Pensavamo francamente di non doverci mai occupare in questa sede del generale Roberto Vannacci e delle sue maldestre esternazioni. Finora eravamo riusciti ad evitarlo e la cosa ci aveva procurato un sottile piacere anche in circostanze che pure lo avrebbero richiesto.
Il generale, non contento di aver fatto crollare in Toscana i consensi della Lega in occasione delle recenti elezioni regionali, ha iniziato a coltivare l’hobby della storia infliggendoci le sue lezioni.
Dopo averci ammorbato per mesi con le sue dediche alla X Mas (Vannacci, richiesto di una precisazione sostiene di aver voluto fare riferimento al glorioso reparto della Regia Marina che agì dall’entrata in guerra dell’Italia alla data dell’armistizio ma sembra strizzare l’occhio ai neofascisti d’ogni risma non specificando di quale X Mas va blaterando). Non sarà forse quella che al comando di Junio Valerio Borghese imbracciò le armi contro partigiani e angloamericani inquadrata nelle forze armate della RSI? Certamente non è l’altra, quella che col nome di Mariassalto si schierò cobelligerante a fianco delle forze armate alleate.
La storia è fatta di sottigliezze, generale, e raccontarla significa restituirla nella sua interezza.
Deciso a riprendersi il palco dopo la sconfitta elettorale, Vannacci ci ha inflitto qualche giorno fa un’impegnativa lezione sul fascismo. Dai suoi canali social, mostrando le copertine di alcuni dei volumi della biografia mussoliniana di un incolpevole Renzo De Felice, ha impartito a tutti una severa reprimenda facendo scoprire alla massa degli italiani quanto, senza volere, essi siano succubi della propaganda comunista da anni infiltratasi anche nei testi scolastici.
Oggetto del contendere, ancora una volta, il fascismo, la sua genesi, le sue caratteristiche, il suo crollo. Molto rumore per nulla, potremmo dire, eppure di fronte alle castronerie pronunciate dal generale c’è stata, sì, la consueta sollevazione dei social e le reazioni (piuttosto superficiali, a dire il vero di qualche politico) ma è mancata soprattutto la risposta degli storici, ossia di coloro che la storia la frequentano professionalmente.
Contro Vannacci si è però levata la voce di Gianni Oliva sulla “Stampa” che ha ribattuto, punto su punto, alle mistificazioni del generale concludendo che se a lui è consentito di delirare pubblicamente senz’alcuna conseguenza che non sia il ridicolo, a Giacomo Matteotti, ignorato nella sua ricostruzione dei fatti, non bastarono le guarentigie da parlamentare per evitare di essere assassinato da sicari al soldo del regime solo per aver raccontato pubblicamente la verità dei fatti.