Inps più del 90% riguarda l'industria. 429 milioni di ore corrispondono a ben 275.000 occupati; sono andati persi 1,3 miliardi di monte salari.

Che aumenti la povertà è praticamente naturale dato il quadro generale relativo alla produzione della ricchezza. Basta andare a vedere le audizioni che sulla legge di bilancio si sono tenute al Senato per raccogliere le critiche fortemente negative verso il taglio dell'Irpef. Il ministro Giorgetti ha detto che questa sarà l'ultima rottamazione e che essa è necessaria per dare respiro alle imprese non facendosi perdere gettito fiscale, ma la Corte dei conti ha denunciato il rischio della rottamazione e quello dell'evasione degli affitti brevi.

I dati si commentano da soli; la nazione della Meloni è solo un'esaltazione propagandistica rappresentata per quello che non è.




(Da nonmollare n.180, la biscondola,17 novembre 2025)



Fonte: di Paolo Bagnoli