Tra gli impegni che attendono al varco il governo guidato da Giorgia Meloni c'è la ratifica del MES. Facciamo un passo indietro e cerchiamo di mettere in fila qualche informazione su questo importante accordo.
Lo European Stability Mechanism (ESM, in italiano MES) costituisce il risultato di un accordo intergovernativo siglato nel 2012 per fare fronte comune davanti al pericolo di crisi finanziarie. Deve in sintesi garantire la stabilità finanziaria della zona euro. Esso deriva dal precedente fondo salva-Stati. La sua funzione è quella d'intervenire a sostegno dei paesi colpiti dalla crisi attraverso una serie di misure la cui messa in opera è vincolata a precise condizionalità di volta in volta legate all'uso dei diversi strumenti a disposizione. Essi possono essere più o meno stringenti a seconda del tipo d'intervento richiesto (prestiti oppure apertura di linee di credito). L'assistenza può scattare se le condizioni economiche di un paese non gli permettono di finanziarsi sul mercato. La sua struttura interna è composta dai ministri delle finanze dell'area euro che vanno a formare il Consiglio dei Governatori. Il Consiglio assume all'unanimità tutte le principali decisioni ma può deliberare, in caso di urgenza, a maggioranza qualificata dell'85 per cento del capitale. Il diritto di voto dei vari membri è proporzionale alla quota di capitale versata. L'Italia ha versato oltre 14 miliardi. Il MES ha avuto modo d'intervenire finora a sostegno dell'Irlanda, del Portogallo, di Cipro, della Spagna e della Grecia.
Alcuni anni dopo ci si è accordati per rivedere alcuni aspetti del funzionamento del MES. La nuova versione del trattato è stata sottoscritta da tutti i paesi che ne fanno parte meno l'Italia. Qual è il motivo delle resistenze di Roma a firmare la nuova versione del MES?
La funzione principale del MES è quella di evitare o almeno ridurre il rischio che un paese dell'area euro preda di una crisi economica possa contagiare altri paesi. L'utilità del MES consiste nel concedere meno spazio possibile alla probabilità che si verifichi un default sovrano almeno laddove sia consentito intervenire in situazioni strutturalmente sane. La novità principale introdotta con la riforma del 2012 è l'aggiunta del cosiddetto “backstop” ovvero di un paracadute finanziario al fondo salva-banche. La versione aggiornata del MES non è stata ancora sottoscritta dal governo italiano (è l'unico a non averlo ancora fatto). I punti in discussione sono più di uno e alcuni di questi sono molto tecnici: l'accesso ai prestiti è fortemente condizionato al rispetto dei parametri di Maastricht (l'Italia sulla base dei parametri suddetti sarebbe esclusa); c'è poi il problema di una maggiore facilità della ristrutturazione del debito che ha suscitato in passato le perplessità anche dell'ex-Governatore Visco e del presidente dell'ABI Patuelli.
Benché la prima versione del MES sia stata approvata dal governo Monti, tutti i governi che si sono succeduti - i due esecutivi guidati da Giuseppe Conte, il governo Draghi e quello attualmente in carica – non sono riusciti a superare l'impasse parlamentare.
Il completamento dell'unione bancaria necessita dell'approvazione di tutti i paesi facenti parte del MES nella sua versione riveduta e corretta. L'incompletezza dell'unione bancaria rende il sistema nel suo complesso più vulnerabile alle crisi finanziarie. Per questa ragione l'UE a più riprese ha fatto pressioni sul governo di Roma affinché dia il via libera al trattato nella sua nuova forma ma al momento non esistono in parlamento le condizioni perché tale riforma possa essere approvata.