EMMANUEL MACRON  E LO SPETTRO DELLA QUARTA REPUBBLICA di Giulietta Rovera
 E LO SPETTRO DELLA QUARTA REPUBBLICA
 di Giulietta Rovera
27-10-2025 - EDITORIALE
								La Francia sta attraversando la sua più grave crisi politica dagli anni '50. Questa situazione di cronica instabilità – tre primi ministri solo nell'ultimo anno- ha resuscitato lo spettro della Quarta Repubblica (1946-58), quando partiti politici rivali incapaci di cooperare resero il Paese ingovernabile: allora, a risolvere la situazione, ci pensò Charles De Gaulle con la creazione di un nuovo regime costituzionale che diede vita all'attuale Quinta Repubblica.
La colpa di questa situazione è stata attribuita al capo dello Stato: Emmanuel Macron. Era arrivato al potere nel 2017 a soli 39 anni – il più giovane Capo di Stato dai tempi di Napoleone Bonaparte – con un background professionale in finanza e diritto, ma relativamente poca esperienza di politica di governo o di partito. Liberaldemocratico di centro, filoeuropeo, era stato eletto grazie a un programma vasto e articolato che prevedeva liberalizzazione dell'economia, creazione di posti di lavoro, fine delle disuguaglianze. Ma anche grazie alla promessa di "ascoltare costantemente i cittadini" e fermare l'ascesa dell'estrema destra. I primi cinque anni alla presidenza non sono stati facili. Macron ha dovuto affrontare infatti la rivolta dei Gilets jaunes, la crisi seguita alla pandemia di Covid e alla guerra in Ucraina. Nel 2022 riesce a essere rieletto, ma non ha più la maggioranza assoluta in Parlamento. La batosta arriva però con l'esito delle elezioni europee del 9 giugno 2024, che sancisce la vittoria di Rassemblement National di estrema destra di Marine Le Pen. Nel tentativo di fermarne l'ascesa, con avventata, unilaterale decisione, il 7 luglio convoca elezioni parlamentari anticipate, con il risultato di dividere il Parlamento in tre blocchi antagonisti: sinistra, centro, estrema destra, nessuno dei quali ha la maggioranza assoluta. Ha inizio così una instabilità permanente. Macron ha ammesso tardivamente di aver provocato “più divisioni che soluzioni”. Ma il danno irreparabile ormai era fatto. Se non c'è stato un vincitore in quell'elezione, che ha rafforzato l'estrema destra e l'estrema sinistra, c'è stato un perdente: Emmanuel Macron. Isolato, abbandonato dai suoi alleati, con una popolarità ai minimi storici, vittima della sua arroganza e delle promesse non mantenute, viene additato come l'unico responsabile del caos nel quale è precipitata la Francia. Da l'uomo del momento diventa il personaggio politico più inviso del Paese, accusato di autoritarismo, ma soprattutto di essere il responsabile del caos odierno.
Otto anni dopo la sua ascesa al potere, il deficit di bilancio è al 5,4% del PIL, il debito è al 116%, l'economia è stagnante. Sono necessari urgenti tagli alla spesa. Ma senza una maggioranza in Parlamento, il governo non ha la forza né di frenare la spesa né di riformare le pensioni. Per riuscire a formare un governo, sia pure di minoranza, il Primo Ministro Sébastien Lecornu ha dovuto fare appello al Partito Socialista e sospendere la legge sulle pensioni del 2023, che aveva introdotto un graduale aumento dell'età pensionabile da 62 a 64 anni, peggiorando così ulteriormente le prospettive economiche della Francia.
Che gran parte della colpa del caos odierno sia di Macron è indubbio. Responsabili sono però anche i suoi avversari Marine Le Pen a destra e Jean-Luc Mélenchon a sinistra, che si sono ostinatamente rifiutati di collaborare o di scendere a compromessi, incuranti della disastrosa situazione fiscale francese. Entrambi hanno un unico obiettivo: vincere la corsa presidenziale del 2027. Quanto al popolo francese, ha risposto scendendo nelle strade e inscenando rivolte e disordini ai tentativi di Macron di far passare misure impopolari ma necessarie come l'aumento delle tasse sulla benzina nel 2018 e l'innalzamento dell'età pensionabile, indifferenti al fatto che lo stato sociale francese è uno dei più generosi al mondo, i cui costi sono ormai diventati insostenibili.
Macron ha promesso categoricamente di rimanere in carica fino alla fine del suo mandato nel 2027. Tuttavia, l'incapacità di approvare il bilancio entro la fine di dicembre, o ulteriori voti di sfiducia, potrebbero costringerlo alle dimissioni (auspicate dal 70% della popolazione). Il rischio che si vada nuovamente alle urne è pertanto reale. Questa volta, stando ai i sondaggi più recenti, una vittoria dell'estrema destra sembra certa.
Un governo francese con un primo ministro di estrema destra danneggerebbe i legami con la Germania, destabilizzando l'Europa e aprendo le porte ai leader nazionalisti. In parole povere, per l'Europa, già gravata dalla sfida con Donald Trump e Vladimir Putin, rappresenterebbe un rischio esistenziale.
La colpa di questa situazione è stata attribuita al capo dello Stato: Emmanuel Macron. Era arrivato al potere nel 2017 a soli 39 anni – il più giovane Capo di Stato dai tempi di Napoleone Bonaparte – con un background professionale in finanza e diritto, ma relativamente poca esperienza di politica di governo o di partito. Liberaldemocratico di centro, filoeuropeo, era stato eletto grazie a un programma vasto e articolato che prevedeva liberalizzazione dell'economia, creazione di posti di lavoro, fine delle disuguaglianze. Ma anche grazie alla promessa di "ascoltare costantemente i cittadini" e fermare l'ascesa dell'estrema destra. I primi cinque anni alla presidenza non sono stati facili. Macron ha dovuto affrontare infatti la rivolta dei Gilets jaunes, la crisi seguita alla pandemia di Covid e alla guerra in Ucraina. Nel 2022 riesce a essere rieletto, ma non ha più la maggioranza assoluta in Parlamento. La batosta arriva però con l'esito delle elezioni europee del 9 giugno 2024, che sancisce la vittoria di Rassemblement National di estrema destra di Marine Le Pen. Nel tentativo di fermarne l'ascesa, con avventata, unilaterale decisione, il 7 luglio convoca elezioni parlamentari anticipate, con il risultato di dividere il Parlamento in tre blocchi antagonisti: sinistra, centro, estrema destra, nessuno dei quali ha la maggioranza assoluta. Ha inizio così una instabilità permanente. Macron ha ammesso tardivamente di aver provocato “più divisioni che soluzioni”. Ma il danno irreparabile ormai era fatto. Se non c'è stato un vincitore in quell'elezione, che ha rafforzato l'estrema destra e l'estrema sinistra, c'è stato un perdente: Emmanuel Macron. Isolato, abbandonato dai suoi alleati, con una popolarità ai minimi storici, vittima della sua arroganza e delle promesse non mantenute, viene additato come l'unico responsabile del caos nel quale è precipitata la Francia. Da l'uomo del momento diventa il personaggio politico più inviso del Paese, accusato di autoritarismo, ma soprattutto di essere il responsabile del caos odierno.
Otto anni dopo la sua ascesa al potere, il deficit di bilancio è al 5,4% del PIL, il debito è al 116%, l'economia è stagnante. Sono necessari urgenti tagli alla spesa. Ma senza una maggioranza in Parlamento, il governo non ha la forza né di frenare la spesa né di riformare le pensioni. Per riuscire a formare un governo, sia pure di minoranza, il Primo Ministro Sébastien Lecornu ha dovuto fare appello al Partito Socialista e sospendere la legge sulle pensioni del 2023, che aveva introdotto un graduale aumento dell'età pensionabile da 62 a 64 anni, peggiorando così ulteriormente le prospettive economiche della Francia.
Che gran parte della colpa del caos odierno sia di Macron è indubbio. Responsabili sono però anche i suoi avversari Marine Le Pen a destra e Jean-Luc Mélenchon a sinistra, che si sono ostinatamente rifiutati di collaborare o di scendere a compromessi, incuranti della disastrosa situazione fiscale francese. Entrambi hanno un unico obiettivo: vincere la corsa presidenziale del 2027. Quanto al popolo francese, ha risposto scendendo nelle strade e inscenando rivolte e disordini ai tentativi di Macron di far passare misure impopolari ma necessarie come l'aumento delle tasse sulla benzina nel 2018 e l'innalzamento dell'età pensionabile, indifferenti al fatto che lo stato sociale francese è uno dei più generosi al mondo, i cui costi sono ormai diventati insostenibili.
Macron ha promesso categoricamente di rimanere in carica fino alla fine del suo mandato nel 2027. Tuttavia, l'incapacità di approvare il bilancio entro la fine di dicembre, o ulteriori voti di sfiducia, potrebbero costringerlo alle dimissioni (auspicate dal 70% della popolazione). Il rischio che si vada nuovamente alle urne è pertanto reale. Questa volta, stando ai i sondaggi più recenti, una vittoria dell'estrema destra sembra certa.
Un governo francese con un primo ministro di estrema destra danneggerebbe i legami con la Germania, destabilizzando l'Europa e aprendo le porte ai leader nazionalisti. In parole povere, per l'Europa, già gravata dalla sfida con Donald Trump e Vladimir Putin, rappresenterebbe un rischio esistenziale.
Fonte: di Giulietta Rovera





				
				
				




