26 Aprile 2024

"SPRAZZI DI ‘TRASFORMISMO’ E PRESSAPOCHISMO:
‘referendum’, ‘trionfi’, ‘proroghe’, ‘verbali segreti’, ‘banchi singoli’,
Open Arms’, ‘alleanze strategiche’.

In questa estate dell'era Covid si è rappresentato un nuovo atto del dramma farsesco il cui prologo si era avuto con l'incestuosa alleanza salvifica PD-5S. Un incesto reso evidentissimo dal fatto che il PD – dopo non aver votato nelle prime tre letture parlamentari la riforma costituzionale di riduzione del numero dei deputati e dei senatori, proposta e approvata da 5S e Lega –in quarta lettura la votò dimenticando le ragioni serie e gravi con le quali l'aveva osteggiato fortemente per favorire, come affermato dai suoi massimi dirigenti, l'accordo di governo con i 5S: Parigi val bene una Messa!
Nessuna meraviglia: le costituzioni sono state sempre modificate (e violentate) da chi vuole andare al governo e consolidare il proprio potere.
A cose fatte, nel PD si è aperto, alla fine di agosto, un dibattito surreale e tardivo sulla posizione da prendere nel referendum del 20 settembre: il segretario Zingaretti ha avuto il suo bel da fare per motivare, davanti alla Direzione del suo partito del 7 settembre, la sua proposta, ‘sofferta', di votare si alla riforma e non ha trovato nulla di meglio che lanciare ai 5S un ultimatum sul MES e uno slogan trito e ritrito: Avanti con le riforme!
Gianni Cuperlo – e qualche altro – ha annunciato il suo voto contrario: però non è bastato a impedire la vittoria dei riduzionisti nel referendum.
Ma perché, in Parlamento, Cuperlo approvò quella riforma? La sua giustificazione, nonostante i sofisticati arzigogoli, è aria fritta che puzza di strumentalizzazione della costituzione, puzza di trasformismo sia pure di sinistra: «Secondo molti, andare nel 2019 alle urne avrebbe consegnato il paese a una destra reazionaria ... Un incubo. Si è scelta così la via della difesa della democrazia e il 5 settembre un altro esecutivo giurava ... L'accordo muoveva da una premessa giudicata dai 5 Stelle pregiudiziale, il varo della riforma costituzionale ... senza quel presupposto ogni ipotesi di alleanza si spegneva prima di nascere. Da lì, con una scelta responsabile, il nostro disco verde a un cambio di posizione».
Insomma, il PD naufragato nelle elezioni del marzo 2018 si imbarcò su una sorta di nave ONG dei 5S – mandata in soccorso da alte e sagge strategie – la quale, più che salvare il paese dal naufragio, sbarcò il povero naufrago nel porto sicuro del potere.
Quest'estate s'è vista una nuova scena di questa ‘pièce': il trionfo tributato dalla Camera dei Deputati al capo del governo, il ‘proattivo' Conte, al ritorno da Bruxelles il 22 di Luglio; un trionfo senza eguali nella storia repubblicana: i suoi ministri l'hanno lasciato solo, sugli scranni del governo, per poterlo applaudire dall'aula insieme con gli esagitati della maggioranza e con qualcuno dell'opposizione. Sono immagini da non dimenticare; immagini ‘d'altri tempi', non lontanissimi: naturalmente nella dovuta proporzione.
Bisogna dare atto, comunque, che l'UE – forse anche per merito di Conte: o della Merkel? – ha messo in movimento ingenti capitali e che, date le remore italiane ad avvalersi del MES per le note, temute, ‘condizionalità' – non si capisce perché non si dica ‘condizioni' – ha voluto largheggiare con il nostro paese per addolcirci la pillola delle ‘condizionalità' ancora più stringenti che ci saranno poste sia per il ‘fondo perduto' che per il prestito. Diciamo la verità, sono ‘condizionalità' benvenute perché la linea in atto seguita dal nostro governo è, soprattutto quella dell'aumento esponenziale della spesa improduttiva e del debito crescente – anche se in certa misura giustificata dall' emergenza (ma fino a che punto, fino a quando e come?) per la necessaria assistenza a lavoratori e imprese danneggiati dal ‘lockdown' – mentre non si vede alcun disegno strategico se non lo statalismo.
La seconda scena è stata la proroga fino al 15 ottobre dello stato d'emergenza, proclamato a causa della pandemia nel gennaio scorso, con il fine, s'è detto, di predisporsi a fronteggiare eventuali aggravamenti della situazione sanitaria; ora, non v'è dubbio che il governo abbia forzato l'attuale situazione per altri scopi, uno dei quali, forse, è stato quello di esercitare una certa pressione sull'opinione pubblica in vista delle elezioni e del referendum del 20 settembre. Infatti, dal momento che, qualora ve ne fosse bisogno, lo stato d'emergenza si può decretare in un minuto, non si spiegano diversamente questo attaccamento ai dpcm e il ricorso che il governo – sostenendo che «la conoscenza dei verbali del C.T.S. … comporterebbe danno concreto all'ordine pubblico e alla sicurezza in relazione sia alle decisioni che agl'indirizzi generali dell'organo tecnico» – ha fatto d'urgenza al Consiglio di Stato contro la decisione del TAR di rendere pubblici i documenti del Comitato tecnico scientifico, che furono secretati come se si trattasse di piani militari; eppure, dopo aver firmato il ricorso al CdS, Conte ha avuto la faccia tosta di negare, ancora il 9 settembre, che il governo abbia secretato o reso inaccessibili – che è la stessa cosa – quegli atti: forse pensa che abbiamo memoria corta o l'anello al naso!
Cosa ci potesse essere di segreto in tali verbali non è dato sapere. Forse possiamo pensare – ora che ne abbiamo appreso il contenuto dopo che il governo ha fatto marcia indietro rispetto al ricorso al Consiglio di Stato – che si volesse mantenere nell'ombra l'inazione del governo che, decretato a gennaio lo stato d'emergenza, non fece più nulla per farvi fronte e aspettò che scoppiasse l'epidemia per cominciare a ordinare le ‘mascherine': un'inazione da ‘stato confusionale' visto che il governo non fece nulla ad Alzano Lombardo e a Nembro, anzi ignorò lo studio presentato da Merler il 12 febbraio, e ora rivelato da ‘Repubblica', che prevedeva i probabili e imminenti scenari epidemici e suggeriva le misure necessarie.
A proposito dei verbali secretati e della mancata ‘zona rossa' di Alzano Lombardo: il presidente Conte, dopo aver detto di aver conosciuto solo il 5 marzo i verbali della seduta tenuta dal CTS il 3 marzo – ma dov'era Conte? Anche se fosse stato in Siberia, non avrebbe dovuto seguire, minuto per minuto, le valutazioni del suo ‘stato maggiore' che, del resto, egli ha detto di avere preso come base di tutti i suoi dpcm di marzo e aprile? – ha orgogliosamente aggiunto di assumersi ‘tutta la responsabilità politica' di quanto deciso e accaduto.
Certo, un'assunzione di responsabilità oltre che doverosa anche inevitabile ma temo che non significhi ammissione di errore e delle conseguenze che dovrebbero essere tratte; piuttosto ricorda un'altra assunzione di responsabilità politica, morale, storica, davanti alla Camera dei Deputati, il 3 gennaio 1925.
Aggiungo che, chiuse le scuole a marzo – si ricordi che il governo impugnò la delibera della Regione Marche che aveva chiuso le scuole la settimana prima – e deciso ad aprile che si sarebbero riaperte solo a settembre per poterlo fare in piena sicurezza, il governo (non la sola, ‘povera', ‘ministra' Azzolina né il solo, ‘grigio', Commissario Arcuri) ha atteso fino a metà luglio per bandire la gara per la fornitura, entro il 31 agosto, di 3 milioni di banchi singoli che dovrebbero garantire tale sicurezza: si è sentito rispondere che l'industria nazionale non è in grado di fornire questo materiale se non in 5 anni. Scaduto il bando, il governo ha messo le mani avanti spostando il termine di consegna al 31 ottobre e suggerendo di utilizzare i vecchi banchi (doppi) come singoli: insomma, come per le camere d'albero, ‘doppia uso singola'.
E le aule? A parte l'appropriazione di quelle delle scuole paritarie, adombrata dalla Azzolina, il governo e il Cts, di fronte all'anelasticità di esse, hanno salomonicamente statuito che, “se non c'è spazio, il metro di distanza non sia obbligatorio per i primi mesi” e che si usi sempre la mascherina, anche nelle lunghe ore in cui gl'insegnanti dovrebbero farsi sentire dagli alunni distanziati opportunamente. La stessa cosa può dirsi dei trasporti: anziché provvedere per tempo ad aumentarne la capacità, si è deciso, sempre con la benedizione del Cts, di diminuire la distanza di sicurezza tra i passeggeri, che non sarà più di 1 metro bensì di 75 centimetri sì da stiparne non più al 50% della capacità dei bus e dei treni bensì all'80%. Anche qui Salomone insegna.
Ma, ancora il 9 settembre, abbiamo sentito il presidente Conte dire che «il governo ha fatto il massimo per garantire la sicurezza dei nostri ragazzi e ragazze»: si deve dedurre che egli ha una concezione minimalista sia del ‘massimo' che della ‘sicurezza'. Dunque, non bastava che il governo dicesse ogni giorno che la riapertura delle scuole è una ‘priorità; bisognava che esso risolvesse, ‘prioritariamente', tutti i problemi e le possibili incognite che gli erano davanti: c'era tutto il tempo.
Appena approvata la proroga dello stato d'emergenza, il Parlamento ha placato la sua sete di giustizia autorizzando il rinvio a giudizio di Matteo Salvini, reo di aver lasciato in mare, per due settimane, la nave della ‘Open Arms' e di aver sequestrato i migranti da essa raccolti e poi fatti sbarcare in Sicilia su ordine del solito Patronaggio, P.M di Agrigento, per imporre all'Italia di accettarli sul proprio territorio.
La richiesta della magistratura di processare il solo Salvini e non anche i suoi complici è, ancora questa volta, assai sospetta: ma ancor più lo è il voto della maggioranza giustizialista del Senato – grillini, pdini, renziani, uniti da un oscuro dna quasi ‘peronista' – che ha fatto strame del precedente della nave ‘Diciotti' e ha replicato il voto sulla nave ‘Gregoretti' decretando l'assoluta estraneità degli altri membri del governo: certo, gl'ineffabili Conte e Di Maio non ne sapevano nulla. Sono stati lasciati fuori anche gli esecutori materiali del sequestro, dal capo della polizia fino al comandante della nave e al nostromo: ma Norimberga ha insegnato che chi esegue un ordine illegittimo si rende complice del delitto conseguente, in questo caso del sequestro di così tante persone, di una vera Auschwitz! Quasi quasi c'è da rivalutare Carola che, per non eseguire un ordine illegittimo, è entrata nel porto di Lampedusa speronando l'imbarcazione della Guardia di Finanza!
Il nemico del popolo è stato individuato e, nella speranza di quella maggioranza, fatto fuori nello stile dei ‘descamisados' per farne, giusta legge Severino, un ‘desaparecido': e Zingaretti, leader del PD, nella foga elettorale ha aggiunto un'altra grave accusa – sebbene del tutto ipotetica, fantapolitica, vyšinskijana – dicendo che «se Salvini fosse stato al governo avrebbe provocato un'ecatombe col Covid». Purtroppo, hanno dovuto rinviare il tutto dal 4 luglio al 3 ottobre: infatti, hanno pensato che convenisse fare rinviare la prima udienza del processo a dopo le elezioni regionali. La stessa convenienza il governo cerca di lucrare rinviando a dopo le elezioni la decisione sul MES e sui decreti ‘sicurezza': ‘passata la festa, gabbatu lu santu'.
A proposito di migranti, il ministro Boccia (PD) ha conquistato la palma dell'impudenza accusando il presidente della Regione siciliana, che aveva ordinato la chiusura degli hotspot, divenuti veri e propri focolai della pandemia in corso, di essere antitaliano perché la competenza in materia è dello stato: ‘zitto e mosca'! La palma va però, a pari merito, anche a Faraone, italiano vivo, il quale ha presentato – guarda caso proprio alla Procura di Agrigento – un esposto contro Musumeci accusandolo, con argomentazioni misere e miserabili, di diffamazione e procurato allarme.
L'ultima scena, ancora sul palcoscenico, è quella della riforma della legge elettorale: PD e 5S hanno abbandonato la vocazione maggioritaria veltroniana-renziana-grillina: ciò però non sembra segno di un maggiore rispetto per la democrazia e per le minoranze perché temo che, se fossero sicuri di vincere, non esiterebbero ad approvare anche la legge Acerbo. Il loro scopo, infatti, è unicamente quello di usare il grimaldello della proporzionale per impedire la vittoria dell'opposizione; peccato che ad essere impedito sarà – se non il buon governo, che dipende da mille altri fattori – un governo stabile e responsabile: purtroppo, la nostra Costituzione – spesso retoricamente e arrogantemente definita come la ‘più bella del mondo' – non vieta che, ogni volta che vogliano, i partiti manipolino la legge elettorale per piegarla ai propri interessi.
Timoroso di perdere le elezioni regionali e, prima o poi anche quelle politiche, il PD – fra l'altro pretendendo l'appoggio a candidati scelti da esso senza nemmeno consultare prima i possibili alleati (v. Giani in Toscana, De Luca in Campania e Emiliano in Puglia) – si è affannato a ricercare un'alleanza con i 5S strategica e stabile (stabile nel senso del dpcm che consentì a maggio scorso di rendere visita agli affetti stabili) accampando come ragione dell'alleanza il fatto che chi sta insieme al governo nazionale lo deve essere anche a livello regionale e locale.
Il che non è necessariamente vero: per esempio, quando nel 2018 si votò in Trentino e in Basilicata, Lega e 5S – allora voluttuosamente uniti nel governo nazionale – non pensarono affatto di doversi alleare per le elezioni regionali: anzi la Lega confermò l'alleanza di centro-destra contrapponendosi ai 5S oltre che al PD. Inoltre, c'è da dire che la paura di perdere, spingendo il PD a ricercare l'alleanza con i 5S, lo costringe a contraddire le ragioni da esso stesso accampate per sostenere il ritorno al proporzionalismo.
Come si è visto, il timore del PD era in parte fondato anche se può dire di averla scampata bella almeno in Toscana e Puglia anche grazie al soccorso prestatogli dalla Von der Lyen che, a pochi giorni dal voto, ha annunciato lo stretto contatto della Commissione UE con il governo italiano per l'elaborazione del ‘Recovery Plan', la futura abolizione del regolamento di Dublino e il vertice sanitario in Italia nel 2021; ma, in cuor suo, il PD sapeva di non aver nulla da temere per la sopravvivenza del governo, che è assicurata da un ‘vecchio collante' ora rafforzato dalla bella torta del ‘Recovery Fund'.
È questa ricerca parossistica del potere e dell'annessione dei 5S – alla stregua del partito contadino polacco o del nostro vecchio ‘blocco del popolo', espressione massima del ‘populismo' – il vero sintomo del ‘trasformismo', sia pure di sinistra, del PD, che troverebbe realizzazione piena se i 5S cadessero nella trappola tesa da Zingaretti e Bettini, l'ex-comunista veltroniano accreditato di alte capacità strategico-ideologiche, che definisce i grillini come populisti buoni, addomesticabili, e il ‘risparmio privato' come una rendita inerme e improduttiva, una manomorta da volgere a impieghi produttivi (‘Il Foglio', 21 agosto): certo secondo il piano di un qualche ‘grande fratello'. Nonostante i cedimenti di Grillo, Conte, Fico nonché del ‘doroteo' Di Maio, che nulla esclude rinviando però la scelta al 2021, e, infine, della ‘piattaforma Rousseau', i 5S hanno finora evitato di cadervi nella speranza di conservare, pur se a ranghi ridotti, qualche traccia di quella loro identità che era stata definita in contrasto con l'establishment, soprattutto con il PD che – ai tempi di Prodi, Bersani, Renzi – Grillo & c. consideravano come il male assoluto.
Altro cercatore di potere è il ‘proattivo' Conte che, da Cernobbio, ha esorcizzato la caduta del suo governo anche in caso di sconfitta alle regionali e si è fatto dispensatore demiurgico di cariche di alto livello: a Mattarella il bis; la presidenza della Commissione UE a Draghi, al quale egli l'avrebbe offerta ricevendo un rifiuto perché questi si sarebbe detto ‘stanco'. In realtà, Conte, da spregiudicato manovratore, ha tentato di silurare lo ‘stanco' Draghi e ha messo in imbarazzo Mattarella, il quale dovrà dimostrare, da qui in poi, di non pensare alla rielezione e di esercitare la sua carica in modo disinteressato e imparziale: compito assai difficile soprattutto davanti al dilemma se sciogliere o no le Camere dopo il referendum costituzionale che ne ha modificato la composizione.

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Responsabile è la persona fisica o giuridica al quale il titolare affida, anche all'esterno della sua struttura organizzativa, specifici e definiti compiti di gestione e controllo per suo conto del trattamento dei dati (articolo 4, paragrafo 1, punto 8), del Regolamento UE 2016/679 (http://www.garanteprivacy.it/regolamentoue). Il Regolamento medesimo ha introdotto la possibilità che un responsabile possa, a sua volta e secondo determinate condizioni, designare un altro soggetto c.d. "sub-responsabile" (articolo 28, paragrafo 2).

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Titolare del trattamento (o titolare)
Titolare è la persona fisica, l'autorità pubblica, l'impresa, l'ente pubblico o privato, l'associazione, ecc., che adotta le decisioni sugli scopi e sulle modalità del trattamento (articolo 4, paragrafo 1, punto 7), del Regolamento UE 2016/679 (http://www.garanteprivacy.it/regolamentoue).

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