"GLI ARCHIVI, LA STORIA E LA POLITICA"
24-01-2022 - CRONACHE SOCIALISTE
Il 5 gennaio è comparso sul ‘Riformista’ un articolo nel quale il presidente della commissione per la Biblioteca e Archivio Storico del Senato Gianni Marilotti ha riferito della sua esperienza nel recente dibattito sul bilancio interno del Senato che lo ha visto intervenire a difesa del piano editoriale già presentato nel 2019 ma non ancora approvato.
La commissione per la Biblioteca e Archivio Storico, per chi non lo sapesse, «esercita funzioni di indirizzo e di controllo sulla dotazione e sulle spese della Biblioteca, partecipa attivamente alla strategia di gestione delle raccolte e dei servizi, promuove e controlla le pubblicazioni e le diverse iniziative culturali». L’Archivio Storico del Senato è una fonte di primaria importanza per la storia politica italiana del XIX e XX secolo. Esso conserva, oltre agli archivi del Senato propriamente detto anche 43 fondi privati acquisiti o donati all’Archivio Storico; fra questi vogliamo ricordare soltanto i fondi intestati a Francesco De Martino, Amintore Fanfani e Giovanni Leone ma molti altri potrebbero essere citati (Emma Bonino, famiglia Calamandrei-Regard, Michele Cifarelli, Gaetano Martino, Cesare Merzagora, Luigi Preti, Mariano Rumor, Paolo Emilio Taviani, Valerio Zanone).
Tuttavia, a fianco di quest’opera di conservazione del patrimonio parlamentare, ve n’è un’altra altrettanto importante, l’attività editoriale che, seguendo un piano preciso di pubblicazioni, rende disponibili in volume al pubblico i discorsi parlamentari di senatori che hanno avuto un ruolo di rilievo nella storia dell’istituzione. Da quando è stato stabilito un contratto con la casa editrice Il Mulino, sono stati pubblicati venti volumi di cui l’ultimo – dedicato a Leopoldo Elia – uscito nel 2018. Da allora più nulla se non la ristampa dei discorsi di Angelina Merlin ed Emilio Lussu.
La ragione di questo blocco sta nella mancata approvazione, nel giugno 2019, da parte del Consiglio di Presidenza, del piano editoriale per venire incontro alla richiesta di tagli alle spese. Purtroppo, però, questa corsa al risparmio ha comportato, oltre che un mancato servizio all’utenza anche difficoltà nello svolgimento del lavoro da parte del personale.
D’altra parte, lo stesso Marilotti ha denunciato che «tagli arbitrari e demagogici non alimentano né la democrazia, né i posti di lavoro. Il risparmio della spesa non ha nulla di virtuoso se non si accompagna alla cura della qualità del lavoro svolto».
Questo grido d’allarme si unisce ai molti altri che si levano, ormai da tempo, dai responsabili di istituzioni culturali (musei, fondazioni, archivi, biblioteche, centri studi). Tutti lamentano una situazione sempre più deteriorata che la pandemia ha ulteriormente aggravato. Gli archivi sono visti unicamente come un costo senza minimamente pensare alle ricadute che una loro mancata cura può produrre: un vulnus alla democrazia in un paese che, come pochi altri, ha bisogno di alimentare la conoscenza del proprio passato, un paese che sta lentamente ma inesorabilmente abdicando al compito di offrire conoscenza storica ai propri cittadini attraverso una gestione efficace e trasparente dell’amministrazione archivistica.
Poco più di due anni fa si è pensato bene di cancellare la prova scritta di storia dall’esame di maturità mentre in certi curricula scolastici è già cosa fatta la riduzione delle ore settimanali dedicate a questa materia. La spiegazione che è stata data per la cancellazione della prova di storia è quanto di più assurdo si sia mai sentito: cancellata perché la sceglievano in pochi. Ma se è così dovrebbero essere aboliti i quotidiani visto la percentuale miseranda di persone che li acquistano…
Tutto ciò non ha alcun senso a meno che non si voglia spegnere quel barlume residuo di conoscenza del passato che pochi ancora si ostinano a coltivare pervicacemente, consapevoli che anche da qui passerà la costruzione di cittadini e di una classe dirigente all’altezza delle sfide che il futuro ci presenterà.
La commissione per la Biblioteca e Archivio Storico, per chi non lo sapesse, «esercita funzioni di indirizzo e di controllo sulla dotazione e sulle spese della Biblioteca, partecipa attivamente alla strategia di gestione delle raccolte e dei servizi, promuove e controlla le pubblicazioni e le diverse iniziative culturali». L’Archivio Storico del Senato è una fonte di primaria importanza per la storia politica italiana del XIX e XX secolo. Esso conserva, oltre agli archivi del Senato propriamente detto anche 43 fondi privati acquisiti o donati all’Archivio Storico; fra questi vogliamo ricordare soltanto i fondi intestati a Francesco De Martino, Amintore Fanfani e Giovanni Leone ma molti altri potrebbero essere citati (Emma Bonino, famiglia Calamandrei-Regard, Michele Cifarelli, Gaetano Martino, Cesare Merzagora, Luigi Preti, Mariano Rumor, Paolo Emilio Taviani, Valerio Zanone).
Tuttavia, a fianco di quest’opera di conservazione del patrimonio parlamentare, ve n’è un’altra altrettanto importante, l’attività editoriale che, seguendo un piano preciso di pubblicazioni, rende disponibili in volume al pubblico i discorsi parlamentari di senatori che hanno avuto un ruolo di rilievo nella storia dell’istituzione. Da quando è stato stabilito un contratto con la casa editrice Il Mulino, sono stati pubblicati venti volumi di cui l’ultimo – dedicato a Leopoldo Elia – uscito nel 2018. Da allora più nulla se non la ristampa dei discorsi di Angelina Merlin ed Emilio Lussu.
La ragione di questo blocco sta nella mancata approvazione, nel giugno 2019, da parte del Consiglio di Presidenza, del piano editoriale per venire incontro alla richiesta di tagli alle spese. Purtroppo, però, questa corsa al risparmio ha comportato, oltre che un mancato servizio all’utenza anche difficoltà nello svolgimento del lavoro da parte del personale.
D’altra parte, lo stesso Marilotti ha denunciato che «tagli arbitrari e demagogici non alimentano né la democrazia, né i posti di lavoro. Il risparmio della spesa non ha nulla di virtuoso se non si accompagna alla cura della qualità del lavoro svolto».
Questo grido d’allarme si unisce ai molti altri che si levano, ormai da tempo, dai responsabili di istituzioni culturali (musei, fondazioni, archivi, biblioteche, centri studi). Tutti lamentano una situazione sempre più deteriorata che la pandemia ha ulteriormente aggravato. Gli archivi sono visti unicamente come un costo senza minimamente pensare alle ricadute che una loro mancata cura può produrre: un vulnus alla democrazia in un paese che, come pochi altri, ha bisogno di alimentare la conoscenza del proprio passato, un paese che sta lentamente ma inesorabilmente abdicando al compito di offrire conoscenza storica ai propri cittadini attraverso una gestione efficace e trasparente dell’amministrazione archivistica.
Poco più di due anni fa si è pensato bene di cancellare la prova scritta di storia dall’esame di maturità mentre in certi curricula scolastici è già cosa fatta la riduzione delle ore settimanali dedicate a questa materia. La spiegazione che è stata data per la cancellazione della prova di storia è quanto di più assurdo si sia mai sentito: cancellata perché la sceglievano in pochi. Ma se è così dovrebbero essere aboliti i quotidiani visto la percentuale miseranda di persone che li acquistano…
Tutto ciò non ha alcun senso a meno che non si voglia spegnere quel barlume residuo di conoscenza del passato che pochi ancora si ostinano a coltivare pervicacemente, consapevoli che anche da qui passerà la costruzione di cittadini e di una classe dirigente all’altezza delle sfide che il futuro ci presenterà.
Fonte: di ANDREA BECHERUCCI