01 Luglio 2025

ALBERTO JACOMETTI
di Ferdinando Leonzio

Ho creduto nel socialismo, che per me ha significato giustizia, libertà, dignità umana.
(Alberto Jacometti)



Il socialismo è istinto, che diviene coscienza e si tramuta in volontà.

Fra coloro che meglio hanno incarnato la bella definizione di Claudio Treves è sicuramente Alberto Jacometti, che volle e seppe rinunciare al suo destino di “padroncino” molto agiato e un pó tronfio, per abbracciare la causa dei diseredati e degli umili, la causa del socialismo; una scelta di vita, la sua, che mai egli abbandonò, neanche quando dovette pagare prezzi assai alti: giornalista, scrittore, politico, partigiano, egli rimase sempre e comunque un socialista.

Ultimo dei quattro figli di Giuseppe Jacometti e di Anna Magni, Alberto nacque il 10 marzo 1892 nel cascinale Grampa, in territorio del Comune di San Pietro Mosezzo (NO), situato nella Bassa Novarese, coltivata prevalentemente a riso. Il padre era un affittuario di una grossa tenuta coltivata a riso e aveva sotto di sé diversi lavoranti.
Il giovane Alberto crebbe assieme ai figli di costoro, ma ben presto la realtà lo pose davanti a un drammatico interrogativo: perché nel gioco e nell'infanzia erano stati tutti eguali, mentre nella vita prepotentemente emergevano destini diversi? Lui cresceva ben vestito e ben nutrito, raffinato dagli studi, mentre i figli dei braccianti erano destinati ad una vita di stenti, di pesante lavoro, di oscura ignoranza?

Fu la lettura di Tolstoj la scintilla che liberò il suo naturale istinto di giustizia e che lo rese cosciente che in un società come quella in cui viveva c'era qualcosa che non andava.
Capì anche che i giudizi morali, la pietà umana per quella massa di sfruttati erano forse nobile cosa, ma di per sé insufficiente per risolvere i loro problemi. Da qui la sua ricerca di questo qualcosa che mancava.
La massa del proletariato agricolo della zona aveva trovato la sua guida nei pionieri del socialismo, che con grande abnegazione avevano organizzato società di mutuo soccorso, leghe contadine, cooperative.

I lavoratori, grazie all'acquisita consapevolezza dei loro diritti, diedero il segno della forza delle loro organizzazioni soprattutto nel grande sciopero del 1920, a cui il padronato ben presto contrapporrà lo squadrismo fascista. In seguito a questi avvenimenti e poiché il padre ormai sentiva il peso degli anni, la famiglia Jacometti si trasferì a Novara.

Alberto, finiti gli studi secondari, si iscrisse in Agraria, mostrando nel contempo interesse per i problemi sociali e per la letteratura. Tanto che nel 1923 pubblicò il suo primo libro Fango nel sole. Nello stesso periodo cominciò a dirsi apertamente socialista e a collaborare ai giornali socialisti Il Lavoratore e La Parola socialista.

Nel 1924, poco prima del delitto Matteotti, si iscrisse al Partito Socialista Unitario (PSU) [1], con cui entrò in contatto tramite l'ex sindaco di Novara Giuseppe Bonfantini [2] e il segretario della sezione del PSU Ugo Porzio Giovanola [3]. Nel luglio dello stesso anno si laureò in Agraria.
Ben presto insofferente dell'atteggiamento passivo e scoraggiato del movimento socialista, falcidiato e disperso dalla violenza fascista e incapace di elaborare una qualunque strategia concreta di alternativa al fascismo, organizzò attorno a sé un gruppo di una trentina di giovanissimi socialisti, di vario orientamento, fra cui Corrado Bonfantini [4], che riuscì a pubblicare un foglio clandestino dal battagliero titolo di Basta! La sua chiamata al servizio militare a Bologna pose fine all'iniziativa.

Al ritorno a Novara, nel settembre 1925, subì la prima aggressione fascista, ma non smise il suo attivismo riprendendo a scrivere sul settimanale del PSU novarese La Parola socialista. Sempre più insoddisfatto dell'attendismo socialista e per sottrarsi alle “attenzioni” degli squadristi, ma soprattutto per sfuggire al pesante clima intimidatorio dell'opprimente dittatura, decise poi di recarsi all'estero, a Barcellona, dove visse dando lezioni private e scrivendo novelle.

Dopo qualche mese, nell'aprile 1926 tornò in Italia e si stabilì a Torino, dove conobbe Bruno Buozzi e Filippo Amedeo [5]. Ma nei fine settimana spesso tornava a Novara, dove però subì una seconda aggressione fascista. Il clima in Italia si era fatto davvero irrespirabile per chi, come lui, amava la libertà, sicché Alberto decise di espatriare e la sera del 26 dicembre 1926 partì per Parigi.

Nell'esilio ebbe modo di conoscere molti socialisti fra i più autorevoli, come Turati, Treves, Coccia, Clerici, tutti destinati a mai più rivedere l'Italia. A Parigi, sempre smanioso di azione e critico verso il suo stesso partito, il PSULI [6], riuscì a pubblicare una battagliera rivista mensile di rassegna politica, aperta alle varie componenti del fuoruscitismo antifascista, L'Iniziativa, che si rivelò anche fortemente repubblicana e vagamente federalista.
L'entusiasmante esperimento durò circa un anno, fino al dicembre 1928, perché nel febbraio 1929 Jacometti fu espulso dalla Francia e accompagnato a Bruxelles [7], seguito, qualche giorno dopo, dalla sua compagna Geneviéve Colette Clair, che in seguito diventerà sua moglie [8]. In Belgio Jacometti entrò in ottimi rapporti col Partito Operaio Belga, del cui organo di stampa Le Peuple divenne collaboratore.

Trovato lavoro come chimico, egli si inserì bene nell'ambiente socialista italiano, si iscrisse alla sezione di Bruxelles e partecipò attivamente ai dibattiti interni con articoli sull'Avanti! di Zurigo, sul Nuovo Avanti di Parigi, su La Libertá, organo della Concentrazione antifascista, e sulla rivista mensile Problemi della Rivoluzione Italiana (1931-1939). Nel 1932 pubblicò l'opuscolo programmatico Italia Socialista. Si impegnò anche nell'attività di partito e partecipò al congresso socialista di Marsiglia (17-18 aprile 1933).

Nel giugno 1934 [9], per rivedere il padre morente, riuscì a rientrare in Italia, dove subì un breve arresto. Tornato in Belgio, all'inizio del 1935 divenne segretario della Federazione di Bruxelles, carica conservata fino al 1937. Partecipò poi al congresso di Parigi di quell'anno (26-28/6/1937, ultimo dell'esilio, e si schierò a favore del Patto d'unità d'azione [10]; aderì anche all'Unione Popolare [11].

Nello stesso anno 1937 si recò in missione speciale, inviato dal PSI, a Gandia (Spagna) in piena guerra civile, per via dei contrasti sorti fra comunisti ed anarchici; un preludio della dura repressione anti-anarchica di Barcellona, dove trovò la morte, per mano stalinista, il suo caro amico Camillo Berneri, noto scrittore anarchico.

Scoppiata la seconda guerra mondiale, dopo l'invasione nazista del Belgio (10-28/6/1940) [12], Jacometti, lasciata la famiglia a Bruxelles, per sfuggire all'arresto, il 15 maggio 1940 riuscì a raggiungere Tolosa, dove, fra gli altri, incontrò Giuseppe Emanuele Modigliani [13] e dove sperava di ottenere un imbarco per gli USA.
Non essendoci riuscito, il 20 settembre rientrò a Bruxelles, ma due mesi dopo, su richiesta del governo fascista italiano, venne arrestato dalla gestapo [14] ed estradato in Italia.

Fu rinchiuso nel carcere di Novara e il 28 febbraio 1941 condannato a cinque anni di confino, da trascorrere nella piccola isola di Ventotene, a sud di Ponza, in cui incontrò, fra tanti altri, Sandro Pertini. Il 26 luglio del ˇ43 apprese della caduta di Mussolini e dell'insediamento del governo Badoglio. Per i confinati tali avvenimenti furono il segnale della loro imminente liberazione.
Nell'agosto 1943 Jacometti e Pertini sbarcarono sul continente. Ma mentre Pertini si diresse a Roma per partecipare a un'importante riunione socialista [15], Jacometti preferì ritornare a Novara per rivedere la famiglia d'origine, presso la quale si erano rifugiate anche la moglie e la figlia. A Novara, ovviamente, si incontrò coi vecchi compagni, fra cui l'avv. Porzio Giovano, assieme ai quali cominciò a ricostituire le sezioni socialiste in tutta la provincia. Il lavoro di riorganizzazione del partito fu interrotto dall'annuncio dell'armistizio, cui seguì la fuga al Sud, occupato dagli Alleati, del re e del governo Badoglio, la violenta reazione tedesca, la costituzione al Nord della Repubblica di Salò, formalmente diretta da Mussolini, ma satellite della Germania nazista.
Il 9 settembre 1943 fu costituito dai partiti antifascisti [16] il Comitato di Liberazione Nazionale (CLN), che organizzò la Resistenza al nazifascismo, nell'Italia occupata. I tedeschi il 13 settembre 1943 entrarono a Novara. Il 20 successivo Alberto Jacometti, assunto il nome di battaglia di Andrea, assieme al democristiano Carlo Torelli e al comunista Carlo Leonardi, fondò il CLN della provincia di Novara, di cui fece parte fino alla Liberazione. Furono inoltre da lui organizzati gruppi armati partigiani delle formazioni Matteotti e pubblicato il foglio clandestino Bandiera rossa.

Dopo la Liberazione divenne segretario della Federazione socialista, consigliere comunale di Novara (1946-1951) e direttore de Il Lavoratore, giornale della Federazione (1945-47) e poi del Sempre Avanti! di Torino (1947- 48).
Partecipò all'importante riunione del Consiglio Nazionale del PSIUP che si tenne dopo la Liberazione, dal 29 luglio al 1°agosto 1945, in cui si confrontarono una linea “unitaria”, risultata maggioritaria, a cui aderì Jacometti, che sosteneva l'esigenza dell'unità della classe operaia e quindi col PCI, e una posizione “autonomista” che sottolineava l'opportunità di un'iniziativa autonoma socialista, sostenuta dai gruppi di “Critica Sociale” e di ”Iniziativa Socialista”. Jacometti entrò nella nuova Direzione [17] e dunque nello scenario politico nazionale.
Partecipò infatti anche al XXIV congresso socialista, il primo dopo la Liberazione (Firenze, 11-16/4/1946), in cui continuò il confronto tra le due posizioni, che risultarono numericamente equilibrate e che perciò si concluse con un indispensabile compromesso (Pietro Nenni presidente e Ivan Matteo Lombardo segretario), visto l'approssimarsi delle votazioni per l'elezione dell'Assemblea Costituente e per il referendum istituzionale. Jacometti fu confermato nella Direzione [18].

Il 2 giugno 1946 fu tra i 115/556 eletti socialisti all'Assemblea Costituente: il gruppo più numeroso dopo quello democristiano. Il successivo 26 ottobre fu uno dei firmatari del nuovo Patto di unità d'azione fra PSIUP e PCI [19].
Le tensioni fra le due componenti del PSIUP erano però destinate ad aumentare, tanto che nel successivo congresso di Roma del gennaio 1947 l'ala “autonomista” guidata da Giuseppe Saragat lasciò il congresso e, riunitasi separatamente a Palazzo Barberini, l'11 gennaio 1947 fondò un nuovo partito, il PSLI [20].
Jacometti, benché di ascendenza riformista (PSU turatiano), rimase fedele al PSI, per cui tanto si era speso e di nuovo fu confermato nella Direzione [21]. Era ormai un dirigente di primo piano.
Il 21 ottobre dello stesso 1947 la scissione socialdemocratica di Saragat fu in parte compensata dalla confluenza nel PSI della maggioranza socialista del Partito d'Azione, guidata da Riccardo Lombardi, Francesco De Martino e Vittorio Foa [22].
Il XXVI congresso del PSI (Roma, 19-22/1/1948) fu chiamato a deliberare sul Fronte Democratico Popolare da costituire in vista delle prime elezioni politiche del secondo dopoguerra ed anche sulla possibilità di presentare una lista unica assieme al PCI.
La costituzione del Fronte fu approvata col 99,43 %, ma la lista unica ottenne solo il 66,8 % dei voti congressuali, essendosi dichiarata contraria la nuova corrente autonomista guidata da Giuseppe Romita. Jacometti, fautore del patto d'unità d'azione, si dichiarò decisamente a favore anche della lista unica del Fronte [23] e fu rieletto nella Direzione [24].
I risultati delle elezioni del 18 aprile 1948 gli diedero torto: il Fronte subì una netta flessione rispetto al risultato di PSI e PCI nel 1946 (dal 39,7 % da separati rispetto al 31 % della lista unica); il PSI ottenne solo 46 deputati rispetto ai 183 eletti dal Fronte. Egli stesso non fu eletto. L'ampiezza della sconfitta e lo sbandamento della base richiedevano una profonda riflessione.

Il congresso straordinario di Genova del 27-30 giugno 1948 si svolse su tre mozioni contrapposte: quella della “sinistra” (Nenni, Morandi), favorevole a continuare la precedente politica; essa pagò il prezzo della recente sconfitta elettorale, attribuita alla scarsa organizzazione del partito, ottenendo nel congresso solo il 31,50 %, perdendo così la maggioranza nel partito; la mozione “autonomista unificata” (Romita, Viglianesi), favorevole al riacquisto della piena autonomia del PSI e alla riunificazione socialista, che raccolse il 26,50 %; [25] la mozione centrista di “Riscossa Socialista” (Lombardi, Jacometti), favorevole al mantenimento del patto d'unità d'azione col PCI, ma non al Fronte, la quale, col 42 %, conseguì la maggioranza relativa e dovette assumersi l'onere di costituire da sola una nuova Direzione[26], con segretario del partito Alberto Jacometti e direttore dell'Avanti! Riccardo Lombardi.
La nuova Direzione, peraltro scarsamente omogenea, improntò la sua azione alla duplice esigenza di salvaguardare l'autonomia del partito [27] e nello stesso tempo la politica unitaria col PCI, ma dovette affrontare problemi assai difficili.

La lenta, ma costante, ripresa del PSI dopo lo smacco elettorale era, infatti, negativamente bilanciata dal frazionismo [28], coltivato sia dalla sinistra interna, votata a conservare la salda alleanza col PCI, che dalla destra romitiana , che mirava all'unificazione coi socialdemocratici nell'ambito del Comisco [29].
Mentre la guerra fredda fra il blocco occidentale, guidato dagli Usa, e quello orientale, guidato dall'URSS, dilagava nel mondo e penetrava anche nella politica interna degli Stati, la Direzione del PSI si schierò per la neutralità tra i blocchi di potenze, attirandosi le critiche non solo del PCI, ma anche della sinistra interna, maggioritaria nei gruppi parlamentari.
Sviluppo conseguenziale di tale politica sarà intanto il voto contrario all'ingresso dell'Italia nel Patto Atlantico. Gli attacchi non mancarono neanche da destra.

La nuova Direzione centrista, a differenza della sinistra di Nenni e Morandi, intendeva rimanere nel COMISCO, sia pure come minoranza critica. Ma lo scenario politico internazionale era cambiato e il COMISCO era ormai dominato dalla destra socialdemocratica internazionale, votata all'atlantismo e all'anticomunismo. Dunque esso rivolse al PSI un ultimatum: il PSI entro il maggio 1949 avrebbe dovuto rompere ogni legame col PCI o sarebbe stato fuori dell'organizzazione. Neanche la nuova Direzione centrista del PSI si sentì di accettare una simile ingerenza nella politica del partito e perciò la rottura divenne definitiva.

La mancanza di una solida maggioranza interna, la disastrosa situazione finanziaria del partito, con i non molti funzionari quasi tutti appartenenti alla sinistra, gli attacchi contrapposti della sinistra e della destra interne, il clima di spaccatura internazionale, lasciavano poco spazio al centrismo della Direzione, nonostante i suoi indubbi meriti, primo fra tutti quello di aver ridato vitalità e personalità al PSI. Non restava che appellarsi alla base.

Col XXVIII congresso del PSI (Firenze, 11-16/5/1949), finì la breve stagione centrista che, nonostante la grave situazione politica, organizzativa e finanziaria ereditata, aveva saputo rianimare il partito, costruito la posizione neutralista in politica estera, poi divenuta patrimonio di tutto il partito, tentato di conciliare i concetti di autonomia e di unità, cercando di distinguersi dalla socialdemocrazia, senza che il socialismo del PSI fosse assimilato al comunismo. La rottura col COMISCO divenne definitiva, il problema dell'unificazione venne accantonato e fu ricostituito il Comitato Centrale (81 membri).

Ancora una volta si fronteggiarono le tre anime del partito. La vittoria arrise alla corrente di sinistra che ottenne il 51,2 % e 41 membri del C.C. Anch'essa costituì una Direzione monocolore con Nenni segretario del partito, Morandi vicesegretario e Pertini direttore dell'Avanti! Rimarrà alla guida del partito per 10 anni, fino al 1957, in stretta alleanza col PCI negli enti locali, nella CGIL e in tutte le organizzazioni di massa. La mozione centrista “Per il partito e la classe” si fermò al 39,1 % ed ottenne 31 componenti del C.C., fra cui Alberto Jacometti e Riccardo Lombardi. La mozione della destra autonomista “Per il socialismo”, guidata da Giuseppe Romita, ottenne solo il 9,7 % e 9 componenti del C.C. Tuttavia essa, subito dopo la chiusura dei lavori, si dichiarò insoddisfatta degli esiti congressuali e ribadì di non voler rinunciare alla lotta per l'unità socialista nell'ambito del COMISCO, da cui il PSI si era tirato del tutto fuori; inoltre lanciò un appello per una Costituente Socialista e formò un “Comitato provvisorio degli autonomisti del PSI” [30]. La nuova Direzione del PSI non poté far altro che prendere atto che la corrente di destra si era posta fuori del partito (21-5-1949) [31].
Al PSI, falcidiato dalle scissioni [32], diede certamente una buona boccata d'ossigeno, il 20 novembre 1949, la confluenza nel suo seno del piccolo, ma vivace e battagliero Partito Socialista Sardo d'Azione (PSSd'Az), guidato da Emilio Lussu [33].

Dopo il congresso la sinistra e il centro socialista pian piano finirono per amalgamarsi e per appiattirsi nella politica unitaria col PCI, senza tuttavia mai perdere la loro natura socialista, classista e internazionalista, essendo il neutralismo ormai stato accettato da tutti e non avendo più il pungolo della destra autonomista. Cessarono le scissioni [34] e fu rafforzata l'organizzazione, sotto la guida di Rodolfo Morandi.

Jacometti scelse la difficile vita del funzionario, fu eletto consigliere comunale e concentrò la sua attività in sede locale: nel 1950 divenne segretario della Federazione di Novara e direttore del suo organo, il settimanale Il Lavoratore. Inoltre girava per le sezioni della provincia, si occupava dell'Istituto novarese di storia del movimento di Liberazione, da lui fondato, e della sezione dell'ANPI [35].

Intervenendo al congresso di Bologna (17-20/1/1951), Jacometti spiegò la raggiunta unità interna in quanto uomini che hanno potuto divergere in certi momenti sulla tattica, su valutazioni della situazione, hanno sentito e sentono che la strada è solo una, quella degli interessi dell'umanità; per questo noi possiamo dire senza tema di sbagliare che il socialismo oggi è in questa sala e che chi non è qui oggi non è socialista. [36]

Il XXX congresso del PSI (Milano, 8-11/1/1953) ebbe come parola d'ordine l'Alternativa socialista e si svolse mentre in Parlamento le sinistre organizzavano l'ostruzionismo contro la cosiddetta “legge-truffa”, voluta dalla maggioranza governativa. Così Jacometti concluse il suo intervento:
Al nostro partito, che negli ultimi due anni ha esercitato un peso determinante nella vita italiana per la concretezza delle soluzioni che ha saputo indicare, spetta oggi anche il compito di affrontare, ricco delle sue tradizioni, il problema della gioventù italiana, la quale vuole battersi per le grandi e nobili idee di giustizia e di democrazia di cui i socialisti sono portatori da oltre mezzo secolo. [37]

Il 7 giugno 1953 Alberto Jacometti poté rientrare a Montecitorio [38]. Sarà riconfermato anche nel 1958 e nel 1963 [39].
In tutti questi anni vide sfilare davanti a sé le vicende più significative della battaglia socialista: il dialogo coi cattolici (1955), la destalinizzazione, la rivoluzione ungherese (1956), lo storico congresso di Venezia e il distacco dal PCI (1957), la costituzione dell'ARCI (1957) [40]...
E intanto teneva comizi in tutta l'Italia, con particolare predilezione per il Meridione e scriveva, rivelandosi autore di notevole spessore [41]. Il successivo congresso di Napoli (15-18/1/1959) pose fine all'unanimismo del decennio precedente e il PSI si divise in tre correnti: “Autonomia”, guidata da Nenni, che vinse il congresso col 58,30 %, ottenendo perciò la maggioranza nel C.C.; “Sinistra” con leader Tullio Vecchietti (32,65 %) e Alternativa democratica di Lelio Basso (8,73 %). Alberto Jacometti, che si era schierato con la corrente autonomista, fu rieletto nel C.C. e poi anche nella nuova Direzione [42].
Nel suo intervento egli dichiarò di avere aderito, dopo non essere riuscito ad evitare la divisione in correnti, alla mozione Nenni, perché offriva una prospettiva dinamica alla classe operaia. Il congresso di Milano (16-18/3/1961) registrò le medesime posizioni del precedente, ma con una novità: la Direzione che ne venne fuori non era più monocolore ma composta da tutte le correnti [43]. Jacometti fu riconfermato nel C.C., ma non nella Direzione. Nel suo intervento congressuale esordì disegnando un quadro efficacissimo della natura e delle finalità del PSI:
Il Psi si richiama a tre postulati fondamentali e irriducibili: è un partito classista, internazionalista e democratico. Questi punti lo caratterizzano in forma originale rispetto a qualsiasi altra formazione politica e in particolare nei confronti della socialdemocrazia. Mentre infatti la socialdemocrazia accetta le strutture tipiche della società capitalistica, il PSI si batte per una modificazione rivoluzionaria della società italiana.
L'obbiettivo attuale che si ispira a questi principi è la sostituzione di un governo orientato dalle forze economiche conservatrici con uno con uno che abbia come bussola l'interesse del popolo lavoratore [44].

Intanto, a partire dalla formazione di varie giunte di centro-sinistra in diverse realtà locali, la situazione politica si evolveva verso un governo di centro-sinistra organico fra il PSI, la DC [45] e i partiti laici (PSDI, PRI). Nel correntone autonomista emergevano tuttavia delle differenziazioni non secondarie: intorno alla figura di Riccardo Lombardi si stava coagulando un gruppo, di cui facevano parte, fra gli altri, Alberto Jacometti, Fernando Santi e Tristano Codignola, che respingeva una visione riduttivamente empirica delle riforme da farsi, elaborando, invece, una strategia originale di più ampio respiro, quella delle riforme di struttura, allo scopo di trasformare, gradualmente e con sistemi democratici, la società italiana da capitalistica a socialista. La differenziazione emerse esplicitamente nella notte di S. Gregorio (16-17/6/1963), quando il disaccordo del gruppo lombardiano del C.C. impedì la ratifica degli accordi con la DC, conclusi dal segretario Nenni.

Il 35° congresso del PSI (Roma, 25-29/10/1963) registrò la ricomposizione della corrente autonomista, che ottenne il 57,42 % dei consensi e 59 seggi sui 101 del C.C. (di cui 15 “gregoriani”), rispetto alle minoranze di sinistra, ormai unificate, che ottennero il 39,9 % e 40 componenti del C.C. [46] La strada per il centro-sinistra “organico” era aperta. Jacometti stavolta non entrò nel Comitato Centrale, ma gli fu assegnato un ruolo prestigioso, quello di Presidente dei Probiviri [47]. Nel suo intervento egli aveva lucidamente individuato un fenomeno nuovo, destinato ad aggravarsi, che si aggiungeva alle antiche carenze organizzative:
A queste gravi carenze si è aggiunta la cristallizzazione delle correnti che ha reso cadaverica la vita di base in un'assurda concezione della disciplina di corrente. Il pensiero del partito viene elaborato nei chiusi sinedri delle sedi delle correnti; l'unità stessa del partito è parsa più volte in pericolo; le possibilità operative sono state gravemente compromesse dalla somma di energie, denaro, possibilità culturali spese nelle lotte interne. Il PSI è un partito che assume responsabilità di governo anche se non vi entra: bisogna chiedersi se, di fronte alla vastità e complessità dei problemi italiani, il partito sia pari al suo compito [48].

Il governo di centro-sinistra fu costituito alla fine del 1963, con Nenni Vicepresidente del Consiglio, che perciò lasciò la segreteria del partito a Francesco De Martino. La rottura con la ”sinistra” interna avvenne quando 25 deputati (17-12-1963) e poi 13 senatori (21-12-1963) non parteciparono al voto di fiducia al nuovo governo. Quei parlamentari furono deferiti ai probiviri e sospesi [49]: la scissione divenne allora ineluttabile.
Il 10-11 gennaio 1964 fu proclamata la nascita di un nuovo partito socialista, che assunse la denominazione di Partito Socialista Italiano di Unità Proletaria (PSIUP, da non confondere con quello del 1943-47), con presidente Lelio Basso, segretario Tullio Vecchietti e vicesegretario Dario Valori [50].
Dopo la scissione a sinistra, si aprì la strada della riunificazione col PSDI, che avvenne con la Costituente Socialista del 30 giugno 1966, da cui nacque un partito bicefalo perfino nel nome: PSI-PSDI Unificati.
Un anno dopo (7-7-1967) Jacometti venne nominato presidente della Società Editrice Avanti, che si rivelò afflitta da una profonda crisi di vendite e di iniziative. Jacometti tentò di risollevarne le sorti, ma dopo pochi mesi (novembre 1967), visto il generale disinteresse, si dimise.
I risultati delle elezioni del 1968 furono negativi sia per lui, che non fu rieletto, che per il partito, da cui l'anno dopo uscirono i socialdemocratici, replicando la scissione del 1947, sebbene in tono decisamente minore.
La nuova linea politica del PSI di De Martino, detta degli equilibri più avanzati, fu vanificata dal dialogo diretto fra la DC e il PCI che si aprí col compromesso storico (1973).
Il negativo risultato delle elezioni politiche del 1976 (9,64 %) portò alla guida del partito la generazione dei quarantenni, con Bettino Craxi alla segreteria. L'iniziativa socialista venne rilanciata e il PSI riacquistò l'orgoglio dell'identità socialista. Un socialista salì al Quirinale [51] e un altro a Palazzo Chigi [52]. I voti aumentarono e il potere anche.

Ma cambiò anche il modo di fare politica, si fece strada la politica-spettacolo, la personalizzazione della politica, il decisionismo, la grinta nei rapporti politici, mentre si trasformava anche la base sociale del partito, con l'ingresso di settori del ceto medio attirati dal crescente potere.
Jacometti cominciò a sentirsi sempre più a disagio nel partito, ormai assai diverso da quello per cui tanto egli aveva combattuto, e anche per i metodi di gestione interni, spesso condizionati dai cosiddetti signori delle tessere.
Il congresso di Verona (11-16/5/1984) confermò Craxi segretario per acclamazione e al posto del Comitato Centrale elesse un'Assemblea Nazionale di 400 membri, in cui fu inserito anche Alberto Jacometti. Il quale, però, rimase in forte dissenso con la linea politica craxiana.

Il vecchio socialista, il partigiano che aveva partecipato alla Resistenza ininterrottamente, dal primo all'ultimo giorno, si spense il 10 gennaio 1985.
Scrisse di lui il grande storico socialista Gaetano Arfè: Sapeva di appartenere a un passato ormai irrevocabile. Ma sapeva anche che quel passato aveva prodotto valori nella loro sostanza ideali e perenni e ha operato fino all'ultimo perché essi non fossero espunti dal patrimonio ideale e morale del socialismo italiano.[53]

  1. In seguito ai risultati del congresso di Roma del 1-4 ottobre 1922 che aveva assegnato la vittoria ai massimalisti di Serrati, i riformisti, espulsi dal PSI, si riunirono a parte e fondarono un loro partito, il PSU, la cui direzione era così composta: Gino Baldesi, Nullo Baldini, Giuseppe Canepa, Francesco Flora, G. Emanuele Modigliani, Ferdinando Targetti, Claudio Treves, Filippo Turati, Antonio Greppi, in rappresentanza dei giovani, con segretario Giacomo Matteotti e vicesegretario Emilio Zannerini. Suo organo La Giustizia, con direttore Claudio Treves
  2. Giuseppe Bonfantini (1877-1955), docente di matematica, aderì al PSI nel 1895. Dopo essere stato vicesindaco, il 26-8-1915 fu eletto sindaco di Novara , confermato nel 1920, ma nel 1922 defenestrato per intimazione dei fascisti. Nel 1924 aderì al PSU. Perseguitato durante il fascismo, nel 1947 aderì alla scissione di Saragat che diede vita al PSLI. E successivamente a Unità Popolare di Codignola e Parri.
  3. Ugo Porzio Giovanola (1889-1949) fu segretario della sezione del PSU di Novara. Attivo antifascista, dopo la Liberazione fu sindaco socialista di Novara dal 1947 al 1949.
  4. Corrado Bonfantini (1909-1989) durante la Resistenza sarà il comandante delle formazioni partigiane “Matteotti”.
  5. Filippo Amedeo (1891-1946), socialista massimalista, fu eletto deputato nel 1921 e nel 1924. Nel 1925 si schierò con Nenni, fautore del rientro nel PSI dei riformisti, dopo lo scioglimento del loro partito (PSU) in seguito all'attentato Zaniboni. Anche in esilio a Marsiglia fu con Nenni per la fusione fra i due tronconi socialisti, poi avvenuta nel 1930. Nel 1946 sarà eletto per il PSIUP all'Assemblea Costituente.
  6. In seguito al fallito attentato (4-11-1925) del socialista unitario Tito Zaniboni contro Mussolini, il PSU era stato il primo partito ad essere sciolto (6-11-1925). Il 29-11-1925 rinacque come Partito Socialista dei Lavoratori Italiani (PSLI). Emigrato successivamente in Francia, esso si ricostituì con la denominazione di Partito Socialista Unitario dei Lavoratori Italiani (PSULI). Nel 1930 si fonderà con i massimalisti del PSI di Nenni formando il PSI/IOS.
  7. In Belgio sin dal 1927 sia il PSI che il PSULI erano riusciti a organizzare propri gruppi, relativamente poco numerosi. La Federazione socialista italiana del Belgio diventerà più consistente con l'unificazione socialista del 1930.
  8. I due si sposeranno in Belgio e avranno le figlie Mirella e Ughetta.
  9. Nello stesso anno si ebbe lo scioglimento della "Concentrazione antifascista“ (maggio 1934), la creazione del Centro Interno Socialista (CIS), diretto da Rodolfo Morandi (estate 1934), e il Patto di unità d'azione tra il PSI/IOS e il PCdI (17-8-1934).
  10. La nuova “Carta d'unità d'azione” fu siglata da Nenni e Saragat il 26-7-1937.
  11. L'Unione Popolare italiana (UPI) era stata costituita dai comunisti a Lione nel 1937, come ufficialmente autonoma dai partiti, ma largamente influenzata dal PCdI, che aveva anche assunto la gestione del suo settimanale La voce degli italiani. Molti socialisti temevano che il PCdI ne volesse fare una “cinghia di trasmissione”. Tuttavia il PSI vi aderì il 28-7-1937.
  12. Fu occupata dai nazisti anche la sede centrale dell'IOS a Bruxelles, presso cui Jacometti era delegato del PSI/IOS, la quale pertanto di fatto interruppe la sua attività.
  13. G. E. Modigliani (1872-1947), avvocato (rappresentò la parte civile nel processo per l'omicidio di Matteotti), più volte deputato ed esponente socialista di primo piano.
  14. Polizia politica nazista.
  15. La riunione ebbe luogo in casa di Oreste Lizzadri il 22 e 23 agosto. Vi fu deliberata la fusione tra il PSI, il Movimento di Unità Proletaria (MUP) e Unità Proletaria (UP). Il partito unificato prese il nome di Partito Socialista Italiano di Unità Proletaria (PSIUP), la cui Direzione risultò così composta: Pietro Nenni (segretario), Sandro Pertini (vicesegretario), Giuseppe Saragat, Rodolfo Morandi, Bruno Buozzi, Emilio Canevari, Giuseppe Romita, Oreste Lizzadri, Nicola Perrotta. Marcello Cirenei, Vannuccio Taralli, Filippo Acciarini, Carmine Mancinelli (ex PSI); Lelio Basso, Carlo Andreoni (vicesegretario), Lucio Luzzatto, Corrado Bonfantini, Roberto Verari, Gianguido Borghese (ex MUP); Giuliano Vassalli, Mario Zagari, Vezio Crisafulli, Tullio Vecchietti (ex UP).
  16. PCI, PSIUP, Partito d'Azione (Pd'Az), Democrazia del Lavoro (DL), Democrazia Cristiana (DC), Partito Liberale Italiano (PLI).
  17. La Direzione risultò così composta: Lelio Basso, Luigi Cacciatore, Giuseppe Faravelli, Alberto Jacometti, Oreste Lizzadri, Foscolo Lombardi, Virgilio Luisetti, Carmine Mancinelli, Lina Merlin, Rodolfo Morandi, Pietro Nenni (segretario generale), Sandro Pertini (segretario), Giuseppe Saragat, Ignazio Silone, Olindo Vernocchi. Con voto consultivo il direttore dell'Avanti! Guido Mazzali.
  18. Nella nuova Direzione vennero eletti: Lelio Basso, Luigi Cacciatore, Luigi Chignoli, Alberto Jacometti, Foscolo Lombardi, Ivan Matteo Lombardo, Rodolfo Morandi, Pietro Nenni, Sandro Pertini, Giuseppe Saragat, Ignazio Silone, Alberto Simonini, Aldo Valcarenghi, Mario Zagari, Lina Merlin (per le donne), Matteo Matteotti (per i giovani) Oreste Lizzadri (per i sindacalisti).
  19. Per il PSIUP firmarono Pietro Nenni, Ivan Matteo Lombardo, Sandro Pertini, Giuseppe Saragat, Alberto Jacometti e Foscolo Lombardi; per il PCI Palmiro Togliatti, Luigi Longo e Mauro Scoccimarro.
  20. Il partito fondato da Saragat e dalla maggioranza delle correnti socialiste di „Critica Sociale“ e di „Iniziativa Socialista“ prese il nome di Partito Socialista dei Lavoratori Italiani (PSLI) e successivamente di Partito Socialista Democratico Italiano (PSDI). Nello stesso tempo il PSIUP, su proposta di Olindo Vernocchi, riprese il nome classico di PSI.
  21. Lelio Basso (segretario), Gaetano Bertelli, Agatino Bonfiglio, Amerigo Bottai, Luigi Cacciatore, Vannuccio Faralli, Michele Giua, Alberto Jacometti, Foscolo Lombardi, Cesare Lombroso, Lucio Luzzatto, Oreste Lizzadri, Giacomo Mancini, Lina Merlin, Rodolfo Morandi, Pietro Nenni, Nicola Perrotti, Giuseppe Romita, Piero Rossi, Renato Sansone, Giusto Tolloy.
  22. La minoranza azionista (Tristano Codignola, Piero Calamandrei, Aldo Garosci, Paolo Vittorelli) costituì invece il "Movimento d'Azione Socialista Giustizia e Libertà“.
  23. Avanti! 23-1-1948
  24. Lelio Basso (segretario), Lucio Luzzatto (vicesegretario), Pietro Nenni (direttore dell'Avanti!), Amerigo Bottai, Guido Bernardi, Luigi Cacciatore, Giuseppe Casadei, Laura Conti, Vannuccio Taralli, Michele Giuia, Alberto Jacometti, Foscolo Lombardi, Riccardo Lombardi, Cesare Lombroso, Giacomo Mancini, Rodolfo Morandi, Nicola Perrotti, Luigi Renato Sansone, Fernando Santi, Augusto Talamona, Tullio Vecchietti.
  25. Il 7-2-1948 il gruppo di estrema destra guidato dall'ex segretario Ivan Matteo lombardo aveva lasciato il PSI, per costituire, assieme a “Europa Socialista” di Ignazio Silone e agli ex azionisti che non erano confluiti nel PSI, guidati da Tristano Codignola, un nuovo soggetto politico denominato Unione dei Socialisti (UDS). Quest'ultima, in occasione delle elezioni politiche del 18-4-1948, aveva concluso un accordo col PSLI di Saragat, con cui aveva costituito un cartello elettorale, detto Unità Socialista, il quale, nelle politiche del 18-4-1948, aveva avuto una buona affermazione (7,1 % e 33 deputati).
  26. La nuova Direzione risultò così composta: Pietro Adinolfi, Felice Barbano, Ugo Bellanca, Gian Guido Borghese, Renato Carli-Ballola (storico, autore, fra l'altro, di una pregevole Storia della Resistenza), Eugenio Dugoni, Andrea Fabbricotti, Giosuè Fiorentino, Vittorio Foa, Alberto Jacometti (segretario), Riccardo Lombardi (direttore dell'Avanti!), Cesare Lombroso, Giuseppe Lupis, Nicola Manno, Carlo Matteotti (vicesegretario), Fausto Nitti, Nicola Palaja, Gavino Perantoni, Nicola Perrotti, Giovanni Pieraccini, Fernando Santi.
  27. Il Fronte venne sciolto l'11-8-1948.
  28. Nenni aveva fondato la rivista Mondo Operaio e Romita Panorama Socialista.
  29. Il Comitato della Conferenza Internazionale Socialista (COMISCO), di cui il PSI faceva parte (ma non il PSLI) era stato fondato nel novembre 1946 ed era una forma embrionale di organizzazione dei partiti socialisti dopo la seconda guerra mondiale.
  30. Fra i componenti del Comitato figuravano i nomi di Giuseppe Romita, Flavio Orlandi (futuro segretario del PSDI) e dei sindacalisti Enzo Dalla Chiesa e Italo Viglianesi (futuro segretario della UIL).
  31. La corrente successivamente si costituì in Movimento Socialista Autonomo (MSA), che in seguito si fuse con l'UdS, guidata da Ignazio Silone e con Unità Socialista, corrente di sinistra del PSLI guidata da Ugo Guido Mondolfo, dando vita al Partito Socialista Unitario (PSU). Quest'ultimo nel 1951 si fonderà col PSLI, formando il Partito Socialista-Sezione Italiana dell'Internazionale Socialista (PS-SIIS), che successivamente assumerà la denominazione definitiva di Partito Socialista Democratico Italiano (PSDI).
  32. Dagli 860.000 iscritti del 1946 era passato ai 430.000 del 1949.
  33. Emilio Lussu (1890-1975), avvocato, decorato al valor militare, fu fondatore, assieme a Carlo Rosselli, del movimento "Giustizia e Libertà“; fervente antifascista, confinato, esiliato, combattente di Spagna, membro della Costituente, deputato, senatore, ministro, fu anche autore di due autentici capolavori della letteratura italiana: Marcia su Roma e dintorni (1932) e Un anno sull'altipiano (1938).
  34. Uniche eccezioni il passaggio, nel gennaio 1951, di Giuseppe Lupis al PSU di Romita e la fuoruscita dal PSI , l'11-5-1951, dell'ex vicesegretario Carlo Matteotti, che passò al PSSIIS.
  35. In questo periodo gli nacque la seconda figlia, Ughetta.
  36. In Avanti! 20-1-1951.
  37. In Avanti! 10-1-1953.
  38. Fu eletto nella circoscrizione Torino-Novara-Vercelli. Il PSI, in netta ripresa (12,7 %), passò da 46 a 75 seggi.
  39. Jacometti, sempre eletto nella circoscrizione di Torino, fu deputato dal 25-6-1953 al 4-6-1968.
  40. L'Associazione Ricreativa Culturale Italiana (ARCI), avente come finalità l'organizzazione del tempo libero, fu fondata a Firenze il 26-5-1957. Jacometti ne fu il primo presidente.
  41. Di Jacometti scrittore ricordiamo: Le origini del fascismo,1938; La riforma agraria, 1945; Ventotene,1946; Quando la storia macina. Quindici anni di esilio,1952; Uomini (e donne) al bivio,1954; Il filo di Arianna. Ricordi di un uomo politico,1957; L'ARCI, il circolo, il tempo libero,1959; Mia madre,1960; Il tempo libero ed i lavoratori,1960; Donna in piedi,1964; L'uomo e il Centenario della nascita di Giuseppe Masserenti (1867-1967),1967.
  42. La Direzione, interamente autonomista, era così composta: Pietro Nenni (segretario), Tullia Carrettoni, Venerio Cattani, Achille Corona, Francesco De Martino (vicesegretario), Luciano De Pascalis (segretario amministrativo), Alberto Jacometti, Riccardo Lombardi, Giacomo Mancini, Guido Mazzali, Luciano Paolicchi, Giovanni Pieraccini (direttore dell'Avanti!), Aldo Venturini.
  43. Autonomia, vincitrice ottenne il 55,09 % e 45/81 posti nel C.C., Sinistra 35,04 % e 29 seggi, Alternativa 6,88 % e 6 componenti del C.C.. Un seggio andó alla „Lettera di Pertini“ (1,1 %).
  44. Avanti! 18-3-1961.
  45. Nel congresso della DC del gennaio 1962 era prevalsa la linea di Aldo Moro dell'apertura a sinistra.
  46. Al congresso fu presentata anche una mozione di Sandro Pertini "Per l'Unità del Partito“, che ottenne il 2,18 % e 2 componenti del C.C.
  47. I componenti del Collegio (la „magistratura“ del partito) erano: Alberto Jacometti (presidente), Toni Azzo, Ottavio Bigiaretti, Salvatore Cuneo, Armando Ferraresi, Gino Luppi, Benito Maffei, Vittorio Martuscelli, Vincenzo Renta, Lello Teodori, Giancarlo Vicinelli.
  48. Avanti! 28-10-1963.
  49. L'ingrato compito toccò ad uno dei socialisti più unitari: Alberto Jacometti, come presidente dei probiviri!
  50. Sulla breve vicenda del PSIUP esiste una buona letteratura: Silvano Miniati PSIUP 1964-1972 Edimez, 1981; Aldo Agosti Il partito provvisorio. Storia del PSIUP nel lungo Sessantotto italiano, Laterza, 2013; Enrico Baiardo Il socialismo in movimento. Il PSIUP e la sinistra degli anni Sessanta, Erga, 2013; Anna Celadin Mondo nuovo e le origini del PSIUP. La vicenda socialista dal 1963 al 1967, Ediesse, 2006; Giuseppe Micciché Parabola di un partito. Il PSIUP in terra iblea (1964-1972), Ragusa, 2013.
  51. Sandro Pertini, che fu Presidente della Repubblica dal 9-7-1978 al 29-6-1985.
  52. Bettino Craxi, che fu Presidente del Consiglio dal 4-8-1983 al 18-4-1987.
  53. In Avanti! dell'11-1-1985.





Fonte: di Ferdinando Leonzio
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L'AVVENIRE DEI LAVORATORI
Periodico socialista fondato 1897.
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IL PONTE RIVISTA
Rivista di politica economica e cultura
fondata da Calamandrei
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CRITICA LIBERALE - NON MOLLARE
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Quindicinale on line di Critica Liberale,
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