MELONI L’AFRICANA
20-02-2024 - DIARIO POLITICO di Giuseppe Butta'
La campagna d’Africa bandita da Giorgia Meloni, si è aperta non con uno sbarco sulle coste africane ma con una cena al Quirinale: l’anfitrione ha avuto alla sua mensa decine di capi di stato e di governo africani oltre che, naturalmente, il nostro presidente del consiglio. Mattarella, nel suo discorso ‘ecumenico’ per il brindisi di benvenuto, ha sottolineato l'importanza delle relazioni tra Africa e Europa e ha citato un proverbio africano "di grande saggezza": "Se vuoi andare veloce corri da solo. Se vuoi andare lontano, vai insieme a qualcuno”.
Invece, i commenti dell’opposizione sono stati feroci: «Pochi soldi». «Merito di Descalzi». «Serve più Europa». E così, nel giorno in cui il premier stringe 16 accordi bilaterali tra Italia e Paesi dell’Africa, i leader di oggi e di ieri del Pd, da Schlein a Romano Prodi e a Matteo Renzi, si appendono alla vecchia formula magica: «L’idea è buona ma si poteva fare di più».
Schlein, da par sua, è stata la più dura e, a suo modo, la più strategica, "Piano Mattei scatola vuota, un mero accentramento di potere su Palazzo Chigi, non ci sono risorse e progetti si deve piuttosto destinare lo 0,7% del PIL a progetti di cooperazione". Magari – lei non lo ha detto ma lo aggiungiamo noi – destinando i fondi alle famose cooperative (emiliane).
Romano Prodi, come al solito, ha aperto le braccia: «Davvero pensiamo di fare qualcosa con 5 miliardi di euro? No. Se questo è un progetto iniziale per mobilitare risorse sono contentissimo, ma la dimensione quantitativa è un aspetto decisivo … Bene che cominci questo dialogo, però siamo proprio all'inizio dell'inizio di un piano, soldi non ce ne sono».
L’impareggiabile rottamatore Matteo Renzi questa volta si è proposto come cantautore: «Come si cambia per non morire potremmo cantare oggi … Innanzitutto la premier stamattina dovrà telefonare a Claudio Descalzi per ringraziarlo. Se il vertice Italia Africa non è fallito, è tutto merito del capo dell'Eni. Lo stesso che Giorgia criticava quando fu nominato, definendo il governo di allora schiavo della lobby del gas … il Piano Mattei è tanta fuffa. Speriamo che dopo la complicata due giorni dedicata al Piano Mattei, per Giorgia Meloni l'agenda possa prevedere qualche ora di relax, prima dei prossimi impegni internazionali».
Angelo Bonelli, sempre più cupo e livoroso, anziché verde, forse profumato di Serra &Fonseca e ansioso di non restare indietro e di non fornire una scarsa prestazione, ha precisato: «Anche i leader dei governi africani si sono accorti che il Piano Mattei è una presa in giro ma nasconde anche una politica predatoria. La Meloni vuole prendersi il gas per portarlo in Italia, prendersi i terreni agricoli e coltivarli per i biocarburanti dove si muore di fame».
Ora non v’è dubbio che per capire come andrà a finire con il Piano Mattei – come con qualsiasi altra azione, anche la più semplice, che si possa fare nella nostra vita quotidiana – si debba attenderne gli effetti. Ma è pure importante che, per agire, si debba avere un’idea dei mezzi da usare per un determinato fine.
È chiaro che ancora siamo alle intenzioni. Alla conferenza che si è tenuta il 28-29 gennaio scorso nell’Aula del Senato (e ‘Repubblica’, da capofila dei ‘resistenti’, ha pure eroicamente denunciato il ‘sequestro’ dell’Aula di Palazzo Madama, come un primo passo verso il “bivacco di manipoli”)si è discusso di queste intenzioni.
Per esempio, il presidente della Commissione dell'Unione africana Moussa Faki si è lamentato di non essere stato consultato ma ha riconosciuto che «Le prese di posizione dell'Italia a favore di un nuovo paradigma di partnership con l'Africa godono di ottima considerazione nel continente", ha aggiunto. "L'Italia sotto la sua guida ha mostrato un costante interesse per una collaborazione equa e produttiva con l'Africa, e le vostre prese di posizione nei consessi internazionali a favore un nuovo paradigma di partnership con l'Africa godono di ottima considerazione nel continente …. spero che la presidenza italiana del G7 possa amplificare questo approccio all'Africa … i principi che devono essere presi in giusta considerazione per governare questa partnership, così come per quella con l'Unione europea sono 1) la “libertà di scelta” del partner, 2) il "vantaggio reciproco", 3) un “rapporto equilibrato"». Invece, i commenti dell’opposizione sono stati feroci: «Pochi soldi». «Merito di Descalzi». «Serve più Europa». E così, nel giorno in cui il premier stringe 16 accordi bilaterali tra Italia e Paesi dell’Africa, i leader di oggi e di ieri del Pd, da Schlein a Romano Prodi e a Matteo Renzi, si appendono alla vecchia formula magica: «L’idea è buona ma si poteva fare di più».
Schlein, da par sua, è stata la più dura e, a suo modo, la più strategica, "Piano Mattei scatola vuota, un mero accentramento di potere su Palazzo Chigi, non ci sono risorse e progetti si deve piuttosto destinare lo 0,7% del PIL a progetti di cooperazione". Magari – lei non lo ha detto ma lo aggiungiamo noi – destinando i fondi alle famose cooperative (emiliane).
Romano Prodi, come al solito, ha aperto le braccia: «Davvero pensiamo di fare qualcosa con 5 miliardi di euro? No. Se questo è un progetto iniziale per mobilitare risorse sono contentissimo, ma la dimensione quantitativa è un aspetto decisivo … Bene che cominci questo dialogo, però siamo proprio all'inizio dell'inizio di un piano, soldi non ce ne sono».
L’impareggiabile rottamatore Matteo Renzi questa volta si è proposto come cantautore: «Come si cambia per non morire potremmo cantare oggi … Innanzitutto la premier stamattina dovrà telefonare a Claudio Descalzi per ringraziarlo. Se il vertice Italia Africa non è fallito, è tutto merito del capo dell'Eni. Lo stesso che Giorgia criticava quando fu nominato, definendo il governo di allora schiavo della lobby del gas … il Piano Mattei è tanta fuffa. Speriamo che dopo la complicata due giorni dedicata al Piano Mattei, per Giorgia Meloni l'agenda possa prevedere qualche ora di relax, prima dei prossimi impegni internazionali».
Angelo Bonelli, sempre più cupo e livoroso, anziché verde, forse profumato di Serra &Fonseca e ansioso di non restare indietro e di non fornire una scarsa prestazione, ha precisato: «Anche i leader dei governi africani si sono accorti che il Piano Mattei è una presa in giro ma nasconde anche una politica predatoria. La Meloni vuole prendersi il gas per portarlo in Italia, prendersi i terreni agricoli e coltivarli per i biocarburanti dove si muore di fame».
Ora non v’è dubbio che per capire come andrà a finire con il Piano Mattei – come con qualsiasi altra azione, anche la più semplice, che si possa fare nella nostra vita quotidiana – si debba attenderne gli effetti. Ma è pure importante che, per agire, si debba avere un’idea dei mezzi da usare per un determinato fine.
È chiaro che ancora siamo alle intenzioni. Alla conferenza che si è tenuta il 28-29 gennaio scorso nell’Aula del Senato (e ‘Repubblica’, da capofila dei ‘resistenti’, ha pure eroicamente denunciato il ‘sequestro’ dell’Aula di Palazzo Madama, come un primo passo verso il “bivacco di manipoli”)si è discusso di queste intenzioni.
Meloni, commentando le osservazioni di Faki, ha risposto: «Sulla concretezza sono assolutamente d'accordo, ed è la ragione per cui vogliamo che l'idea Piano Mattei parta da progetti specifici … il vertice Italia-Africa è fondamentale per condividere strategia e definizione finale dei progetti».
Il piano di Giorgia Meloni vorrebbe emulare l'approccio “non predatorio” che Enrico Mattei ebbe nei confronti dell’Africa per promuoverne uno sviluppo duraturo superando la debolezza della formula dei fondi della ‘cooperazione allo sviluppo, spesso finiti in tasca a vari esemplari di corrotti, da un lato e dall’altro della cooperazione. Il sottinteso è che questo sviluppo economico e sociale possa contribuire a rallentare, se non a fermare, l’ondata migratoria che prima o poi potrebbe sommergerci.
Sarà un fine irraggiungibile?
Può darsi. Ma il tentativo va fatto per evitare che sia poi troppo tardi per correre ai ripari.
Il nostro Paese – nell’idea che regge il Piano Mattei e che finora nessuno aveva nemmeno pensato possibile – farebbe da apripista a un maggiore coinvolgimento anche dell’Unione europea e delle istituzioni internazionali. In questo senso si spiegano le adesioni al massimo livello dei rappresentati europei, Von der Leyen, Michel e Metsola così come delle agenzie dell’Onu.
«Quello che va fatto in Africa non è carità, ma partnership strategiche da pari a pari», ha aggiunto la premier. Il progetto mirerebbe a mobilitare almeno 4 miliardi di fondi italiani nell’arco dei prossimi cinque-sette anni, coinvolgendo, per quanto possibile, tutto il sistema economico italiano.
E, per far questo – magari, checché ne pensi la Schlein, ‘accentrando’ a Palazzo Chigi il think tank – bisogna che, sentito chi di dovere, qualcuno decida.
Fonte: di Giuseppe Butta'