SPIGOLATURE: HARVARD, TERZO MANDATO, PALESTINA
di Paolo Bagnoli

26-05-2025 -

Ciò che accade in America, all’università di Harvard, ha tutto fuorché dell’incredibile anche se, per pur coscienti di quanti mali abbia la democrazia americana, credevamo che mai saremmo giunti a tanto. Un ministra, quella alla sicurezza, tale Kristi Noem, già passata alla storia per aver sparato – sì sparato – al proprio cane perché giudicato “inefficiente” e che ama sbarrare gli occhioni in posa davanti ai migranti chiusi in gabbia, ha notificato che l’Università di Harvard non può avere studenti stranieri, compresi quelli già iscritti. Chi non è americano non avrà la possibilità di stare ad Harvard: sarà espulso, dovrà andare altrove. E perché? Per sradicare il male dell’antimericanismo. Dalle parole – anch’esse assai gravi – dell’Amministrazione Trump contro l’Ateneo in cui si erano registrate manifestazioni pro-palestinesi, siamo passati velocemente alla violenza. Meno male che l’America non è solo Trump; esiste una società civile viva e non tutta la magistratura è silenziata dal potere presidenziale; infatti, qualche giudice si è già mosso. Ma il fatto è di una gravità inaudita. Harvard resisterà, ne siamo sicuri; a differenza della Columbia University non piegherà la testa. Rendiamogli onore: è resistenza contro il fascismo perché di altro non si tratta che di opporsi a pratiche fasciste.



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La discussione sul terzo andato per i presidenti delle Regioni non ha motivazione politica o istituzionale valida alcuna. E’ solo il sintomo, uno dei tanti, di come la crisi della politica acceleri sempre più la propria natura istituzionale. Infatti, le giustificazioni che vengono portate sono immorali e privatistiche: esse vertono sul fatto che tizio ha fatto bene e, quindi, si meriti la possibilità di un terzo mandato; oppure, che caio sia tanto popolare, che non può essere negato al popolo il non averlo più dopo dieci anni di mandato; o ancora, che dopo dieci anni, si dia a un presidente la possibilità di poter completare il proprio programma. Siamo nella ridicolaggine. E nemmeno le ragioni per cui le entità a statuto speciale hanno la facoltà di decidere in materia reggono poiché tale materia non è di loro competenza e la legge dello Stato è sempre sovraordinata rispetto a quella di sue parti, siano queste autonome oppure no.
Nel vuoto totale, - un vuoto che allarga se stesso giorno dopo giorno – dei regolatori della politica a fondamento costituzionale quali sono i partiti, lo Stato è’ in balia di ceti politici, di gruppi d’interessi, di consorzi di corruzione: insomma, di vere e proprie compagnie di ventura che rispondono a interessi privati che badano solo ai propri interessi che non sono, naturalmente, quelli della collettività, per quanto sia ancora possibile farlo. E’ Il trionfo del privatismo.
La legge, quando è sbagliata o inadeguata, è prerogativa dei sistema democratico cambiarla; quando non lo è, come nel caso dei due mandati, se ciò avviene è solo per la decadenza della politica e, quindi, del diritto. E’ un ulteriore passo in avanti verso lo smantellamento dello stato di diritto che è il presupposto del sistema democratico.


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Alla fine, quanto era nelle premesse, è avvenuto, l’antisemitismo – sulla cui pericolosità da queste pagine siamo più volte intervenuti - ha figliato quanto gli è congeniale: l’assassinio degli ebrei. Yaron e Sarah sono stati uccisi a Washington perché ebrei dalla mano armata dall’odio di uno che invocava la Palestina libera.
Dell’antisemitismo presente e crescente nel mondo si è scritto, parlato e documentato; l’allarme più volte suonato, ma, alla fine, non è stato fatto nulla. Dopo l’azione assassina di Hamas del 7 ottobre e la reazione israeliana – che non poteva, naturalmente non esserci, ma non come l’ha attuata il premier israeliano nel far mancare anche gli aiuti umanitari a una popolazione ridotta alla sopravvivenza e vittima, essa stessa, dei terroristi di Hamas ha finito per dare sponda alle più varie e confuse varie contrarietà contro Israele - si sono verificati due punti di valutazione tra chi riteneva che la soluzione “due popoli due stati” potesse stare ancora in piedi e chi, invece, riteneva fosse tramontata definitivamente. A nostro avviso quest’ultima ipotesi è ciò che vuole il premier israeliano. In passato, infatti, anche grazie a finanziamenti del Quatar Netanyahu, lasciando libero insediamento ai coloni che rappresentano l’ala destra dello schieramento politico israeliano ha giocato di sponda con Hamas per liquidare definitamente l’autonomia politica della Cisgiordania, ossia il pre-Stato di Palestina. Ai coloni Netanyahu si appoggia per consolidare il proprio potere personale sapendo bene che la fine di questa vicenda, quando avverrà, segnerà pure quella della sua presenza sulla scena politica.
Tralasciando quanto sarebbe necessario, ossia tornare con precisione logico-storica sulle diversità tra antisionismo, antisemitismo, senso dello Stato di Israele e pure se la comunità ebrea possa considerarsi un popolo o una nazione - solo per ricordare alcune tematiche fondamentali della questione - ma passando subito al dato politico nella condanna più assoluta del, 7 ottobre e non sulle ragioni della risposta che ci doveva essere e non poteva che essere dura, ma su come essa a un certo punto è diventata barbarie antiumanitaria, noi crediamo che la soluzione dei “due popoli due Stati “sia l’unica possibile.
Fino ad oggi tale soluzione è stata considerata alla stregua di una formula magica; essa racchiude una verità e una debolezza. La verità è che la pace e la convivenza non hanno altra strada che questa; la debolezza è che, trattandosi di due popoli uno dentro l’altro, non è prevista nessuna forma di salvaguardia delle minoranze interne. Latita, cioè, il diritto internazionale a dare costrutto alla soluzione politica.
In Israele vive una comunità araba che ha uno status differenziato da quello della popolazione ebrea, perché nello Stato palestinese non potrebbe esserci una comunità ebrea con un suo status? In fondo succede anche in Italia con l’Alto Adige. Nel caso della Palestina andrebbero rimosse le occupazioni coloniali dei coloni e poi costruire le forme della convivenza.
Semplicistico o utopico? No, politicamente realistico. I morti di Washington ci danno il livello cui è giunto l’odio contro gli ebrei; i brividi ci corrono lungo la schiena. Allora perché, da parte di tanti governi, invece di invocare un’azione dell’Onu, visto che l’Onu è fatta dai Paesi che ne fanno parte, dopo le solite frasi di rito al dolore per l’assassinio commesso, non viene presa un’iniziativa, dentro l’Onu, per una grande, planetaria campagna, contro l’antisemitismo?





Fonte: di Paolo Bagnoli