IL CASO ILARIA SALIS
19-02-2024 - IL SOCIALISMO NEL MONDO
Relativamente da poco ha ricevuto pubblicità nel nostro paese la vicenda di Ilaria Salis, una cittadina italiana incarcerata da circa un anno in Ungheria e attualmente sotto processo in quel paese, accusata di aver aggredito insieme ad altri manifestanti, due neonazisti provocando loro ferite guaribili in pochi giorni.
L'episodio che ha portato all'arresto della Salis risale al 2023, in occasione della celebrazione, l'11 febbraio, di quella che in Ungheria viene chiamata Tag der Ehre (in italiano la Giornata dell'Onore) in cui si ricorda la sconfitta delle truppe di Hitler ad opera dell'Armata rossa nel febbraio 1945.
La manifestazione si tiene ormai da alcuni anni benché sia ufficialmente vietata dal governo. Ormai da tempo rappresenta una delle circostanze in cui si vedono riuniti, neonazisti e antisemiti provenienti da buona parte d'Europa. Da alcuni anni, tuttavia, a Budapest si fronteggiano schieramenti contrapposti di neonazisti e di manifestanti antifascisti che talora si scontrano.
Lo scorso anno Ilaria Salis è stata coinvolta in uno di questi tafferugli e per questo arrestata e incarcerata. Per quasi un anno della sua vicenda non si è saputo in Italia quasi nulla, in parte per volontà della famiglia che temeva le conseguenze negative legate alla pubblicità sul suo caso e in parte per le negligenze dell'ambasciatore italiano a Budapest che si è attivato in ritardo e in maniera probabilmente non adeguata rispetto alla gravità dell'evento.
Alla Salis viene contestata l'aggressione a due militanti neonazisti che pure hanno riportato conseguenze fisiche di lieve entità. Le autorità ungheresi sospettano che la cittadina italiana faccia parte della cosiddetta Hammerbande fondata a Lipsia nel 2017 dall'attivista antifascista Lina Engel allo scopo di isolare e aggredire gli appartenenti alla galassia neofascista nel corso di manifestazioni pubbliche.
Ilaria Salis è stata coinvolta in Italia in alcune indagini legate al suo attivismo ma finora non ha mai subito condanne. Per le imputazioni che le sono addebitate in Ungheria rischia fino a 24 anni di carcere. Dopo che la Salis ha scritto una lettera al padre in cui denunciava le condizioni della sua detenzione, il caso è scoppiato anche nel nostro Paese assumendo ben presto una dimensione politica soprattutto dopo che la nostra connazionale è stata ripresa durante un'udienza in tribunale con i ceppi ai piedi e una sorta di guinzaglio al collo (che la politica e la magistratura ungheresi sostengono essere la prassi per i detenuti potenzialmente pericolosi).
La presidente del Consiglio Giorgia Meloni mantiene ormai da tempo rapporti amichevoli con il premier ungherese Viktor Orban che peraltro sono venuti utili – insieme alle pressioni esercitate da Macron e Scholz - quando si è trattato di convincere l'uomo forte di Budapest a dare il proprio assenso all'approvazione del bilancio pluriennale dell'UE e all'elargizione di nuovi aiuti all'Ucraina. In questo caso, con un paziente lavoro di mediazione e di un accorto uso del bastone e della carota, si è riusciti a impedire che Orban potesse averla vinta ancora una volta.
In Italia si è scatenata la bagarre in cui si è segnalato, come sempre, l'intemperante Salvini che, memore delle imminenti elezioni per il rinnovo del PE, ha usato i toni che gli sono consueti nella speranza di strappare qualche voto a Meloni. A sinistra Schlein ha portato il caso all'attenzione del Parlamento europeo ricordando che Meloni ha accolto fra i conservatori europei proprio Orban suscitando le ire degli eurodeputati ungheresi.
Ciò non toglie, tuttavia, che Orban rappresenti un'anomalia di prima grandezza all'interno dell'Unione europea e che, sic stantibus rebus, non è affatto facile disarmarlo.
Forse qualcuno ancora ricorderà che nel 2000 la formazione del primo governo di destra-estrema destra (Övp-Fpö) in Austria (era leader del Fpö l'ex-governatore della Carinzia Jörg Haider) fu duramente osteggiata da alcuni paesi europei (l'UE era allora composta da 15 membri). Questi paesi decisero autonomamente di porre in essere misure diplomatiche restrittive nei confronti dell'Austria. Qualcuno che invoca ora l'utilizzo delle stesse armi contro l'Ungheria, magari a livello di Unione europea, dovrebbe forse avere presente quanto queste siano state non solo inefficaci ma abbiano addirittura rafforzato il consenso del governo in carica.
È urgente e necessario che l'Unione Europea si doti quanto prima di strumenti giuridici e legislativi che possano neutralizzare o quantomeno circoscrivere gli effetti della presenza al suo interno di Orban o di chiunque altro se ne voglia servire ignorando che l'Unione europea è anzitutto una comunità di valori.
Fonte: di Andrea Becherucci
L'episodio che ha portato all'arresto della Salis risale al 2023, in occasione della celebrazione, l'11 febbraio, di quella che in Ungheria viene chiamata Tag der Ehre (in italiano la Giornata dell'Onore) in cui si ricorda la sconfitta delle truppe di Hitler ad opera dell'Armata rossa nel febbraio 1945.
La manifestazione si tiene ormai da alcuni anni benché sia ufficialmente vietata dal governo. Ormai da tempo rappresenta una delle circostanze in cui si vedono riuniti, neonazisti e antisemiti provenienti da buona parte d'Europa. Da alcuni anni, tuttavia, a Budapest si fronteggiano schieramenti contrapposti di neonazisti e di manifestanti antifascisti che talora si scontrano.
Lo scorso anno Ilaria Salis è stata coinvolta in uno di questi tafferugli e per questo arrestata e incarcerata. Per quasi un anno della sua vicenda non si è saputo in Italia quasi nulla, in parte per volontà della famiglia che temeva le conseguenze negative legate alla pubblicità sul suo caso e in parte per le negligenze dell'ambasciatore italiano a Budapest che si è attivato in ritardo e in maniera probabilmente non adeguata rispetto alla gravità dell'evento.
Alla Salis viene contestata l'aggressione a due militanti neonazisti che pure hanno riportato conseguenze fisiche di lieve entità. Le autorità ungheresi sospettano che la cittadina italiana faccia parte della cosiddetta Hammerbande fondata a Lipsia nel 2017 dall'attivista antifascista Lina Engel allo scopo di isolare e aggredire gli appartenenti alla galassia neofascista nel corso di manifestazioni pubbliche.
Ilaria Salis è stata coinvolta in Italia in alcune indagini legate al suo attivismo ma finora non ha mai subito condanne. Per le imputazioni che le sono addebitate in Ungheria rischia fino a 24 anni di carcere. Dopo che la Salis ha scritto una lettera al padre in cui denunciava le condizioni della sua detenzione, il caso è scoppiato anche nel nostro Paese assumendo ben presto una dimensione politica soprattutto dopo che la nostra connazionale è stata ripresa durante un'udienza in tribunale con i ceppi ai piedi e una sorta di guinzaglio al collo (che la politica e la magistratura ungheresi sostengono essere la prassi per i detenuti potenzialmente pericolosi).
La presidente del Consiglio Giorgia Meloni mantiene ormai da tempo rapporti amichevoli con il premier ungherese Viktor Orban che peraltro sono venuti utili – insieme alle pressioni esercitate da Macron e Scholz - quando si è trattato di convincere l'uomo forte di Budapest a dare il proprio assenso all'approvazione del bilancio pluriennale dell'UE e all'elargizione di nuovi aiuti all'Ucraina. In questo caso, con un paziente lavoro di mediazione e di un accorto uso del bastone e della carota, si è riusciti a impedire che Orban potesse averla vinta ancora una volta.
In Italia si è scatenata la bagarre in cui si è segnalato, come sempre, l'intemperante Salvini che, memore delle imminenti elezioni per il rinnovo del PE, ha usato i toni che gli sono consueti nella speranza di strappare qualche voto a Meloni. A sinistra Schlein ha portato il caso all'attenzione del Parlamento europeo ricordando che Meloni ha accolto fra i conservatori europei proprio Orban suscitando le ire degli eurodeputati ungheresi.
Ciò non toglie, tuttavia, che Orban rappresenti un'anomalia di prima grandezza all'interno dell'Unione europea e che, sic stantibus rebus, non è affatto facile disarmarlo.
Forse qualcuno ancora ricorderà che nel 2000 la formazione del primo governo di destra-estrema destra (Övp-Fpö) in Austria (era leader del Fpö l'ex-governatore della Carinzia Jörg Haider) fu duramente osteggiata da alcuni paesi europei (l'UE era allora composta da 15 membri). Questi paesi decisero autonomamente di porre in essere misure diplomatiche restrittive nei confronti dell'Austria. Qualcuno che invoca ora l'utilizzo delle stesse armi contro l'Ungheria, magari a livello di Unione europea, dovrebbe forse avere presente quanto queste siano state non solo inefficaci ma abbiano addirittura rafforzato il consenso del governo in carica.
È urgente e necessario che l'Unione Europea si doti quanto prima di strumenti giuridici e legislativi che possano neutralizzare o quantomeno circoscrivere gli effetti della presenza al suo interno di Orban o di chiunque altro se ne voglia servire ignorando che l'Unione europea è anzitutto una comunità di valori.
Fonte: di Andrea Becherucci