Da quanto si apprende, i 27 Paesi dell’UE hanno dato il via libera all'accordo tra Unione europea e Gran Bretagna, dopo il recente vertice di Londra, il primo del post-Brexit atteso come l’occasione per suggellare quel ‘reset’ invocato dal premier laburista Keir Starmer che ha incontrato la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, e il presidente del Consiglio europeo Antonio Costa.
L'ok formale dei Paesi membri è arrivato attraverso la cosiddetta procedura scritta, che ha fatto seguito al via libera di principio della riunione dei Rappresentanti Permanenti dei 27. L'accordo riguarda un partenariato per la sicurezza e la difesa, una dichiarazione di solidarietà Gb-Ue e un'intesa comune su temi che vanno dalla difesa al commercio, dalla pesca alla mobilità giovanile.
L'accordo segna l'inizio di un nuovo capitolo nelle relazioni dell’Ue con il Regno Unito, che resta comunque un vicino alleato e partner globale. Il processo negoziale che ha preceduto il vertice è proseguito fino all'ultimo minuto ma i negoziati si sarebbero sempre svolti in uno spirito di buona fede da entrambe le parti con un risultato molto positivo. Nessuna delle linee rosse tracciate dal Regno Unito o dall'Ue è stata superata. Si volta pagina e ci si avvia verso un nuovo partenariato strategico.
Il reset, voluto tanto da Londra quanto da Bruxelles sull'onda della crisi ucraina e del terremoto scatenato da Donald Trump, avverrebbe non solo a parole ma con risultati concreti. Una dichiarazione congiunta definisce la futura cooperazione su questioni globali fondamentali come Ucraina, Medio Oriente, Balcani ma anche il multilateralismo e la stabilità economica. Poi, si aggiungerà la firma di un partenariato in materia di sicurezza e difesa che apre la strada alla partecipazione del Regno Unito ai programmi di difesa dell'Ue, come il Safe (il cui regolamento definitivo è stato già concordato proprio dai 27). Infine, un'intesa comune su un'agenda rinnovata per la cooperazione, individua i settori in cui Gran Bretagna ed Unione Europea lavoreranno più strettamente insieme.
Vi rientrano i temi su cui bisogna limare ancora un po' come ad esempio la mobilità dei giovani, che prevede il rientro della Gran Bretagna nell'Erasmus su cui c'è la sostanziale volontà di chiudere il prima possibile. La volontà manifestata è quella di continuare ora a collaborare per esplorare risultati reciprocamente vantaggiosi in questi settori.
Il concetto di "Brexit Reset" si riferisce alla strategia del governo laburista di Keir Starmer rivolta a ridefinire le relazioni tra il Regno Unito e l'Unione Europea, ma senza un ritorno formale all'intendo dell'UE. Questo approccio mira a migliorare la cooperazione in settori chiave, mantenendo però l'autonomia britannica post-Brexit. Il governo britannico vuole eliminare alcune barriere commerciali, migliorare la collaborazione in sicurezza e difesa e rilanciare programmi giovanili. Tuttavia, l'UE chiede garanzie su pesca e mobilità, mentre Starmer deve equilibrare i rapporti con Bruxelles e Washington, specialmente dopo le minacce di dazi da parte di Trump.
Ad oggi, il "reset" è più realistico di un ritorno nell’UE, ma senza passi concreti verso una riadesione.
I passi già compiuti sono il ritorno nel programma scientifico Horizon Europe; gli accordi di cooperazione in sicurezza e difesa; il possibile ripristino di un programma di mobilità giovanile tra UE e Regno Unito.
L'uscita del Regno Unito dall'UE (Brexit) ha avuto conseguenze economiche rilevanti, incidendo su commercio, investimenti e inflazione. Una eventuale reintegrazione potrebbe alleviare alcune difficoltà, ma comporterebbe anche costi politici e negoziali.
Alcuni degli impatti principali della Brexit sono: la riduzione degli investimenti del 23% rispetto alle proiezioni pre-uscita; l’aumento del 23% dei prezzi dei prodotti alimentari a causa delle barriere commerciali.
Un ritorno nell’UE potrebbe migliorare la situazione ma solo a lungo termine, e con costi politici elevati.
Nonostante la crescente insoddisfazione per la Brexit e il desiderio di molti britannici di rivedere le relazioni con l’UE, un ritorno nel blocco comunitario resta un’ipotesi complessa. Il percorso sarebbe lungo e pieno di ostacoli, sia politici che economici.
Il rientro richiederebbe anni di negoziati e nuove condizioni. Per adesso il "reset" è più realistico del rientro: l’attuale strategia britannica mira a rafforzare i legami senza una adesione formale.
Un cambiamento nell’umore politico dell’opinione pubblica potrebbe accelerare un ripensamento, ma l’UE in questo periodo ha altre priorità.
Al momento, il Regno Unito non ha un piano concreto per tornare nell’UE. Tuttavia, le relazioni con Bruxelles stanno evolvendo, e nei prossimi anni potremmo assistere a un riavvicinamento graduale, se non a un vero e proprio ritorno.
Al momento possiamo prendere atto del fallimento della Brexit come già ipotizzato in alcuni miei precedenti articoli pubblicati su Avantionline.
Questo riavvicinamento oggi è particolarmente significativo nei rapporti evolutivi della geopolitica dove la ricerca di un nuovo equilibrio di pace globalizzata è auspicabile nel più breve tempo possibile.