FINE VITA,
LA CORTE COSTITUZIONALE SULLA LEGGE TOSCANA
di Sergio Castelli

25-11-2025 -

La legge approvata dal Consiglio regionale è stata la prima del suo genere in Italia; tuttavia, il Governo ritiene che non rientri nelle competenze regionali. La posizione è stata espressa dall'Avvocatura dello Stato davanti alla Corte costituzionale. La Regione Toscana replica chiedendo di respingere il ricorso dell’Esecutivo. Nel corso dell’udienza, si è svolto un flash mob dell’associazione Pro Vita & Famiglia Onlus.

La regolamentazione del fine vita rientra tra le competenze esclusive dello Stato. È quanto sostenuto il 4 novembre scorso dall’Avvocatura dello Stato durante l’udienza pubblica davanti alla Corte costituzionale (nella foto n. 1) convocata per valutare il ricorso prot. n. 20/2025 del Governo contro la legge regionale toscana del 14 marzo 2025 n. 16 sulla procedura di accesso al suicidio medicalmente assistito. La Toscana è stata la prima regione ad adottare una legge (l’esempio toscano è stato poi seguito dalla Sardegna) in mancanza di una normativa nazionale che uniformi le modalità pratiche di applicazione di quanto stabilito, ormai da sei anni, dalla sentenza 242/2019 della Corte costituzionale.

Nel corso dell’udienza, a Roma in Piazza del Popolo, l'associazione Pro Vita & Famiglia Onlus (organizzazione non profit esponente di quello che il ricercatore e docente di studi politici all’EHESS di Parigi e attualmente anche responsabile scientifico del Centro di ricerca PoliTeSse all’Università di Verona Massimo Prearo chiama «movimentismo neocattolico»), che difende il diritto alla vita dal concepimento alla morte naturale, promuove la famiglia fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna e sostiene la libertà e priorità educativa dei genitori, ha dato vita a un flash mob accompagnato dal motto «Non mi uccidere», per dire no al suicidioassistito e denunciare quella che l'associazione definisce una «deriva eutanasica» in corso nel Paese. In piazza, 200 sedie a rotelle vuote (foto n. 2) hanno rappresentato simbolicamente i malati, disabili, anziani e cittadini fragili che chiedono al Parlamento più cure, più diritti, più dignità, ma si vedono offrire «ciniche scorciatoie verso la morte».

Secondo l’avvocata Gianna Galluzzo, che insieme al collega Giancarlo Caselli ha rappresentato la Presidenza del Consiglio, l’uniformità normativa può essere garantita unicamente dal legislatore nazionale.

Per l’Esecutivo, la normativa regionale approvata lo scorso 11 febbraio contrasterebbe con l’articolo 117 della Costituzione, il quale assegna alla legislazione statale la regolazione delle materie riguardanti l’ordinamento civile e penale. Il ricorso evidenzia che la legge toscana, disciplinando le modalità di accesso al suicidio medicalmente assistito, tocca ambiti relativi a diritti estremamente personali, come il diritto alla vita e all’integrità fisica, e dovrebbe quindi essere di esclusiva competenza statale.

Caselli ha ulteriormente sottolineato che stabilire un equilibrio su tali tematiche spetta al legislatore nazionale, aggiungendo che la legge toscana contraddice i principi già definiti dalla Corte nelle precedenti sentenze sul fine vita.

Sul tema del fine vita, l'Avvocatura dello Stato ha ribadito la competenza esclusiva del legislatore statale durante l'udienza davanti alla Corte costituzionale, relativa al ricorso del Governo contro la legge della Regione Toscana che interviene su fine vita e suicidio assistito. Secondo l'avvocata dello Stato Gianna Galluzzo, che insieme al collega Giancarlo Caselli ha rappresentato la presidenza del Consiglio dei ministri, solo il legislatore statale può garantire l'uniformità nella materia. La legge della Regione Toscana risulterebbe, infatti, in contrasto con la Costituzione della Repubblica italiana, che assegna alla legislazione statale la disciplina su materie come «ordinamento civile e penale». Oltre a ciò, viene sostenuto che la normativa regionale incida su diritti personalissimi, inclusi quelli relativi alla vita e all'integrità. Caselli ha inoltre sottolineato che determinare un equilibrio su questi temi spetta esclusivamente al legislatore statale, rilevando incongruenze tra la legge toscana e quanto stabilito da precedenti decisioni della Corte.

In difesa della Regione Toscana (nella foto n. 3 il Consiglio regionale riunito in seduta plenaria), l'avvocato Fabio Ciari ha risposto evidenziando che non vi sarebbe alcuna invasione delle competenze statali, ma piuttosto un tentativo di sostenere chi si trova in situazioni di sofferenza, nel rispetto delle indicazioni della Corte. Ciari ha contestato l'interpretazione dell'Avvocatura dello Stato, ritenuta troppo limitata alle prospettive penalistiche, spiegando che la questione va inquadrata nell'ambito della tutela del diritto alla salute. Secondo lui, il punto di equilibrio è stato già trovato dalla Corte costituzionale e mantenuto dalla normativa regionale. Anche l'avvocata Barbara Mancino (con Fabio Ciari, membro del collegio di difesa) ha ribadito che la legge regionale si limita a regolamentare le modalità operative delle ASL sulla base dei principi già delineati dalla Consulta. La Regione Toscana si è costituita in giudizio chiedendo alla Corte di respingere il ricorso del Governo. Al termine dell'udienza, la Corte ha deciso di riservarsi il giudizio e la decisione è attesa nelle prossime settimane.

La Toscana e la Sardegna sono attualmente le uniche Regione che hanno introdotto una normativa per gestire il Fine-Vita, ma cresce la consapevolezza da parte di altri Enti nel territorio italiano. Recentemente, nella provincia autonoma di Trento, è stata avviata una campagna di raccolta firme per presentare un progetto di legge provinciale, promosso dai cittadini, che disciplini le procedure di morte assistita, simile a quanto già fatto dalla Regione Toscana e dalla Sardegna.

E per quanto riguarda il legislatore nazionale? Il 2 luglio scorso, la Commissione Giustizia e la Commissione Sanità del Senato hanno approvato un disegno di legge sul "fine-vita", che modifica il Codice penale, specificamente l’articolo 580, introducendo una causa di non punibilità nel terzo comma per chi "facilita l'esecuzione" del suicidio di una persona che:
• ha più di diciotto anni;
• possiede la piena capacità di intendere e di volere;
• ha espresso il desiderio di morire in modo "libero, autonomo e consapevole";
• è coinvolto in un percorso di cure palliative;
• vive grazie a trattamenti che sostituiscono funzioni vitali;
• è affetto da una malattia irreversibile;
• soffre di dolori fisici e psicologici insopportabili.

Dalla lettura dei requisiti elencati risulta evidente un intento di "irrobustimento" – si potrebbe dire – le condizioni per accedere alla pratica del fine-vita, almeno rispetto a quanto inizialmente stabilito dalla Corte Costituzionale.

Nel contempo, la Lega, tramite il deputato on. Riccardo Augusto Marchetti, ha presentato, lo scorso 10 ottobre, un disegno di legge, rubricato C. 2659, recante Istituzione e disciplina della figura professionale dell'assistente spirituale (laico) nell'ambito delle reti nazionali per le cure palliative e per la terapia del dolore.

Al momento in cui chiudiamo questa edizione del giornale, siamo informati che il Governo, nella seduta di giovedì 20 novembre scorso, ha determinato di impugnare dinanzi al competente organo anche la legge approvata lo scorso settembre dal Consiglio regionale della Sardegna, norma n. 26 del 18 settembre 2025, recante Procedure e tempi per l’assistenza sanitaria regionale al suicidio medicalmente assistito ai sensi e per effetto della sentenza della Corte costituzionale n. 242 del 2019.





Fonte: di Sergio Castelli