Il socialismo è la dignità del lavoro contro l'umiliazione, la giustizia contro la sopraffazione, la libertà contro le leggi eccezionali, la responsabilità di ciascuno contro l'obbedienza cieca di tutti, l'Internazionale contro lo spirito della guerra perpetua. (Antonio Greppi)
Antonio Greppi nacque il 26 giugno 1884 ad Angera, una cittadina del Varesotto sulla riva del lago Maggiore, da Ulisse, commerciante di alimentari, e da Maddalena Rebuschini, figlia del garibaldino Giuseppe [1]. Il garibaldinismo circolante in famiglia ebbe certamente un ruolo importante nella formazione politico-culturale di Antonio [2], come l'avrà il pensiero sociale cristiano; ma determinante fu l'influenza del suo professore di storia al liceo Berchet di Milano: il prof Ugo Guido Mondolfo [3], vicinissimo a Turati, a cui subentrerà nel ruolo di direttore della celebre rivista socialista Critica Sociale, ed esponente della migliore tradizione riformista del socialismo italiano, quella che metteva l'uomo al centro della sua azione. Nel 1914 si iscrisse in Giurisprudenza all'Università di Pavia e nelle elezioni amministrative del giugno di quell'anno appoggiò la candidatura a sindaco di Milano del socialista Emilio Caldara [4]. Servì poi, come sergente, nell'esercito italiano nella prima guerra mondiale e nel 1917 fu ferito nella zona del Pasubio. Mentre era all'ospedale, il 12 ottobre 1917, sposò Bianca Mozzoni, che gli darà tre figli [5].
Nello stesso periodo ebbe contatti col sacerdote progressista don Primo Mazzolari (1890-1959) e con il giornalista di orientamento democratico cristiano Giuseppe Donati (1889-1931), grazie ai quali si convinse della possibilità di convivenza tra i principi cristiani e gli ideali socialisti. Dopo la sconfitta di Caporetto, si schierò con coloro che cercarono di conciliare patriottismo e pacifismo e partecipò alla risolutiva battaglia del Piave. Congedato alla fine della guerra, nel 1919 si iscrisse al PSI, allora governato dai massimalisti, ma si schierò con i gradualisti seguaci di Turati, Kuliscioff, Treves, Mondolfo. Nello stesso 1919 si laureò con una tesi intitolata Pregi e difetti del parlamentarismo ed iniziò la professione di avvocato. La politica e il diritto non erano i suoi unici interessi. Un posto assai importante ebbe nella sua vita la letteratura ed egli si rivelò autore robusto sia di opere di narrativa e saggistica [6], sia di testi teatrali [7] di notevole valore. Un suo racconto nel 1919 vinse il premio per la pace indetto dalla Rivista internazionale [8].
Alle elezioni amministrative del 7 novembre 1920 si candidò nella sua Angera, dove fu eletto sindaco. Ma, come molti altri sindaci socialisti, non durò in carica che due anni, perché dopo l'avvento del governo Mussolini (1922) fu travolto dalla violenza fascista e costretto a dimettersi. Nello stesso 1922 aderì al Partito Socialista Unitario, nato dalla scissione dei riformisti dal PSI, con segretario Giacomo Matteotti. Greppi entrò nella Direzione [9] del nuovo partito in rappresentanza dei giovani e successivamente, su invito di Matteotti, assunse la direzione del giornale Libertà!, organo dei giovani socialisti unitari [10], della cui redazione faceva parte Giuseppe Faravelli, che sarà uno dei leader del Centro Socialista Interno, negli anni bui del fascismo e, nel secondo dopoguerra, successore di U.G. Mondolfo nella direzione di Critica Sociale.
Quando il fascismo divenne regime e fu impossibile ogni pubblica attività politica, Greppi riuscì a vivere esercitando la professione forense [11], riversando il suo umanesimo socialista nelle opere che andava pubblicando e mantenendo i contatti con alcuni esponenti dell'antifascismo e del socialismo, fra cui Rodolfo Morandi, che nel 1934, d'intesa con la Direzione del PSI/IOS di Parigi [12], aveva costituito il Centro Socialista Interno.
Nel 1938 e nel 1940 fu rinchiuso a San Vittore, perché sospettato di attività clandestina antifascista e fu anche sottoposto a vigilanza speciale. Ciononostante continuò l'azione clandestina di collegamento fra socialisti, assieme a Giuseppe Faravelli e, nel 1942-43, a Giuseppe Romita e a Fernando Santi. Con la caduta di Mussolini e del suo regime (25-7-1943) l'azione di ricostruzione del socialismo italiano si intensificò, giungendo alla fondazione del Partito Socialista Italiano di Unità Proletaria (PSIUP) [13].
Ma, quando fu annunciato l'armistizio con gli Alleati (8-9-1943), gli avvenimenti precipitarono: il Re e il governo Badoglio fuggirono al Sud per mettersi sotto la protezione degli anglo-americani che l'avevano occupato; i tedeschi reagirono brutalmente, occuparono il Centro-nord e liberarono Mussolini, che fondò uno stato fantoccio, la Repubblica Sociale italiana (RSI), alleata dei tedeschi; l'esercito italiano si disgregò e tutti i partiti antifascisti dovettero rientrare nella clandestinità e costituire il Comitato di Liberazione Nazionale (CLN)[14] per la lotta politica e militare al nazifascismo. Ricercato dalla polizia fascista, nel dicembre 1943 Antonio Greppi decise di esulare in Svizzera, da dove mantenne i contatti con altri fuorusciti socialisti che vi si erano già rifugiati [15] e con la Resistenza, in particolare con Sandro Pertini, membro della giunta militare del CLN. Fu lì che lo raggiunse la tragica notizia della morte del figlio Mario, ventiquattrenne, partigiano combattente, arruolato nell'VIII Brigata Matteotti.
Mario Greppi, nato a Milano il 20 giugno 1920, aveva abbracciato gli ideali socialisti del padre e aveva aderito alla Resistenza, col nome di battaglia di “Eugenio”. La mattina del 21 agosto 1944 Mario venne a Milano per consegnare importanti documenti al Comando Generale della “Matteotti” e per ritirare del materiale di propaganda. Ma fu individuato e arrestato da due militi fascisti, che poi decisero di usarlo come esca per arrestare anche un altro partigiano che Mario doveva incontrare. Per salvare il suo compagno di lotta e se stesso, improvvisamente il giovane Greppi sfuggì ai militi fascisti e riuscì a salire su un tram in corsa che passava dal posto in cui si trovavano. Ne seguì un'intensa sparatoria da parte dei fascisti che lo inseguivano su un camion. Arrivato nei pressi della sua abitazione, per non mettere in pericolo i passeggeri e l'autista del tram, saltò a terra, nel disperato tentativo di fuggire a piedi. Disarmato, fu colpito a un polmone e il 23 agosto morì [16]. Saputa l'atroce notizia la madre Bianca Mazzoni, accorsa dalla Svizzera, non arrivò in tempo per vederlo vivo. Sarà lei a informare il marito Antonio, allora in esilio a Mentrisio, nel Canton Ticino. Antonio rientrò in Italia agli inizi del 1945 e prese il posto del figlio nell'VIII Brigata Matteotti.
Subito dopo la liberazione di Milano (27-4-1945) fu chiamato dal Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia (CLNAI) [17] a ricoprire il ruolo di sindaco di Milano, carica in cui fu poi riconfermato dal comando militare anglo-americano [18]. Fu lui a ordinare che fossero rimossi da Piazzale Loreto e portati al cimitero i cadaveri di Mussolini e degli altri gerarchi fucilati.
Il lavoro che l'aspettava, come sindaco di una città gravemente colpita dalla guerra, era enorme, ma egli seppe affrontarlo con fiducia e impegno. Riuscì a fornire alla cittadinanza gli approvvigionamenti necessari [19], a far funzionare gli ospedali e la distribuzione di energia. Fece costituire un fondo per le persone più danneggiate dalla guerra e per la sistemazione di quelle rimaste senza un'abitazione. Fece ricostruire il teatro alla Scala, distrutto dai bombardamenti. Ebbe un ruolo importante nella costruzione del Piccolo Teatro, fondato il 14 maggio 1947, che diverrà uno dei più importanti teatri stabili d'Europa [20]. Riuscì anche a promuovere la costruzione di migliaia di case popolari e a rianimare l'edilizia privata, a ripristinare gli edifici scolastici, a rinvigorire i trasporti pubblici.
Politicamente tenne la prima commemorazione pubblica di Giacomo Matteotti [21] e contribuì ad assicurare il ritorno nelle edicole di Critica Sociale e a organizzare l'omonima corrente del partito socialista. Nel 1945 fu chiamato a presiedere il Consiglio Nazionale del PSIUP, prima uscita pubblica del partito, tenuto a Roma dal 29 luglio al 1° agosto 1945, in occasione del quale invitò i convenuti ad ispirarsi ai grandi socialisti del passato. Nelle toccanti parole del sindaco della ricostruzione sembra echeggiare il dolore del padre per la perdita del figlio Mario, caduto un anno prima, sotto il piombo fascista. Il socialismo è oggi più vivo e più ardente che mai. E più vivi che ogni altro sono gli assenti, i nostri morti che ci ispirano e ci guidano: Matteotti, Di Vagno, Piccinini, Turati, Treves, Lazzari, Bacci, Prampolini, Serrati e giù giù fino a Colorni, fino a Bruno Buozzi: tutta una Legione di compagni, cui si aggiunge l'infinita moltitudine dei giovani che hanno testimoniato col sacrificio la loro e la nostra fede; i compagni caduti nei campi di concentramento, alle Fosse Ardeatine, al piazzale Loreto, a Fossoli, a Mathausen, i martiri che oggi si levano dalle tombe e ci guidano in questa grande ora [22].
Alle prime elezioni comunali del dopoguerra del 7 aprile 1946 il PSIUP ottenne un grande successo [23] e Greppi venne riconfermato sindaco, anche col conforto del voto popolare. Il 2 giugno 1946 venne eletto anche deputato all'Assemblea Costituente, ma nel settembre successivo si dimise per concentrare il suo impegno nella sindacatura, che terrà fino al 25 giugno 1951. Negli ultimi mesi del 1946 esplose nel PSIUP una polemica destinata a diventare sempre più aspra sul ruolo del partito, in particolare sul suo rapporto coi comunisti: da un lato stavano i fautori dell'unità proletaria col PCI, decisi ad arginare i tentativi di restaurazione conservatrice (Pietro Nenni, Rodolfo Morandi, Oreste Lizzadri); dall'altro i sostenitori di una larga autonomia socialista (Giuseppe Saragat, Ugo Guido Mondolfo, Mario Zagari). La polemica finì per sfociare nella celebre scissione, da parte della minoranza autonomista, detta di “Palazzo Barberini”, che ruppe l'unità socialista, dando vita al Partito Socialista dei Lavoratori Italiani (PSLI), con leader Giuseppe Saragat [24]. Tale scissione turbò profondamente Antonio Greppi, che fino all'ultimo cercò di evitarla, come si evince dal suo appassionato discorso dell'11 gennaio 1947 al congresso socialista di Roma, qui sotto riportato come pubblicato dall'Avanti del 12-1-1947: Compagni, la situazione é grave, ma c'è ancora qualche cosa da fare. Io sono qui in nome di un’immensa fede e chiedo che il Congresso faccia quello che ancora si può. Bisogna che tutti sentano in questo momento la loro responsabilità di socialisti al di sopra di qualunque preoccupazione, al di sopra anche di qualunque comprensibile influsso di tendenza. Constatiamo il fatto da galantuomini, da socialisti: la vita del Partito è stata profondamente turbata. Questo turbamento non consente e non potrà consentire al Partito di vivere secondo le esigenze della sua funzione. Si è perduto qualcosa dì fondamentale, direi di pregiudiziale, si è perduto il senso intimo, lasciatemelo dire, il senso morale del socialismo. Era la confidenza reciproca fra compagni, era la comunione degli spiriti che mettevano l'idea al di sopra di tutto e per questo eravamo antiborghesi, non per le discutibili ideologie, ma per questo disinteresse assoluto che metteva tutta la nostra persona al di sopra di qualsiasi ragione, nel nome di un ideale comune. Questo che è stato perduto – in una parola il senso della solidarietà – dev'essere ritrovato e per ritrovarlo non c'è che una cosa: questo Congresso rispecchia sciaguratamente le inimicizie che si sono formate nel partito, quello stato di disagio morale che ha turbato il Partito; ed allora questo Congresso deve avere il coraggio di mettere qualcosa al di sopra di essi stessi. In questo momento qui non c'è che una sovranità, la sovranità del socialismo; ma se il Congresso rispecchia il contrasto, l'inimicizia attraverso le sue tendenze, c'è per fortuna qualche cosa che rispecchia soltanto la speranza e la fede del Paese. Sono i deputati socialisti che sono stati nominati dal popolo perché andassero al Parlamento, perché andassero alla Costituente a realizzare il socialismo; i rappresentanti del popolo in questo momento sono una forza univoca, raccolgono in questo momento un'aspirazione solidale del Paese. Il Congresso deleghi il gruppo parlamentare che rispecchia la volontà dei lavoratori a costituire un comitato di ricostruzione del Partito. […].
La proposta di Greppi, nel clima infuocato di quei giorni, non fu accolta e a lui non restò altro che seguire i suoi amici di “Critica Sociale” nel PSLI. A Milano 18 consiglieri socialisti su 29 aderirono al PSLI e venne sfiorata la crisi, evitata grazie a un accordo [25], che vide riconfermato Greppi (PSLI) alla guida del Comune. Le elezioni politiche del 18 aprile 1948, le prime del dopoguerra, aprirono la strada alla lunga stagione centrista (DC, PSLI/PSDI, PRI, PLI), in cui finì per trovare stabile collocazione la socialdemocrazia italiana, e collocarono l'Italia nella coalizione occidentale guidata dagli USA e nella sua espressione militare, la NATO.
Fu proprio quest'ultima questione ad agitare ulteriormente le acque del rissoso movimento socialista italiano. Il PSI, rafforzato dalla confluenza in esso della maggioranza del Partito d'Azione (21-10-1947) e ormai inserito saldamente nella politica frontista, si dichiarò contrario all'adesione dell'Italia alla NATO, mentre il PSLI, in cui si era consolidata l'egemonia del suo centro-destra interno (Saragat-Simonini) si dichiarò a favore.
Fra i due partiti era comunque sorta un'area intermedia costituita dall'Unione dei Socialisti (UdS) [26], dal Movimento Socialista Autonomo (MSA) [27] e dalla Sinistra del PSLI, di cui faceva autorevolmente parte il sindaco di Milano, in netto dissenso con la maggioranza saragattiana, centrista e atlantista. Queste tre formazioni, attestate su posizioni autonomiste, neutraliste, federaliste ed europeiste, nel dicembre 1949 si unificarono e diedero vita a un terzo partito socialista: il Partito Socialista Unitario (PSU) [28], al quale Greppi aderì [29]. La virulenza della contrapposizione tra DC e sinistre (PCI e PSI), i sommovimenti nell'area socialista e socialdemocratica, non potevano non avere effetti sulla Giunta di Milano. E, infatti, il 28 marzo 1949, dunque prima della formazione del PSU, era nata una nuova Amministrazione senza il PSI e il PCI, sostenuta da DC, PSLI e PRI [30], con sindaco ancora Greppi. Nel corso del 1951 si svolsero intensi colloqui tra PSU e PSLI che si conclusero il 1° maggio 1951, con la fusione dei due partiti in uno solo: il Partito Socialista-Sezione Italiana dell'Internazionale Socialista (PS-SIIS). Esso fu ammesso nell'Internazionale Socialista, ricostituita a Francoforte il 30 giugno 1951. Il successivo congresso del PS-SIIS, tenutosi a Bologna dal 3 al 6 gennaio 1952, ratificò la fusione tra i due tronconi socialdemocratici e modificò la sua denominazione in Partito Socialista Democratico Italiano (PSDI). Questi passaggi, tutti seguiti da Greppi, avevano evidenziato la sua costante collocazione a sinistra nell'ambito delle formazioni in cui aveva militato dopo il distacco dal PSIUP (PSLI – PSU – PSSIIS – PSDI). Ciò gli costerà, nonostante i suoi evidenti successi amministrativi, a causa del veto della DC, la non riconferma nella carica di sindaco di Milano, dopo le nuove elezioni comunali del 27 maggio 1951 [31]. Venne comunque riconfermato consigliere comunale. Lo rimarrà fino al 1970.
Il calo di consensi nelle elezioni amministrative del 1951 e del 1952 indusse la DC e la maggioranza di governo a presentare un progetto di legge di riforma elettorale che assegnava il 65 % dei seggi della Camera al partito o coalizione che avessero ottenuto il 50% dei voti validi + 1. L'adesione della maggioranza socialdemocratica a tale progetto suscitò fortissime polemiche all'interno del PSDI, in quanto la sinistra del partito si schierò in difesa dell'allora vigente legge proporzionale.
Il parlamentare socialdemocratico di sinistra, nonché noto giurista, Piero Calamandrei [32], il 12 dicembre 1952 dichiarò alla Camera, anche a nome di sette altri suoi colleghi, che avrebbe votato contro il progetto di legge. La Direzione di centro-destra del PSDI reagì sospendendo i ribelli. Tristano Codignola, leader della sinistra socialdemocratica, riunì la sua corrente a Roma (21-12-1952), per esprimere ai suoi compagni sospesi il suo sostegno. Tale gesto costò a Codignola l'espulsione dal Partito, deliberata dal PSDI il 23 dicembre 1952. Il giorno dopo arrivarono a Codignola attestati di solidarietà da vari e autorevoli esponenti, fra cui quello di Antonio Greppi, che il 24 dicembre inviò a Codignola un telegramma: Fedele impegno Firenze e Roma dimettomi partito. Fraternamente vicino amarezza oggi et nuova irriducibile lotta rivincita socialismo [33].
In un convegno tenuto a Vicenza il 1° febbraio 1953, la sinistra socialdemocratica si costituì in Movimento di Autonomia Socialista (MAS), sostenuto dal quindicinale Nuova Repubblica, fondato il 5 gennaio 1953 e diretto da Codignola. Al movimento aderirono personalità di grande prestigio, come il giurista Piero Calamandrei, l'ex sindaco di Milano Antonio Greppi, l'ex sindaco di Bologna Emilio Zanardi, lo scrittore Piero Caleffi, Edmondo Cossu, Beniamino Finocchiaro, Paolo Vittorelli [34]. In vista delle elezioni politiche del 7 giugno 1953 il MAS si accordò con l'Unione di Rinascita Repubblicana (URR), minoranza di sinistra uscita dal PRI e guidata da Ferruccio Parri e con altri gruppi minori, con cui nell'aprile 1953 formò il movimento di Unità Popolare (UP) che, pur non avendo ottenuto nessun seggio, ebbe un ruolo assai importante nell'impedire che alle elezioni politiche del 7-8 giugno 1953 scattasse il meccanismo della legge-truffa [35]. Greppi fu candidato capolista a Milano.
Antonio Greppi ed altri militanti a lui vicini rientrarono nel Partito Socialista Italiano il 28 novembre 1954, in occasione di una manifestazione socialista a Milano, in cui tenne un comizio il segretario del partito Nenni. Greppi lo fece con una lettera diretta al segretario della federazione milanese Guido Mazzali, che la lesse fra gli applausi degli astanti e che così rispose pubblicamente a Greppi: Diamo ad Antonio Greppi e ai suoi compagni il caldo benvenuto nel nostro Partito. E salutiamo fin da ora quei molti giovani e vecchi, uomini e donne che li seguiranno, attratti dalla poesia che è nella nostra tradizione e nella nostra storia, convinti della chiarezza che è nella nostra dottrina, persuasi dell'ardore che è nella nostra fede [36].
Greppi, il socialista cristiano che fu sempre a favore della pace, della giustizia e della tolleranza, partecipò al congresso di Torino del PSI (1955), in cui Rodolfo Morandi lanciò il “dialogo con i cattolici” per smuovere le acque stagnanti della lunga contrapposizione frontismo-centrismo, con particolare soddisfazione, dicendo nel suo intervento: Alla spiritualità del socialismo io ho sempre creduto. Non importa ripetere continuamente il nome di Dio; importa vivere secondo la verità dello spirito, che è fatta soprattutto di disinteresse e di fraternità [37].
Alle elezioni politiche del 25-26 maggio 1958 fu eletto sia alla Camera, nella circoscrizione Milano-Pavia, che al Senato, nel collegio di Varese. Optò per la Camera, dove fu riconfermato anche nel 1963. In Parlamento fu molto attivo e si occupò di importanti tematiche, come l'abolizione dell'ergastolo, l'amnistia ai condannati per reati politici, la revisione della legge sulla censura cinematografica e teatrale, l'istituzione della polizia femminile. A questa intensa attività istituzionale abbinava quella artistica di autore di successo, soprattutto per i suoi drammi rappresentati in Italia e in America latina e trasmessi alla radio. Morì a Milano il 22 ottobre 1982.
L'Avanti! del giorno dopo gli dedicò ampio spazio: un articolo di Piero V. Scotti (Lo stile di Greppi: da "avvocato dei poveri" a sindaco della ricostruzione), uno di Virgilio Dagnino (Una militanza politica che non ebbe mai tentennamenti) e un circostanziato redazionale che riportava un telegramma di Sandro Pertini alla famiglia e un ricordo di Bettino Craxi: Apprendo con profondo dolore la scomparsa di Antonio Greppi, amico carissimo e compagno di una lunga milizia politica comune. Egli Sindaco di Milano per lunghi anni, Costituente, Deputato nella terza e quarta legislatura, impersonò le tradizioni più alte del socialismo milanese, senza limiti e riserve fu il suo impegno per la difesa della libertà, della giustizia, per i diritti delle classi popolari, per il rigore amministrativo. Conobbe la persecuzione politica che affrontò con grande dignità, fu un combattente antifascista, un uomo dì profonda cultura e di straordinaria umanità. Lascia un grande vuoto nella nostra vita democratica. (Sandro Pertini)
[Con lui] scompare una delle grandi figure superstiti della tradizione socialista, riformista, cristiana. Il suo nome resterà legato al 25 aprile della Liberazione, quando assunse la carica di Sindaco della città di Milano, guidando la riscossa morale dei democratici e la ricostruzione materiale della città devastata dalle distruzioni della guerra e appena liberata dall'incubo dell'occupazione straniera e dagli orrori della guerra civile. In molti campi Antonio Greppi ha lasciato il segno della sua umanità, del suo inesauribile spirito di solidarietà, della sua cultura creativa. Figura familiare ai socialisti milanesi e a tutti i socialisti italiani, Antonio Greppi scompare circondato dall'affetto di tutti, e dalla ammirazione e dalla stima di quanti lo conobbero per il suo senso cristiano della vita, per la sua personalità integerrima, per la coerenza di una lotta antifascista che vide il martirio di suo figlio, per il suo legame profondo con i lavoratori e con il movimento socialista, per l'amore profondo che egli portava a Milano. Le pagine gloriose della libertà, della storia di Milano porteranno per sempre anche il Suo nome ed i socialisti onoreranno per sempre la Sua memoria. (Bettino Craxi)
Giuseppe Rebuschini (1839-1909), originario di Dondo (CO), studiò matematica all'Università di Pavia. Partecipò, come sergente, alla II guerra di indipendenza (1859) nei Cacciatori delle Alpi, comandati da Garibaldi. Nel 1860, a 21 anni, fu tra i Mille di Garibaldi e partecipò alle battaglie di Calatafimi e del Volturno, raggiungendo il grado di tenente. Si dedicò poi alla vita pubblica, occupando varie cariche, fra cui quella di sindaco di Besozzo.
Vi contribuì anche la zia materna Sofia Rebuschini, una delle prime dottoresse in Filosofia in Italia.
Mondolfo ebbe anche un altro allievo destinato a diventare un famoso dirigente socialista: Lelio Basso.
Nelle elezioni del 14-6-1914 a Milano, il PSI ottenne 64 seggi su 80 e sindaco fu eletto l'avv. Emilio Caldara (1868-1942), di orientamento riformista. Nel 1921 e nel 1924 egli fu eletto anche deputato, carica da cui fu dichiarato decaduto nel 1926, come tutti gli aderenti alla secessione parlamentare dell'Aventino, attuata dalle opposizioni in seguito all'assassinio di Giacomo Matteotti.
Un figlio, Mario, e due figlie, Enrica e Maddalena.
Eccone alcune: Vita e passione d'avvocato (1939), I poveri fanno la storia (1948), La coscienza in pace (50 anni di socialismo) (1963), Lunga lettera a Bianca (1967).
Fra le sue numerose opere teatrali ricordiamo: L'avvocato dei poveri (1939), Passeggeri (1951, premio “Città di Bologna”), Quel matto di Kroll (1957, premio “Rosso di San Secondo”, Lentini), La tromba degli angeli (1957), La giustizia e la libertà (1978).
Della rivista era direttore Ernesto Teodoro Moneta (1832-1918) patriota, garibaldino e pacifista, nonché unico italiano a vincere il Premio Nobel per la pace (1907).
La Direzione del PSU era composta da Giacomo Matteotti (segretario), Emilio Zannerini (vicesegretario), Gino Baldesi, Nullo Baldini, Giuseppe Canepa, Francesco Flora, G. Emanuele Modigliani, Ferdinando Targetti, Claudio Treves, Filippo Turati e Antonio Greppi, in rappresentanza dei giovani. Organo del nuovo partito socialista fu La Giustizia, con direttore Claudio Treves e redattore capo Vincenzo Vacirca. Simbolo del partito il sole nascente.
Il giornale Libertà! (inizialmente diretto, per poco tempo, da Giovanni Zibordi), sorse nel gennaio 1924 e cessò le pubblicazioni nel febbraio 1925. Durante la sua breve esistenza vi comparvero firme prestigiose, quali quelle di Basso, Faravelli, Gobetti, Rosselli, Turati, Matteotti, Mondolfo, Levi, etc.
Fu detto l'avvocato dei poveri. Infatti collaborava con l'ufficio legale per i poveri dell'Umanitaria, istituto filantropico di Milano fondato nel 1893.
All'estero i socialisti si erano riunificati, mettendo fine all'ormai inutile diatriba riformisti-massimalisti. Il congresso dell'unità si era svolto a Parigi, nella Casa dei socialisti francesi, il 19 e il 20 luglio 1930. Vi erano confluiti l'ala fusionista del PSI guidata da Pietro Nenni e il PSULI di Filippo Turati e Giuseppe Saragat. Non vi aveva aderito l'ala massimalista ortodossa del PSI, guidata da Angelica Balabanoff (PSIm), che si disgregherà nel 1940. Il nuovo partito si era denominato PSI/Sezione dell'Internazionale Operaia Socialista (PSI/IOS).
Il PSIUP nacque in seguito a una riunione in casa di Oreste Lizzadri a Roma nei giorni 22 e 23 agosto 1943. Vi confluirono il PSI (Pietro Nenni, Giuseppe Romita), il Movimento di Unità Proletaria per la repubblica socialista (Lelio Basso, Corrado Bonfantini) e l' Unione Proletaria Italiana (Giuliano Vassalli, Mario Zagari).
Ne facevano parte sei partiti: PCI, PSIUP, PdAz, Democrazia del Lavoro, DC, PLI. Il PSIUP vi era rappresentato da Pietro Nenni e Giuseppe Romita.
A Mario Greppi sono intitolati una scuola e una via. Su casa Greppi i suoi compagni di lotta collocarono una lapide in suo ricordo: “A MARIO GREPPI/ CHE ALLA SUBLIME CAUSA/ DELLA LIBERTA' INTREPIDO/ VOTO' LA GIOVINEZZA CONSAPEVOLE/ QUI DOVE A TRADIMENTO FU RECISA/ I COMPAGNI DELLE FORMAZIONI MATTEOTTI/ IN SUO NOME IMPEGNANDOSI/ NEL PRIMO ANNIVERSARIO/ CONSACRANO/ 26 GIUGNO 1920 - 23 AGOSTO 1944”.
Il CLNAI, in seguito all'autorizzazione del CLN centrale di Roma, era stato fondato il 7-2-1944. Per il PSIUP inizialmente ne facevano parte Roberto Veratti (1902-1943), avvocato e partigiano, e Domenico Viotto (1887-1976), falegname antifascista e nel dopoguerra due volte deputato.
Prima della dittatura fascista c'erano stati a Milano due sindaci socialisti: l'avvocato Emilio Caldara (1914-1920) e il medico Angelo Filippetti (1920-1922).
Anche attraverso mense collettive e ristoranti del popolo.
Il Piccolo Teatro si proponeva di rappresentare spettacoli di qualità per un pubblico il più ampio possibile. Ne furono promotori due celebri registi socialisti: Paolo Grassi (1919-1981) e Giorgio Strehler (1921-1997)
Una commemorazione di Matteotti terrà anche a Zurigo l'8 giugno 1946, come si apprende dal quindicinale socialista svizzero L'Avvenire dei lavoratori del 15 giugno 1946.
Le parole in corsivo sono tratte dal discorso di Greppi come riportato sull'Avanti! del 31-7-1945.
Il PSIUP risultò il primo partito di Milano, avendo ottenuto il 36,2 % e 29 consiglieri su 80. La DC ebbe il 26,9 % e 22 consiglieri e il PCI il 24,9 % e 20 consiglieri. Nella Giunta Comunale, appoggiata dall'esterno dal PRI, erano presenti 6 assessori socialisti, 6 democristiani e 6 comunisti.
In tale occasione il PSIUP riprese, su proposta di Olindo Vernocchi, l'antica denominazione di PSI.
In seguito a un rimpasto la Giunta risultò composta da 6 democristiani, 6 comunisti, 3 socialisti e 3 socialdemocratici.
L'UdS, con segretari prima Ivan Matteo Lombardo e poi Ignazio Silone, era sorta, nel corso di un “convegno dei socialisti indipendenti” del 7-8 febbraio 1948, dalla confluenza di tre diverse formazioni politiche: a) il gruppo di estrema destra del PSI di I. M. Lombardo, che aveva lasciato il Partito; b) il gruppo che ruotava intorno alla rivista Europa Socialista e al suo direttore Ignazio Silone; c) Il gruppo di ex azionisti non confluiti nel PSI, denominato “Movimento di Azione Socialista-Giustizia e Libertà”, guidato da Tristano Codignola.
L'MSA era stato costituito dalla nuova corrente autonomista del PSI, guidata da Giuseppe Romita, che nel maggio 1949 aveva lasciato il partito.
Sulla formazione e vita del PSU si veda il saggio di Ferdinando Leonzio Il Partito Socialista Unitario (1949-1951) 2°, pubblicato dalla rivista mensile online La Rivoluzione Democratica del febbraio 2019.
A Milano aderirono al PSU 7 consiglieri comunali.
I 3 assessori del PSI furono sostituiti con 3 del PSLI. La Giunta rimase in carica fino alla scadenza della legislatura (maggio 1951).
La coalizione centrista ottenne il 53,10 % e 53 seggi su 80. Di essa faceva parte la lista PSU-PSLI (14,57 % e 15 seggi). All'opposizione era ormai il PSI (14,08 % e 8 seggi). Nuovo sindaco venne eletto il socialdemocratico Virgilio Ferrari, illustre tisiologo.
Pare si debba a lui l'appellativo di legge-truffa dato a quella iniziativa.
In l'Unità del 25-12-1952.
Per questa vicenda si vedano i saggi di Alessandro Roveri Per Tristano Codignola in Problemi della transizione, 1982 e, di Paolo Bagnoli, Il socialismo di Tristano Codignola, Milano, Biblion, 2009.
Il PSI ottenne il 12,70 % e 75 deputati; il PSDI il 4,51 % e 19 deputati.