25 APRILE: IL CORAGGIO DELLA VERITA’ di Paolo Bagnoli
di Paolo Bagnoli
22-04-2025 - EDITORIALE
Torna la festa della libertà: ottant’anni da quel 25 aprile 1945 che segna la data fondante di una nuova Italia dopo un ventennio di sangue, dittatura, sopraffazione, violenza piscologica e fisica, asservimento dell’Italia alla barbarie tedesca, alla persecuzione di italiani colpevoli solo di essere ebrei.
La grandezza e l’importanza di questa data è nei fatti. Essa non appartiene al passato del Paese, ma al suo presente, tanto più urlante nella sua importanza quanto più constatiamo come la presenza di derivazione fascista alla guida e nel governo del Paese vada in controtendenza rispetto alle fondamenta della libertà, dello spirito e della lettera della Costituzione della Repubblica.
Anche quest’anno, come avviene oramai da troppi diversi anni, forse perché i partiti che lottarono per la riconquista della libertà sono scomparsi da oltre un trentennio, la narrazione della Resistenza si è slargata. E’ merito della ricerca storica portare a conoscenza tante cose che non sapevamo e reimpostare il canone generale del discorso. Tuttavia, in esso, non vi è solo il dato di arricchimento storiografico, bensì la conferma di uno politico che dovrebbe essere più richiamato e sottolineato. Oramai, a distanza di ben otto decenni dalla ricorrenza e, con i grandi passi in avanti fatti dalla ricerca ,sarebbe opportuno affermare con forza e decisione che il nostro Paese si basa su una Costituzione liberale e antifascista e che le pulsioni plebiscitarie e lideristiche di cui è sostenitrice la destra al governo – senza che ,peraltro, l’opposizione faccia qualcosa di concreto e di serio al di là di una misera propaganda che non porta a nulla - sono al di fuori dei fondamenti e della politica democratica disegnati dal la Costituzione. Il fascismo, prima che una politica, è uno spirito e certo non si possono comparare gli anni Venti del secolo scorso con quelli del presente, ma la storia non guarda gli anni e il nazionalismo di allora non ha una valenza diversa da quello di oggi. Anzi, oggi è più pericoloso in quanto allora l’Europa non aveva nessuna forma di ordine comune e oggi il vecchio Continente si trova a fare i conti con due fattori tossici per la democrazia: il putinismo e il trumpismo.
Per tali motivi la ricorrenza del 25 aprile non appartiene alla categoria di quelle che si è obbligati a ricordare poiché essa è nella politica di oggi e bisogna avere il coraggio di dirlo, urlarlo, affermarlo nella testimonianza della militanza democratica. Per la libertà – esercito di popolo – combatterono azionisti, socialisti, comunisti, liberali, democristiani, anarchici, monarchici e senza collocazione di schieramento -fu l’Italia che rialzava la testa con coraggio e sacrificio; fu l’Italia di cui ancora, con non poche smaltature, ancora oggi godiamo se pur quei soggetti non ci sono da tempo, ma anche Giuseppe Garibaldi, Giuseppe Mazzini e Carlo Cattaneo non ci sono più da tanto tempo, ma si può pensare all’Italia di oggi da loro prescindendo? No, non si può.
Ragionando sul 25 aprile il nostro pensiero corre ai tanti combattenti che, per arrivare al riscatto dell’ Italia, si impegnarono a costo di duri prezzi e, talora, della vita. Ad essi va il nostro grazie, la nostra riconoscenza, la nostra fedeltà a quell’idea di libertà che la Resistenza e la lotta di Liberazione hanno rappresentato.
Un riferimento preciso, tuttavia, vogliamo farlo; un nome che non è riferimento retorico- Vogliamo citare Ferruccio Parri , troppo colpevolmente dimenticato. Parri non è stato solo il capo della Resistenza italiana, ma l’uomo che, nella propria esperienza di vita ha dipanato il filo della Nazione italiana.
Nella ricorrenza degli ottant’anni della Liberazione il nostro pensiero va a Parri che ancora ci indica, senza retorica, il senso di dovere di un Paese che, per essere ser stesso, deve riprendersi dallo smarrimento storico e politico che lo affligge.
La grandezza e l’importanza di questa data è nei fatti. Essa non appartiene al passato del Paese, ma al suo presente, tanto più urlante nella sua importanza quanto più constatiamo come la presenza di derivazione fascista alla guida e nel governo del Paese vada in controtendenza rispetto alle fondamenta della libertà, dello spirito e della lettera della Costituzione della Repubblica.
Anche quest’anno, come avviene oramai da troppi diversi anni, forse perché i partiti che lottarono per la riconquista della libertà sono scomparsi da oltre un trentennio, la narrazione della Resistenza si è slargata. E’ merito della ricerca storica portare a conoscenza tante cose che non sapevamo e reimpostare il canone generale del discorso. Tuttavia, in esso, non vi è solo il dato di arricchimento storiografico, bensì la conferma di uno politico che dovrebbe essere più richiamato e sottolineato. Oramai, a distanza di ben otto decenni dalla ricorrenza e, con i grandi passi in avanti fatti dalla ricerca ,sarebbe opportuno affermare con forza e decisione che il nostro Paese si basa su una Costituzione liberale e antifascista e che le pulsioni plebiscitarie e lideristiche di cui è sostenitrice la destra al governo – senza che ,peraltro, l’opposizione faccia qualcosa di concreto e di serio al di là di una misera propaganda che non porta a nulla - sono al di fuori dei fondamenti e della politica democratica disegnati dal la Costituzione. Il fascismo, prima che una politica, è uno spirito e certo non si possono comparare gli anni Venti del secolo scorso con quelli del presente, ma la storia non guarda gli anni e il nazionalismo di allora non ha una valenza diversa da quello di oggi. Anzi, oggi è più pericoloso in quanto allora l’Europa non aveva nessuna forma di ordine comune e oggi il vecchio Continente si trova a fare i conti con due fattori tossici per la democrazia: il putinismo e il trumpismo.
Per tali motivi la ricorrenza del 25 aprile non appartiene alla categoria di quelle che si è obbligati a ricordare poiché essa è nella politica di oggi e bisogna avere il coraggio di dirlo, urlarlo, affermarlo nella testimonianza della militanza democratica. Per la libertà – esercito di popolo – combatterono azionisti, socialisti, comunisti, liberali, democristiani, anarchici, monarchici e senza collocazione di schieramento -fu l’Italia che rialzava la testa con coraggio e sacrificio; fu l’Italia di cui ancora, con non poche smaltature, ancora oggi godiamo se pur quei soggetti non ci sono da tempo, ma anche Giuseppe Garibaldi, Giuseppe Mazzini e Carlo Cattaneo non ci sono più da tanto tempo, ma si può pensare all’Italia di oggi da loro prescindendo? No, non si può.
Ragionando sul 25 aprile il nostro pensiero corre ai tanti combattenti che, per arrivare al riscatto dell’ Italia, si impegnarono a costo di duri prezzi e, talora, della vita. Ad essi va il nostro grazie, la nostra riconoscenza, la nostra fedeltà a quell’idea di libertà che la Resistenza e la lotta di Liberazione hanno rappresentato.
Un riferimento preciso, tuttavia, vogliamo farlo; un nome che non è riferimento retorico- Vogliamo citare Ferruccio Parri , troppo colpevolmente dimenticato. Parri non è stato solo il capo della Resistenza italiana, ma l’uomo che, nella propria esperienza di vita ha dipanato il filo della Nazione italiana.
Nella ricorrenza degli ottant’anni della Liberazione il nostro pensiero va a Parri che ancora ci indica, senza retorica, il senso di dovere di un Paese che, per essere ser stesso, deve riprendersi dallo smarrimento storico e politico che lo affligge.
Fonte: di Paolo Bagnoli