IL RUGGITO DEL CONIGLIO di Andrea Becherucci
di Andrea Becherucci
20-07-2025 - IL SOCIALISMO NEL MONDO
Da mesi siamo costretti ad assistere a una stanca tarantella. Il presidente americano Trump tra le cui (poche) virtù non c'è di sicuro la coerenza ci costringe a inseguirlo sul terreno delle sue acrobazie dialettiche. Già in campagna elettorale e poi, praticamente ogni giorno del suo mandato, siamo bombardati dalle sue dichiarazioni sui dazi. Tutti o quasi ricorderanno il giorno in cui Trump rese nota la nuova politica della sua amministrazione indicando i dazi da applicare a ciascun paese riportati su una tabella che fece il giro del mondo. Il presidente USA battezzò quella data come il “Giorno della Liberazione”.
Da allora si sono susseguiti negoziati, tentativi di mediazione e accordi. La natura profonda del Trump presidente non si discosta troppo da quella dell'immobiliarista che ha fatto fortuna utilizzando anche mezzi alquanto discutibili. Gli stessi atteggiamenti del Trump finanziere sono posti in essere ora dalla Casa Bianca nei negoziati con paesi rivali come la Cina e paesi un tempo considerati partners strategici come quelli appartenenti all'Unione europea. In questo nuovo clima che si è venuto a creare per gli USA non esistono più alleati permanenti ma soltanto circostanze favorevoli da cogliere ma pare che il messaggio, peraltro molto chiaro, non sia ancora stato recepito come avrebbe dovuto dall'Unione europea.
La Cina ha negoziato con gli USA un accordo tutto sommato favorevole dopo un braccio di ferro molto duro con Washington ma a Bruxelles ci si chiede ancora cosa fare. Il fronte, come al solito, non è compatto con la Germania e l'Italia disposte a trattare con gli USA senza spingere per contromisure adeguate (che pure sarebbero possibili) e una Francia e una Spagna assai più inclini allo scontro frontale con l'amministrazione Trump.
Il 12 luglio è partita dalla Casa Bianca una lettera indirizzata alla presidente della Commissione von der Leyen in cui si annuncia l'applicazione di un dazio del 30% su tutte le merci in entrata negli USA a partire dal 1° agosto.
Si dice, e con ragione, che la Cina avesse nella sua disponibilità di terre rare e nella quantità di debito pubblico americano nelle sue mani gli strumenti che mancano agli europei per poter negoziare da una posizione di forza, tuttavia, al netto di questi elementi, non è finora mai emersa la reale volontà di opporsi alle pretese sconsiderate di Trump da parte dei membri dell'Unione europea.
Nei giorni trascorsi dall'invio a Bruxelles della lettera del presidente USA non si è vista nei paesi membri dell'UE una reazione coordinata in risposta alla sfida che il momento storico propone. Ne emerge l'immagine di una Commissione arrendevole e per certi aspetti impotente a trattare i dossier più complessi, una Commissione con una presidente azzoppata e una politica alle spalle – quella del doppio forno sostenuta dal leader del PPE Manfred Weber – che, priva di una visione di lungo periodo, punta a vivacchiare raccogliendo i voti che servono di volta in volta, un po' a destra e un po' a sinistra.
Da allora si sono susseguiti negoziati, tentativi di mediazione e accordi. La natura profonda del Trump presidente non si discosta troppo da quella dell'immobiliarista che ha fatto fortuna utilizzando anche mezzi alquanto discutibili. Gli stessi atteggiamenti del Trump finanziere sono posti in essere ora dalla Casa Bianca nei negoziati con paesi rivali come la Cina e paesi un tempo considerati partners strategici come quelli appartenenti all'Unione europea. In questo nuovo clima che si è venuto a creare per gli USA non esistono più alleati permanenti ma soltanto circostanze favorevoli da cogliere ma pare che il messaggio, peraltro molto chiaro, non sia ancora stato recepito come avrebbe dovuto dall'Unione europea.
La Cina ha negoziato con gli USA un accordo tutto sommato favorevole dopo un braccio di ferro molto duro con Washington ma a Bruxelles ci si chiede ancora cosa fare. Il fronte, come al solito, non è compatto con la Germania e l'Italia disposte a trattare con gli USA senza spingere per contromisure adeguate (che pure sarebbero possibili) e una Francia e una Spagna assai più inclini allo scontro frontale con l'amministrazione Trump.
Il 12 luglio è partita dalla Casa Bianca una lettera indirizzata alla presidente della Commissione von der Leyen in cui si annuncia l'applicazione di un dazio del 30% su tutte le merci in entrata negli USA a partire dal 1° agosto.
Si dice, e con ragione, che la Cina avesse nella sua disponibilità di terre rare e nella quantità di debito pubblico americano nelle sue mani gli strumenti che mancano agli europei per poter negoziare da una posizione di forza, tuttavia, al netto di questi elementi, non è finora mai emersa la reale volontà di opporsi alle pretese sconsiderate di Trump da parte dei membri dell'Unione europea.
Nei giorni trascorsi dall'invio a Bruxelles della lettera del presidente USA non si è vista nei paesi membri dell'UE una reazione coordinata in risposta alla sfida che il momento storico propone. Ne emerge l'immagine di una Commissione arrendevole e per certi aspetti impotente a trattare i dossier più complessi, una Commissione con una presidente azzoppata e una politica alle spalle – quella del doppio forno sostenuta dal leader del PPE Manfred Weber – che, priva di una visione di lungo periodo, punta a vivacchiare raccogliendo i voti che servono di volta in volta, un po' a destra e un po' a sinistra.
Fonte: di Andrea Becherucci