L'UMBRIA E IL SUICIDIO ASSISTITO
di Sergio Castelli

20-07-2025 - AGORA'
La reporter di Perugia, affetta da sclerosi multipla, ha ricevuto, dopo tre anni, l'autorizzazione in seguito alla decisione della Corte Costituzionale. Oggi rivolge un invito ai membri del Parlamento: «Bloccate la legge della maggioranza. Non ci abbandonate». Tuttavia, la valutazione del disegno di legge potrebbe essere posticipata a dicembre.

Laura Santi (nella foto 1), giornalista, blogger e attivista dell'Associazione Luca Coscioni, da tempo si batte per il suicidio assistito e si autodefinisce «una giornalista di un tempo passato». Ha quasi 50 anni e vive con la sclerosi multipla da 29 anni, una condizione che dal 2015 ha assunto un andamento progressivo, peggiorando ulteriormente la sua situazione, specialmente negli ultimi due anni. Questa difficile situazione l'ha spinta a richiedere all'USL Umbria 1 di accedere al suicidio assistito, un argomento che sostiene con fermezza.

Da Perugia, dove risiede con il marito (insieme nella foto 2), risuona chiara la sua vittoria: la commissione medica, nella sua valutazione, ha dato il via libera, riconoscendo tutti e quattro i requisiti stabiliti dalla sentenza della Corte Costituzionale. In sostanza: quando lo vorrà, potrà procedere.

«Contenta di sentirmi davvero libera di decidere» è stato il suo primo commento ai media, anche se al momento non ha intenzione di seguire la procedura. Dobbiamo ammettere che siamo felici di ciò, perché abbiamo ancora bisogno di Laura (non solo della sua determinazione, come dicono troppi con quell'ombra di “inspiration porn”) per mantenere accesa l'attenzione su questa questione e soprattutto sulla speranza che il suo risultato possa aprire porte a molti altri. Il suo diritto all'autodeterminazione resta comunque fondamentale, contro le opinioni (e l'affetto) di chiunque. «Ho ottenuto il via libera per accedere al suicidio assistito – ha poi testimoniato Laura - la mia ASL e la mia regione hanno riconosciuto che soddisfo tutti i requisiti. Ma non tutte le persone nelle mie condizioni riescono ad accedere: in Italia, il diritto al fine vita è una vera e propria 'lotteria'. L'esito dipende dalla regione in cui vivi, dalla disponibilità della tua ASL e dalla rapidità dei comitati etici. Chi ha i requisiti può ritrovarsi bloccato per mesi o anni, oppure costretto a cercare soluzioni all'estero, se può permetterselo».

In ogni caso, nelle prossime settimane si terrà un incontro per identificare il farmaco e le modalità per una possibile esecuzione, la quale avverrà quando le sue sofferenze fisiche e psicologiche diventeranno insopportabili. Sarà solo in quel momento che la sua scelta, sempre legittima e ora autorizzata, sarà messa in atto.

«Se la proposta di legge del governo venisse approvata, non avrei mai avuto questo diritto. E nemmeno molte altre persone che si trovano nella mia situazione». Laura Santi parla con calma e chiarezza. Ci ha messo tre anni per ricevere il permesso di esercitare un diritto riconosciuto dalla Corte costituzionale. Adesso può decidere liberamente se e quando optare per la morte assistita volontaria. Una denuncia forte, che arriva mentre le commissioni Giustizia e Affari sociali del Senato prolungano fino al 17 luglio il termine per la presentazione di emendamenti al testo del governo sul fine vita.

Questa proposta di legge, presentata dall'esecutivo guidato da Meloni, come già riferito anche da questo giornale, non tiene conto della sentenza 242/2019 della Corte Costituzionale e non riconosce nella sua completezza quanto già è consentito attraverso la giurisprudenza. Al contrario, lo limita. Rende più difficile l'accesso alla morte assistita volontaria, stabilisce scadenze inadeguate per chi è malato e trasferisce le decisioni a enti di nomina governativa, togliendole al Servizio sanitario nazionale.

Esclude le persone malate che necessitano di farmaci essenziali o di supporto da parte della famiglia, diminuendo notevolmente il numero di coloro che hanno diritto. Secondo Laura Santi: «Una normativa che, in realtà, intende eliminare diritti già acquisiti». La sua esperienza dimostra quanto il cammino attuale sia già problematico.

La decisione Cappato-Dj Fabo ha delineato principi netti: chi soffre di una malattia terminale, con sofferenze fisiche o mentali insopportabili, è pienamente in grado di fare scelte e dipende da cure di sostegno alla vita, ha il diritto di optare per il suicidio assistito. Tuttavia, le varie regioni agiscono in modo disomogeneo, molte aziende sanitarie locali non hanno protocolli definiti, e i comitati etici si rifiutano di prendere una posizione. Chi desidera accedere a questa procedura spesso deve affrontare anni di attesa.

Laura è riuscita nel suo intento. Ma «penso a chi è completamente paralizzato, come me, ma non ha neppure la capacità di muovere la bocca. La proposta di legge popolare che intendiamo presentare al Senato permetterebbe anche un intervento medico diretto in tali situazioni. Si tratta di una forma di eutanasia attiva, sì, ma con procedure regolate, controllate e scelte in modo consapevole. È il minimo che ci si aspetta da un paese che ambisce a essere civile».

Il documento sarà presentato il 15 luglio. Contiene le firme di oltre 50mila cittadini. Si tratta del secondo tentativo dell'Associazione Luca Coscioni: il primo, nel 2022, fu respinto dalla Consulta, ritenendo la domanda referendaria «troppo manipolativa».

Adesso si ricomincia, mentre l'attività del Parlamento si interruppe. Il Partito Democratico e il Movimento 5 Stelle hanno richiesto di organizzare alcune audizioni nella commissione Affari Costituzionali, evidenziando la necessità di ottenere pareri sulla costituzionalità del testo presentato dalla maggioranza. Francesco Boccia, leader del Pd al Senato, ha affermato chiaramente che non sarà tollerata alcuna strategia di rinvio: «Lo Stato non può restare in silenzio, deve supportare chi affronta una scelta tanto complessa». Mariastella Gelmini, a nome di Noi Moderati, pur avendo una visione differente, riconosce che «è necessaria una legge», ma avverte che «non esiste il diritto al suicidio assistito».

Marco Cappato fa presente ai legislatori che «il suicidio assistito è legale in Italia da sette anni, a seguito delle sentenze della Corte Costituzionale. Nella clandestinità, il rischio di esercitare pressioni indebite sui pazienti è decisamente maggiore rispetto a una situazione di legalità», esprimendosi sui casi di abbandono e sui suicidi disperati. Tuttavia, da quanto risulta, il progetto del governo, tra ritardi e audizioni, potrebbe essere esaminato prima della sentenza della Corte Costituzionale riguardante il ricorso presentato dall'esecutivo contro la legge della Toscana, che in Parlamento – con una conversazione piuttosto generica – si prevede possa avere luogo tra settembre e la fine dell'anno.

Ma per chi vive nella sofferenza, il tempo scorre in modo diverso. All'esterno delle mura dei palazzi, la vita continua. L'otto luglio, la Corte Costituzionale ha esaminato il caso di Libera (nome di fantasia), una donna toscana di 55 anni affetta da sclerosi multipla progressiva e completamente immobile. Lei soddisfa tutti i criteri stabiliti dalla sentenza 242, ma non è in grado di somministrarsi il medicinale. Richiede che sia un medico a farlo. La decisione verrà comunicata nelle settimane a venire. Qui emerge il problema principale del provvedimento governativo: il divieto totale di un intervento attivo da parte di un professionista sanitario esclude coloro che hanno completamente perso la propria autonomia motoria. E di fatto, crea una disparità tra i malati.

La proposta dell'Associazione Luca Coscioni prevede che il Sistema sanitario nazionale valuti le condizioni in un massimo di 30 giorni, che un medico possa assistere chi è totalmente paralizzato, e che il diritto non sia vincolato a cavilli burocratici, ma a situazioni di sofferenza reali e irreversibili. La valutazione sarebbe effettuata da commissioni mediche, anziché da magistrati. I medici avrebbero la possibilità di partecipare volontariamente, nel rispetto dell'obiezione di coscienza.

«Non si tratta di radicalismo, ma di assicurare la libertà di scelta, proteggendo realmente i pazienti da pressioni che, nell'oscurità, si trasformano in violenze silenziose» afferma Marco Cappato, tesoriere dell'Associazione Luca Coscioni. Laura Santi non è da sola. Dietro di lei, migliaia di individui aspettano delle risposte. Alcuni non possono più attendere. «Ripongo fiducia nelle persone ragionevoli. Ripongo fiducia negli amici dell'Associazione
Coscioni, i quali compiono un'azione molto semplice: si impegnano affinché in Italia prevalgano le motivazioni della libertà, nulla di più».


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ULTIM’ORA

Laura Santi è morta a casa sua.

La giornalista perugina, affetta da oltre 25 anni da sclerosi multipla, è morta a casa sua a seguito della auto-somministrazione di un farmaco letale.

Lunedì 21 luglio 2025 Laura Santi ha optato per morire a casa sua, a Perugia auto somministrandosi il farmaco letale fornito dal SSR. Vicino a lei, il marito Stefano, che le è sempre stato accanto anche negli ultimi anni di lotta per il diritto al fine vita. In una lettera, che pubblichiamo integralmente, affidata all’associazione Luca Coscioni, l’addio e i ringraziamenti alla comunità che ha sostenuto la sua causa.

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Quando leggerete queste righe io non ci sarò più, perché avrò deciso di smettere di soffrire.
Nonostante la mia scelta fosse ormai nota a tutti, questo mio gesto finale arriva nel silenzio e darà disappunto e dolore. Molti saranno dispiaciuti, altri soffriranno per non avermi potuto dare un ultimo saluto, un ultimo abbraccio. Vi chiedo di comprendere il perché di questo silenzio. Anche nella certezza della mia decisione si tratta del gesto più totale e definitivo che un essere umano possa compiere, ci vogliono sangue freddo e nervi d’acciaio. Come avrei potuto viverlo serenamente aggiungendo lutto a lutto anticipato, dolore al dolore, resistenze, lacrime reazioni e attaccamento? Vi chiedo anche uno sforzo aggiuntivo di comprensione.

Cercate di immaginare quale strazio di dolore mi ha portato a questo gesto, giorno per giorno, ora per ora, minuto per minuto. Fate lo sforzo di capire che dietro una foto carina sui social, dietro il bel sorriso che potevate vedere giusto un’ora strappato alla routine e ai sintomi in una occasione pubblica, sempre più rara, dietro c’era lo sfondo di una quotidianità dolorosa, spoglia, feroce e in peggioramento continuo. Una sofferenza in crescita giorno dopo giorno. La situazione è stata in evoluzione per anni, poi in tempo reale gli ultimi mesi e settimane. Mio marito Stefano e le mie assistenti l’hanno vista, loro e solo loro e anzi, neppure loro, per forza di cose, potevano essere grado di capire cosa sentissi nel mio corpo, quanto male sentissi, quanta fatica sempre più totalizzante. Non riuscire più a compiere il minimo gesto. Non più godere della vita, non più godere delle relazioni sociali. Che è quello che fa per me una vita dignitosa.

Ho avuto molto tempo per elaborare e maturare questa decisione, ho avuto molto tempo per capire quando era veramente il momento. Avevo quel famoso parapetto, quello di cui avete letto spesso, da cui affacciarmi. Ho avuto molto tempo anche per cambiare idea e rimandare la decisione. Mi sono consentita, in una situazione che ancora reggeva, di assaporare gli ultimi scampoli di vita e di bellezza. Di salutare ogni angolo, ogni luogo, ogni volto, ogni persona ogni situazione ogni cielo ogni colore, ogni minuscola passeggiata fuori. Vivi ogni giorno come se fosse l’ultimo, si dice. Si dice anche che sia impossibile, nei fatti. Ebbene, io l’ho quasi realizzato. Me ne vado avendo assaporato gli ultimi bocconi di vita in maniera forte e consapevole. Intendetemi: io penso che qualsiasi vita resti degna di essere vissuta anche nelle condizioni più estreme. Ma siamo noi e solo noi a dover scegliere.

Alle persone che resteranno senza un saluto oltre che le mie scuse va un abbraccio fortissimo. È impossibile enumerare tutti i volti che hanno riempito la mia vita. Fate conto che io vi stia salutando e abbracciando. La mia vita è stata piena anche grazie a voi. La mia famiglia d’origine: papà Renato, mamma Gabriella, mia sorella Elena, mio nipote Matteo; tutti i parenti; Laura, Chiara e le amiche storiche di una vita, tutti gli amici, i colleghi e i conoscenti, i compagni di malattia, i compagni di attivismo, tutti coloro con cui ho condiviso un pezzo di strada. La mia amata Perugia. I miei medici, le mie palliativiste, i miei fisioterapisti, un grazie particolare a Daniela per avermi dato negli anni gli strumenti per combattere. Le mie assistenti, la mia seconda famiglia in quest’ultimo tratto. La politica quella buona, Fabio e Vittoria, i giornalisti amici, come le due Francesca; chi mi ha aiutato; il vescovo Ivan, un amico speciale col quale mi sono intrattenuta in più di una chiacchierata sulla vita e la morte.

Ho potuto vincere la mia battaglia solo grazie agli amici dell’Associazione Luca Coscioni, seguiteli e seguite i diritti e le libertà individuali, mai così messi a dura prova come oggi. Sul fine vita sento uno sproloquio senza fine, l’ingerenza cronica del Vaticano, l’incompetenza della politica. Il disegno di legge che sta portando avanti la maggioranza è un colpo di mano che annullerebbe tutti i diritti. Pretendete invece una buona legge, che rispetti i malati e i loro bisogni. Esercitate il vostro spirito critico, fate pressione, organizzatevi e non restate a guardare, ma attivatevi, perché potrebbe un giorno riguardare anche voi o i vostri cari.

Ricordatemi come una donna che ha amato la vita.

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Il personale medico e infermieristico che ha assistito Laura Santi nella procedura di auto somministrazione del farmaco per il suicidio assistito ha operato su base volontaria. A comunicarlo è stata l’associazione Luca Coscioni.
Alle 17:30 di mercoledì 23 luglio prossimo, si terrà il commiato civile, come da sue volontà.





Fonte: di Sergio Castelli