"LA BATTAGLIA DELLE IDEE" di Paolo Bagnoli

25-12-2017 -

La stagione politica apertasi dopo la "repubblica dei partiti" venne da molti rappresentata come l´inizio di una transizione anche se nessuno, di quelli che dovevano farlo, ha mai spiegato verso dove si fosse diretti. Certo c´era una gran frenesia, soprattutto da parte dei postcomunisti, i quali, dopo il trauma causato della vittoria di Silvio Berlusconi nel 1994, tramite l´Ulivo e un sistema elettorale che portava al cosiddetto bipolarismo di coalizione, finalmente coronavano il loro sogno di metter su casa comune coi democristiani che guardavano a sinistra. Forse per loro era questa la transizione. Poi è venuto il renzismo, il grillismo, il referendum costituzionale, la riapparizione dei fascisti; insomma, è stato tutto un susseguirsi di fatti che hanno prodotto il pantaneto nel quale si trova la Repubblica. Via via, atto dopo atto, è stato un inanellarsi di tatticismi, furberie, uso smodato dei media, di cose dette per fare titolo, di smanie smodate di leaderschip senza leader credibili e rendere concreta, sempre, la vocazione al governismo che è il vero tratto dell´ultimo quarto di secolo della nostra vita politica.
Sociologi e politologici – con tutto il rispetto, naturalmente – hanno dato fiato alle trombe; le riflessioni si sono accavallate le une sulle altre; nel complesso è rimasto poco; purtroppo è mancata un´idea ricostruttiva della politica democratica nonché di quella dei partiti quali soggetti imprescindibili per darle corpo. Una regressiva stagnazione ha preso il posto dell´annunciata e salvifica transizione; la classe politica che abbiamo ne è ,nell´insieme, il riflesso fedele. I problemi dei primi anni ´90 sono tutti lì e un implacabile tarlo continua a sbriciolarli dal di dentro. Meno male che il referendum costituzionale è stato bocciato perché se fosse passato la transizione si sarebbe chiusa senza esserci stata; la speranza di una Repubblica migliore, ma fedele a se stressa e alle proprie radici, sarebbe stata cancellata probabilmente per sempre. La lezione che ci viene dal dicembre 2016 non è, tuttavia, servita perché sarebbe stato opportuno, anzi doveroso, che finalmente si aprisse un grande, libero, spregiudicato se vogliamo, dibattito intrecciando storia, cultura e politica dentro e fuori il Palazzo con un´ampia partecipazione intellettuale e sociale; che si aprisse, finalmente, quella battaglia delle idee che l´Italia ancora aspetta dalla caduta della cosiddetta "prima repubblica". Ahimè, di tutto ciò, non si è sentita nemmeno l´esigenza e, quindi, non c´è nemmeno da stupirsi del livelli non edificanti dello scontro politico cui stiamo assistendo, oggi reso più velenoso con le elezioni alle porte. L´insieme della scena è sovrastato da una specie di morbosità politica che alimenta qualunquismo, populismo e demagogia. Il presidente Sergio Mattarella ha invocato proposte realistiche capaci di suscitare fiducia ricordando ai "partiti" che è doveroso concorrere al bene dell´Italia. Osservazioni di buon senso e di responsabilità, ma adatte a un paese normale; purtroppo le nostre anomalie si sono accentuate. Una volta i partiti organizzavano la gente e non pensavano esclusivamente al potere; tramite i partiti la gente era nella politica oggi siamo a una politica senza gente e, di conseguenza, per i "partiti" attuali è quasi naturale identificare il bene dell´Italia con quello proprio.
Il Paese deficita di consapevolezza sulla portata della propria crisi; se non si ridarà vita a una stagione delle idee mancherà quel realismo capace di suscitare fiducia chiesto da Mattarella perché mancherà l´elaborazione di un´idea dell´Italia, del suo funzionamento, di come agiscono i suoi poteri, della crisi sociale che si pensa di arginare con bonus e offerte istituzionali temporanee, con il taglio delle pensioni, con un aumento impressionante della povertà che oramai non negano nemmeno i più inossidabili liberisti, con un carico fiscale soffocante e un debito pubblico che continua a aumentare e che, alla fine, diviene l´alibi per bloccare ogni intervento socialmente incisivo tanto che i poveri lo sono sempre di più, il ceto medio si sgretola a poco a poco, mentre i ricchi continuano ad arricchirsi. Potremmo continuare. Sono le idee, quelle vere s´intende, che stanno alla base della politica democratica; senza di esse si arriva al cortocircuito.
La fiducia occorre averla nelle idee, nel dibattito culturalmente e ideologicamente fondato, sullo stato di socialità della società; su come pensiamo l´Italia di oggi con lo sguardo al futuro. La prima riforma riguarda il campo morale e intellettuale da cui discende quello politico, ma per farlo maturare necessita una battaglia delle idee condotta dalla bussola della democrazia.


CAMPO APERTO
E´ cosa nota che, prima di diventare un leader politico, l´on. Luigi Di Maio – Giggino per gli amici –facesse lo steward allo stadio San Paolo di Napoli. Niente di male: degnissima occupazione. Chissà, ci domandiamo, se fin da allora, prima di accompagnare chi doveva al posto che gli spettava, faceva le "poltronarie" visto che, a stare dalla stampa. ha già assegnato le poltrone in un suo eventuale governo. La saggezza ci dice che non è buona cosa vendere la pelle dell´orso prima di averlo preso. E comunque, avendo pratica degli stadi, dovrebbe sapere che le partite si chiudono all´ultimo minuto del secondo tempo. Non è, però, l´unica cosa che sembra non sapere. Un aspirante presidente del consiglio dovrebbe,infatti, sapere che i trattati internazionali, secondo la nostra Costituzione, non possono essere sottoposti a referendum. Quando glielo hanno fatto notare ha cercato di rettificare, ma è stato chiaro che tale norma non gli era presente. Forse, tra il primo e il secondo tempo delle partite del Napoli poteva dare un´occhiata alla Costituzione!

Pirgopolinice