01 Novembre 2024

"IL PUNTO DOPO STATE OF THE UNION 2023"

Il 13 settembre, la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen ha tenuto il consueto discorso sullo stato dell’Unione per fare il punto sugli obiettivi raggiunti e sulle sfide ancora da affrontare.

Il discorso sullo stato dell’Unione è una novità introdotta dal Trattato di Lisbona divenuta operativa dal 2009 modellata sull’omonima relazione che a gennaio di ogni anno il presidente degli Stati Uniti tiene davanti alle Camere riunite. Come il presidente degli Stati Uniti, anche la presidente della Commissione, con questo discorso, intende tracciare la storia dell’anno appena trascorso e indicare quali provvedimenti adottare per fare fronte alle difficoltà che si profilano.

Il discorso di quest’anno è l’ultimo di Ursula von der Leyen prima del rinnovo del Parlamento europeo e con le sue parole, la politica tedesca ha voluto ripercorrere le tappe principali che l’hanno vista al vertice della Commissione dal 2019 in una sorta di consuntivo della sua esperienza.

Ursula von der Leyen ha voluto ricordare i traguardi raggiunti nell’ultimo quinquennio dall’esecutivo europeo, dall’appoggio (forse non così compatto come si vorrebbe far credere) all’Ucraina nel conflitto che la vede opposta alla Russia al varo del programma NextGeneration UE, dall’approvazione del Green Deal alla transizione digitale senza dimenticare gli sforzi in tema di tutela e allargamento dei diritti e di contrasto alla violenza di genere concludendo con una invocazione a trasformare il presente per prepararci al futuro.

Nello specifico, per quanto riguarda la crisi ambientale la presidente della Commissione ha rivendicato la necessità e l’urgenza di soluzioni drastiche atte non più a tamponare gli effetti del mutamento climatico ma a cambiare l’approccio verso il problema appoggiando strategie industriali integrate da parte dei paesi europei nella direzione della sostenibilità con incentivi e investimenti e sburocratizzando i processi autorizzativi che interessano l’energia eolica con un prossimo pacchetto di provvedimenti concertati con gli imprenditori e i Paesi membri.

La strategia di crescita industriale del continente deve, in ogni caso, procedere insieme alla battaglia per la sua sostenibilità attraverso correttivi per un mercato più equo. L’esempio adottato, in questo caso, è rappresentato dall’invasione sul mercato europeo di veicoli elettrici cinesi a basso costo possibile solo grazie a robuste sovvenzioni statali. Queste pratiche distorsive della concorrenza sono state denunciate da von der Leyen pur all’interno di una auspicabile collaborazione tra l’UE e la Cina.

Ugualmente, la presidente ha richiamato la necessità di un’agricoltura sostenibile che abbia la capacità di conservare la biodiversità e, contemporaneamente, di assicurare a chi lavora la terra un’esistenza dignitosa.

Sul fronte dell’occupazione e dei diritti sociali von der Leyen ha sottolineato che grazie prima al programma SURE e poi al piano NextGeneration UE si è riusciti a dare slancio all’occupazione pur in presenza, ancora, di carenze di personale in numerosi settori. Da ciò si evidenzia la necessità di ripensare l’accesso al mercato del lavoro coinvolgendo in questo anche la presenza di una immigrazione qualificata che possa sostenere in parte il peso della ripresa. Per fare questo ha annunciato la ripresa, in un prossimo vertice, del dialogo tra le parti sociali.

L’aumento dei prezzi, soprattutto dell’energia e la ripresa dell’inflazione hanno imposto con successo – come già accaduto durante la pandemia con l’approvvigionamento dei vaccini – il ricorso all’adozione di acquisti comuni per il gas consentendo così grandi risparmi. Più complicata pare invece la battaglia contro l’inflazione che è nelle mani della Banca centrale europea. Nel momento in cui scriviamo la presidente Christine Lagarde ha reso noto di non voler ancora abbassare i tassi d’interesse ma li ha, anzi, aumentati ancora di un quarto di punto benché l’inflazione stia lentamente diminuendo.

Von der Leyen ha poi trattato il tema dell’innovazione tecnologica e della possibilità di accesso a tali tecnologie da parte dell’industria europea. Come ha tenuto a sottolineare la presidente stiamo parlando di un problema di “sovranità europea”. A questo proposito è stata lanciata un’apposita piattaforma allo scopo di «incrementare, mobilitare e orientare i fondi dell’UE per investire in qualsiasi tipo di prodotto: dalla microelettronica all’informatica quantistica fino all’intelligenza artificiale». Anche in questo caso si tratta di opporsi alle pretese egemoniche cinesi in settori come la produzione di semiconduttori e pannelli solari e di evitare di dipendere da un solo fornitore per l’approvvigionamento di minerali rari e costosi. In questo contesto, von der Leyen ha avanzato l’offerta a Mario Draghi di produrre un rapporto “sul futuro della competitività europea”.

In un altro capitolo si è parlato di sicurezza sul web e dei rischi connessi all’uso dell’intelligenza artificiale. Su questo punto la presidente della Commissione ha insistito per la ricerca di una governance globale attraverso un approccio normativo specifico da realizzarsi in tempi brevi.

I diritti sociali sono stati toccati in riferimento alle tragiche vicende che hanno colpito di recente i Paesi del Maghreb e quelli dell’Africa subsahariana. Per far fronte ai problemi derivanti da calamità naturali e instabilità politica la presidente von der Leyen non ha potuto fare di più che appellarsi alla solidarietà dei Paesi membri invocando la cooperazione con i governi legittimi presenti in quell’area e con l’Unione africana.

La cooperazione con i Paesi terzi ha occupato l’ultima parte del discorso di von der Leyen. Al centro della strategia europea sta il Global Gateway, il nuovo modello di partenariato atto a stabilire e promuovere connessioni sostenibili nei settori digitale, energetico, dei trasporti e della logistica e a sostenere la creazione di reti intelligenti nella sanità, nella ricerca e nell’istruzione.

Vi è poi il capitolo delle migrazioni per il quale von der Leyen ha rivendicato l’accordo quadro stipulato con la Tunisia insieme alla premier italiana Giorgia Meloni – che però, messo alla prova dei fatti sta mostrando tutta la sua fragilità – ed ha annunciato l’intenzione di voler replicare questo modello con altri paesi. Forse, mai come questa volta l’ottimismo mostrato dalla presidente della Commissione è sembrato fuori luogo quando ha affermato «mostriamo che l’Europa è in grado di gestire le migrazioni con efficacia e compassione e portiamo a termine il lavoro iniziato!». L’unica novità, in questo senso, sembra rappresentata dalla volontà di convocare, nei mesi a venire, una Conferenza internazionale sulla lotta contro la tratta degli esseri umani.

Anche la situazione dell’Ucraina ha occupato largo spazio nell’esposizione dei problemi che la presidente della Commissione ha fatto. Il ricordo della scrittrice ucraina Victoria Amelina ha aperto questa parte del discorso che riprende poi con l’affermazione della volontà da parte della Commissione di prorogare la protezione temporanea offerta agli ucraini nell’UE e con l’impegnativa dichiarazione che il futuro dell’Ucraina come quello dei Balcani occidentali, della Moldavia e della Georgia sarà all’interno dell’Unione europea pur in un quadro che vedrà rafforzata l’attenzione al rispetto dello Stato di diritto in «un’Unione completa con democrazie vitali in cui la magistratura sia indipendente, le opposizioni siano rispettate e i giornalisti siano protetti».

Per von der Leyen non si tratta più di scegliere tra l’approfondimento e l’allargamento dell’UE ma di puntare su entrambi per rafforzare il peso dell’Europa nella governance globale. Anche in questo caso come in quello delle migrazioni si è preferito mettere la sordina alle divergenze esistenti fra i Paesi dell’Europa occidentale e altri, come Polonia e Ungheria, certamente non in linea con l’esigenza di tutela dei principi dello Stato di diritto. L’appello finale della presidente della Commissione è per un’accelerazione dei processi di adesione dei Paesi candidati che non vengano ritardati neppure da una eventuale Convenzione per la riforma dei trattati.

In chiusura non manca un accenno ma niente più di questo ai problemi della difesa e della sicurezza collettiva per i quali si auspicano impegni credibili davanti a un mondo sempre più impegnato sul fronte della deterrenza.

Nel complesso, ci troviamo di fronte a un documento che, al netto dell’inevitabile dose di retorica, ci sembra indicare una leadership stanca e a cui, forse, è necessario un ricambio.





Fonte: di Andrea Becherucci
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