TRUMP, PUTIN E L’EUROPA
di Giulietta Rovera

20-07-2025 -

In queste ultime settimane la Russia ha intensificato gli attacchi all’Ucraina ben oltre la linea del fronte, provocando devastazioni e un numero di vittime civili mai registrati prima. Questo anche grazie al fatto che Putin ha saputo creare la sua "coalizione dei volenterosi" – Cina, Iran, Corea del Nord e altri – che sostengono la sua macchina da guerra. Altrettanto non si può dire dell'equivalente occidentale, guidato da Gran Bretagna e Francia, che si limita a promesse e parole di sostegno. D’altra parte, Regno Unito e Francia non dispongono di armi e materiali avanzati, che solo gli Stati Uniti possono fornire. Dopo una pausa, pur non considerando questa una loro guerra, gli Stati Uniti hanno finalmente ripreso le spedizioni di armi difensive a Kiev. Ultimamente, infatti, Donald Trump sembra aver rivisto il suo atteggiamento di condiscendenza verso Putin, ma potrebbe cambiare idea in un lampo. E Putin lo sa. Sa che una parola lusinghiera da parte sua può fargli correggere la rotta. Il che permetterebbe al leader del Cremlino di vincere la guerra. Una sconfitta dell’Ucraina rappresenterebbe un fallimento strategico non tanto per gli USA quanto per l’Europa, che si troverebbe – date le mire egemoniche di Putin – coinvolta in un conflitto permanente e crescente.

In realtà, in un conflitto l’UE è già coinvolta. La minaccia di Trump di imporre dazi del 30% è un colpo durissimo per l’Unione. L’UE è uno dei partner commerciali più importanti degli Stati Uniti. Trattative febbrili erano approdate a un accordo essenziale su di una tariffa del 10% sulla maggior parte delle importazioni, che Trump sembrava aver accolto. Ma Trump va soggetto a repentine inversioni di rotta. In questo caso, la ragione determinante è stato il conflitto russo-ucraino. Ci vorranno una decina d’anni, prima che l'UE riesca a dotarsi di forze aeree e terrestri che le permettano di difendersi da un attacco militare. Poiché più passa il tempo, più aumentano le probabilità di una guerra senza fine o di un collasso dell'Ucraina, era necessario dotarla rapidamente della deterrenza necessaria per resistere. E questo obiettivo l’UE è riuscita a raggiungerlo: Trump ha infatti ripreso la fornitura d’armi all’Ucraina facendosela pagare dalla NATO. Il problema è che i negoziati riguardanti l’economia, la sicurezza e la difesa dell’Ucraina non possono essere considerati isolatamente. Trump ne è consapevole, e ha usato le deficienze europee come arma per imporre dazi del 30% sulle esportazioni dell'UE verso gli Stati Uniti a partire dal 1° agosto, sostenendo che l'enorme deficit commerciale degli Stati Uniti con il resto del mondo rappresenta una minaccia alla sua sicurezza nazionale. L’Europa rischia pertanto di trovarsi in guerra su due fronti: russo e statunitense. Non è chiaro se Trump intenda applicare l'imposta contro l'UE o se la stia semplicemente utilizzando come tattica negoziale. I negoziatori di Bruxelles hanno calcolato che il danno economico che deriverebbe da dazi al 30% sarebbe insostenibile. Si parla di misure di ritorsione nel caso venissero applicati. Ma finora l'UE non ha concretizzato nulla, per timore delle reazioni di Trump e nella speranza di trovare un compromesso ragionevole dal punto di vista economico. Su di un punto la Commissione europea si è attivata. Ha intensificato i suoi sforzi per stringere nuovi accordi con Argentina, Brasile, Paraguay, Uruguay, Messico e con gli Emirati Arabi Uniti, e raggiunto un accordo con l'Indonesia.

Il commercio UE-USA vale 1,4 miliardi di euro all'anno, ma solo tre paesi esportano negli Stati Uniti più di quanto importino: Germania, Italia e Irlanda. Sarebbero pertanto costoro a risentire maggiormente di un aumento dei dazi. La tattica fino ad ora adottata di reticenza, di subire senza reagire può forse permettere di raggiungere qualche risultato dal punto di vista economico, ma per l’Europa potrebbe avere gravi ripercussioni dal punto di vista politico. Potrebbe, in parole povere, smembrare l'integrazione europea - che è probabilmente il vero obiettivo di Trump e di Putin. L’Europa è divisa. A costituire la maggioranza sono gli Stati baltici e dell’Est che in materia di difesa temono le reazioni del Presidente USA, Paesi di destra, nazionalisti e favorevoli a Trump come l’Italia, Paesi come la Germania esposti al commercio con gli USA. Sebbene i governi di destra dell’UE siano i maggiori responsabili dell’atteggiamento di sottomissione adottato fino ad oggi dall’Europa, se l’Europa - grazie alla loro posizione - si vedesse costretta ad accettare i dazi imposti dagli USA, ad essere incolpata sarebbe l’unità europea. In parole povere, l’Europa ne uscirebbe indebolita mentre le forze di estrema destra ne uscirebbero rafforzate.

Quanto a Trump, ha assoluto bisogno di un successo per dimostrare che le sue promesse elettorali sono state mantenute: fine della guerra di Gaza; fine della guerra ucraina; ritorno negli USA dell’età dell’oro. Le cose non stanno però andando come aveva sperato. Anche negli Stati Uniti comincia a farsi sentire l’impatto dei dazi di Trump - 30% sulla Cina, del 50% su acciaio e alluminio, del 25% sui ricambi auto e un dazio universale del 10% su tutte le importazioni: l’inflazione è salita, mentre le aziende statunitensi sono state costrette ad aumentare i prezzi al consumo. La guerra a Gaza sembra destinata a durare fino all’annientamento o alla deportazione del popolo palestinese. Quanto all’Ucraina, esasperato dal rifiuto di Putin di dargli ciò che vuole, Trump ha promesso di imporre dazi del 100% alla Russia se entro 50 giorni Putin non pone fine ai combattimenti. Ma i precedenti del presidente USA non permettono di fare previsioni su cosa potrebbe accadere se la Russia non accetterà di piegarsi all’ultimatum.


Le sanzioni sono previste solo nei confronti dei Paesi europei che si ribellano alle sue tariffe, non nei confronti del Cremlino che sta massacrando il popolo ucraino.





Fonte: di Giulietta Rovera