Lunedì 10 novembre è iniziata la trentesima Conferenza delle Nazioni Unite (ONU) sui cambiamenti climatici, nota come COP30. L’acronimo COP sta per “Conferenza delle Parti”, dove per parti si intendono i 198 Paesi che hanno firmato la Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici del 1992 (gli “Accordi di Rio”). La Convenzione ha dato il via alla cooperazione globale per contrastare il cambiamento climatico e stabilizzare le concentrazioni di gas serra nell’atmosfera, e ha inoltre funto da base ai successivi accordi sul clima, come il Protocollo di Kyoto (1997) e l’Accordo di Parigi (2015). Iniziative che hanno aperto grandi speranze ma che stanno producendo anche grandi delusioni.
La COP30 è il principale vertice globale sul clima, dove si concordano le misure per contrastare il cambiamento climatico. Misure che sono state quasi sempre disattese.
Quest’anno l’incontro si è tenuto a Belém, nel nord del Brasile, dal 10 al 21 novembre, ma l’accordo è stato raggiunto solo il 22 novembre. La scelta del luogo non è casuale: questa città è considerata la porta dell’Amazzonia in quanto si trova alla fine del Rio delle Amazzoni. Ospitare la Conferenza in questo luogo significa porre l’accento sull’importanza della Foresta Amazzonica e sulla necessità di preservare il polmone verde della Terra. Il governo brasiliano sui suoi canali ufficiali scrive: “L’Amazzonia è un simbolo dell’urgenza planetaria. Queste conversazioni fondamentali devono avvenire non solo dove è facile, ma dove è più importante.”
A Belém non si sono riuniti solo i capi di stato e i diplomatici da tutto il mondo, ma anche rappresentanti di aziende e organizzazioni della società civile. Tra i grandi assenti, il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump e il presidente della Russia, Putin che non hanno inviato alcuna delegazione. Il presidente cinese Xi Jinping e il presidente indiano Modi, anch’essi assenti, hanno invece mandato una delegazione. Cina, Stati Uniti, India e Russia, sono i più grandi inquinatori della Terra.
La COP30 si svolge in un momento cruciale: il segretario generale dell’ONU, Antonio Guterres, ha annunciato che non si riuscirà a limitare il riscaldamento globale a 1,5°C, come previsto dall’Accordo di Parigi che si direbbe ormai fallito. Nel 2024, inoltre, sono stati registrati livelli record di anidride carbonica nell’atmosfera.
La presidenza brasiliana della COP30 si è posta di concordare delle misure per mantenere gli impegni presi nelle precedenti COP. Oltre ai nuovi piani di riduzione delle emissioni di carbonio nei singoli paesi, sono stati oggetto di discussione gli accordi della COP28 in cui è stata concordata la necessità di abbandonare i combustibili fossili e di attuare la transizione energetica. Tale posizione non è stata rafforzata nella successiva COP29. La COP30 si è posto l’obiettivo di dare nuova forza a questa problematica.
Alla precedente COP29 i paesi industrializzati si sono impegnati a fornire ai paesi emergenti almeno 300 miliardi di dollari all’anno entro il 2035 per aiutarli ad affrontare il cambiamento climatico. I Paesi beneficiari sollecitano di aumentare tale importo, ma ciò richiederà ulteriori negoziazioni.
Per le energie rinnovabili, alla COP28 è stato deciso di triplicare la disponibilità globale di energie rinnovabili entro il 2030, ma al momento questo obiettivo è molto lontano, tra l’altro, non si parla mai di geotermia.
Una novità prevista nella COP30 è stato il lancio del “Tropical Forests Forever Facility”, un fondo per prevenire la distruzione delle foreste tropicali.
La delegazione svizzera alla COP30 è stata guidata da Felix Wertli, l’ambasciatore per l’ambiente. Anche il consigliere federale Albert Rösti ha partecipato alla Conferenza. La Svizzera ha chiesto obiettivi più ambiziosi di riduzione delle emissioni, soprattutto ai grandi inquinatori, e ha sostenuto maggiori investimenti per la protezione del clima e per l’adattamento agli effetti del riscaldamento globale.
La Confederazione ha presentato i suoi nuovi obiettivi climatici a gennaio 2025. A Belém invece si è impegnata affinché tutti gli Stati continuino ad attuare le raccomandazioni della COP28, ossia triplicare le energie rinnovabili e raddoppiare l’efficienza energetica entro il 2030, come pure a rinunciare al carbone, al petrolio e al gas entro il 2050.
Diversi osservatori, tra cui l’attivista Greta Thunberg, hanno accusato le precedenti COP di greenwashing. In passato, anche la partecipazione alla Conferenza di numerosi attori appartenenti alla sfera dei combustibili fossili ha destato le lamentele degli ambientalisti.
Le COP passate sono riuscite a negoziare importanti accordi internazionali sul clima, che possono portare a progressi maggiori rispetto alle misure nazionali prese singolarmente. Secondo l’ONU, questi accordi hanno portato a un’azione climatica quasi universale. Nonostante non si sia riusciti a limitare il riscaldamento globale a 1,5°C, le misure decise dalle COP hanno contribuito a ridurre il livello di riscaldamento previsto anche se non al ritmo necessario per raggiungere effettivamente gli obiettivi dell’Accordo di Parigi.
Dopo lunghe trattative i Paesi che hanno partecipato alla conferenza sul clima hanno trovato un accordo. Ma nel testo finale manca la menzione sull'uscita graduale dai combustibili fossili
I negoziati sul clima delle Nazioni Unite in Brasile hanno raggiunto sabato 22 novembre 2025 un accordo sottotono per destinare maggiori fondi ai Paesi più colpiti dal cambiamento climatico, aiutandoli ad adattarsi alla violenza degli eventi meteorologici estremi.
Tuttavia, l'accordo non include un piano dettagliato ed esplicito per l'uscita graduale dai combustibili fossili né per rafforzare gli attuali piani di riduzione delle emissioni, considerati inadeguati.
La presidenza brasiliana della conferenza ha dichiarato che presenterà in un secondo momento una tabella di marcia per l'abbandono dei combustibili fossili, lavorando con la linea intransigente della Colombia, ma questa non avrà lo stesso peso vincolante di un documento approvato ufficialmente durante la conferenza Onu, nota come Cop30.
L'intesa è stata approvata sabato, dopo che i negoziatori avevano ampiamente superato la scadenza per la conclusione dei lavori prevista per il giorno precedente. L'accordo è stato elaborato dopo oltre 12 ore di riunioni svoltesi tra la notte fonda e le prime ore del mattino nell'ufficio del presidente della Cop30, André Corrêa do Lago.
Guardando al futuro, Do Lago ha affermato che le difficili discussioni avviate a Belém proseguiranno sotto la guida del Brasile fino alla prossima conferenza annuale, “anche se non si riflettono nel testo che abbiamo appena approvato”. Do Lago ha precisato che il piano di transizione dai combustibili fossili sarà contenuto in una proposta separata rilasciata successivamente dal suo team, la quale però non avrà lo stesso peso di un accordo accettato dalle nazioni durante la conferenza.
Tuttavia, i critici hanno espresso forte disappunto per l'accordo raggiunto sabato. L'ex negoziatore filippino Jasper Inventor, ora membro di Greenpeace International, ha dichiarato: “E’ un risultato debole”.
L'esito è stato definito debole e inadeguato da molti, con il negoziatore di Panama, Juan Carlos Monterrey Gomez, che si è scagliato contro l'intesa: “Una decisione sul clima che non riesce nemmeno a pronunciare 'combustibili fossili' non è neutralità, è complicità. E ciò che sta accadendo qui trascende l'incompetenza. La scienza è stata cancellata dalla COP30 perché offende chi inquina”.
Sono ormai trent’anni che si fanno riunioni COP con buone intenzioni ma senza aver mai raggiunto gli obiettivi preposti per la mancanza di una volontà globale accettata da tutti. Indubbiamente c’è un pianeta Terra ammalato per gli inquinamenti prodotti dalle attività produttive, a parte le emissioni di CO2 dovute ai fenomeni naturali come le eruzioni vulcaniche.
Sostituire le fonti energetiche passando dai fossili all’elettrico non è un passaggio semplice, non solo per le implicazioni economiche, ma anche perché non è stato sufficientemente valutato l’impatto ambientale delle nuove fonti alternative di energia. Manca uno studio preventivo e previsionale degli effetti che verranno prodotti dalle nuove fonti energetiche tra cui un maggiore inquinamento elettromagnetico. La valutazione di costi benefici dovrebbe essere basilare e preventiva. Intanto si registra la mancanza di volontà dei Paesi più inquinanti che vanno in controtendenza e alimentano diverse guerre in tutto il mondo senza una vera volontà di farli cessare.
L’umanità è vittima di logiche assurde dettate dagli egoismi del potere di un turbo-capitalismo multinazionale a cui poco importa della realizzazione di una vera progettualità finalizzata a creare un mondo migliore, eco-sostenibile dove gli equilibri degli ecosistemi mondiali possano essere protetti. Oggi è sempre più necessario avere la volontà e la consapevolezza che l’umanità e la biodiversità del pianeta sono un bene incommensurabile che sta per essere distrutto.
La realizzazione di un sistema basato sulla democrazia economica sarebbe la soluzione ideale per garantire gli equilibri biologici del pianeta di cui fa parte anchè l’umanità. Il controllo dei processi di produzione attraverso la democrazia economica è fondamentale per indirizzare la produzione dei beni necessari al progresso dell’umanità senza metterne a repentaglio l’esistenza. Purtroppo, l’umanità sta assistendo attonita ad un perverso gioco di autodistruzione della vita sul pianeta. Bisogna appellarsi a tutte le persone di buona volontà, agli scienziati, agli uomini di cultura, ai politici illuminati, all’ONU ed all’internazionale socialista per iniziare un percorso di svolta dove la democrazia economica mi sembra l’unico percorso serio ed efficace da poter seguire ed attuare ispirandosi ai principi di Giustizia e Libertà ed a quelli del Partito d’Azione.