ULTRACREPIDARIAN
di Enno Ghiandelli

26-05-2025 -

Nel settembre 2024 è uscita una nuova edizione di Socialismo liberale edita da Historica, una casa editrice della quale ignoravo fino ad allora l’esistenza. Ho visto che il direttore editoriale della casa editrice è Francesco Giubilei che fra i suoi importanti incarichi ricopre anche quello di presidente della Fondazione Giuseppe Tatarella un Centro Studi della destra intitolato ad uno dei più importanti dirigenti prima del Movimento Sociale e poi di Alleanza Nazionale. Curatore dell’opera è Danilo Breschi, professore universitario del quale ho particolarmente apprezzato alcune sue pubblicazioni su Ugo Spirito e Camillo Pellizzi (con Gisella Longo). Con tale pedigree mi sono augurato che si affrontasse il problema del corporativismo in relazione al Socialismo liberale. Tema che negli anni scorsi viene posto al centro del dibattito storiografico da alcuni esponenti di cultura liberale, come il Prof. Domenico Settembrini che scrisse un articolo dal suggestivo titolo, ma per niente corrispondente alla verità storica, “Fascisti e azionisti carissimi nemici” (Nuova Storia Contemporanea, a. II 1998 n. 4 Luglio agosto, pp. 53-70), nel quale si adombra che le proposte politico economiche contenute in Socialismo liberale siano molto simili al corporativismo fascista, il tutto condito con una accusa nei confronti di Rosselli di frontismo.

Ho sperato che proponesse una lettura diversa dell’opera di Carlo Rosselli che si basasse su quanto egli ha realmente scritto. Niente di tutto ciò, ma una serie di affermazioni con una stanca ripetizione di luoghi comuni che variamente si sentono nelle più diverse sedi con una lettura che vuol essere, ideologicamente e sciattamente, antimarxista che non ha mai approfondito il pensiero del politico fiorentino. La più nota è quella che racconta di Rosselli come seguace dal fabianesimo inglese, niente di più falso, ecco cosa ne pensa: è una “…bubbola, una truffa volgare…” (C. Rosselli, Il Movimento operaio, in Socialismo liberale ed altri scritti, Torino, Einaudi, 1973, p. 72).
Associato a questo luogo comune ne esiste un altro, quello di un Rosselli, molto attratto dal Labour Party, in realtà la sua ammirazione si limita al modello organizzativo (C. Rosselli, Aggiunte e chiose al bilancio marxista in Socialismo liberale e altri scritti, Torino, Einaudi, 1973, p. 361). Soprattutto durante il fascismo, prima (B. Webb, Our stay in Rome. From a note-book, Appendix in Diaries of Beatrice Webb, Typewritten transcript, vol. 39, October 1924- May 1929, p. 427) e dopo la fuga da Lipari (A. Garosci, La vita di Carlo Rosselli, vol. II Firenze, Vallecchi, 1973, p. 349) ebbe scontri politici duri con i labouristi circa l’essenza del fascismo.

Torniamo alla introduzione del Prof. Breschi. A pagina 28 si cita una affermazione di Rosselli nella quale equipara l’ ”uomo marxista” all’ ”uomo economico” teorizzato da Jeremy Bentham. È vero, ma se non si specifica bene di quale utilitarismo si tratta si rischia una terribile confusione. L’Autore evidentemente ignora un interessante scritto di Carlo Rosselli intitolato Utilitarismo ed Economia dove il fiorentino afferma: “Individualismo, egualitarismo, socialismo, ottimismo, ecco i quattro articoli della fede utilitaria integrale”. (C. Rosselli, Scritti inediti di economia politica (1924-1927), Milano, BiblionEdizioni, 2020, p.321).
Questa puntualizzazione appare necessaria perché è da un eretico dell’utilitarismo William Godwin che si arriva al gildismo socialista, il vero punto di riferimento ideale di Rosselli, che lo elabora in un ambito di grande autonomia.

“Il socialismo delle gilde era in sostanza una dottrina etica e non materialistica. In contrasto col socialismo di Stato e con quel che in breve si sarebbe chiamato comunismo, esso partiva affermando l’importanza vitale della libertà individuale e di gruppo, e la necessità di estendere la responsabilità sociale a tutto il popolo rendendolo il più possibile arbitro della propria vita e delle condizioni in cui svolgeva il suo lavoro quotidiano.” (G.D.H. Cole, La seconda internazionale 1889-1914, in Storia del pensiero Socialista, Bari, Laterza, 1972, vol. III, tomo I pp. 295).

Il concetto di “democrazia funzionale” raccoglie seguaci anche nella sinistra dell’Europa continentale, i suoi esponenti più noti, sono Cole, Hilferding, Karl Polanyi e Otto Bauer. Il curatore del volume sostiene la tesi che il PSI di Craxi sostituisce Marx ed Engels con Proudhon e Rosselli anche in questo caso si segue una vulgata tanto cara alla destra italiana.
L’articolo di Craxi (B. Craxi, Il Vangelo socialista in L’Espresso, 27 agosto 1978, pp. 24-30) si limita a citare Rosselli in due punti quando, associandolo a Russel e a Cole, parla della differenza fra socialismo e comunismo, e più avanti quando attribuisce a Rosselli la definizione di socialismo come un “liberalismo organizzatore e socializzatore”. Secondo Rosselli, invece, il Socialismo liberale dopo “la rivoluzione italiana - ovviamente rivoluzione per abbattere il fascismo - dovrà, sulle macerie dello Stato fascista capitalista, far risorgere la Società, federazione di associazioni quanto più libere e varie possibili. Avremo bisogno anche domani di una amministrazione centrale, di un governo; ma così l’una come l’altro saranno agli ordini della società e non viceversa. L’uomo è il fine. Non lo Stato” (C. Rosselli, Contro lo Stato in Giustizia e Libertà, a. I (1934), n. 19, 21 Settembre, p. 1). Mi sembra molto diverso da quanto riportato nel suddetto articolo.

Il primo paragrafo dell’articolo craxiano ha come titolo “Aveva ragione il vecchio Prudhon” e quindi sceglie che il faro ideologico del PSI sarebbe stato il cosiddetto socialismo utopista. Errore più grande non si sarebbe potuto commettere. L’inizio del capitolo V del Socialismo liberale (Il superamento del marxismo) viene citato mutile di una frase che da sola fa cadere tutta l’impostazione politica della introduzione:
“Quando noi diciamo che Marx è superato non intendiamo davvero dire con questo che nulla rimanga di vivo e di vitale di vitale nel suo pensiero. Al contrario nessuno può sognarsi di patrocinare un totale quanto assurdo rinnegamento di Marx, per un ritorno all’utopismo, o a correnti solidaristiche, o teorie antistoriche, giustamente obliate per il loro formalismo.” (Socialismo liberale, introdotto da D. Breschi, op., cit., p. 153).

Per Rosselli la realizzazione del socialismo passa attraverso la lotta di classe, lotta che viene individuata attraverso una sua autonoma valutazione che non prevede alcun determinismo che si può riassumere con il classico “il socialismo sarà ma potrebbe anche non essere” “Si può accettare la teoria della lotta di classe come un fatto e ritenere che avrà uno sbocco diverso da quello previsto da Marx o che costituirà in eterno il lievito della vita associata. Viene meno cioè quello che era ed è – in realtà – il fulcro e la ragion d’essere di tutto il sistema: vale a dire la scientifica dimostrazione della necessità storica di una soluzione socialista. La necessità del socialismo si trasforma nella necessità del moto socialista, della lotta tra proletariato e borghesia e questa lotta appare ormai aperta a tutte le possibilità e a tutte le conclusioni”. (C. Rosselli, Socialismo liberale…, op. cit., p.392).

Il suo socialismo etico può benissimo fare a meno di quello scientifico, perché il socialismo serve per creare un più elevato grado di libertà e non a realizzare la dittatura di una classe sulle altre.





Fonte: di Enno Ghiandelli