LA CRISI DELLA PARTECIPAZIONE POLITICA
di Loredana Nuzzolese

21-04-2025 -

L’Italia sta attraversando, da oramai alcuni decenni, una progressiva crisi della partecipazione sociale e politica. Dimostrano ciò la diminuzione degli iscritti ai partiti politici, il crescente distacco dai corpi sociali e il calo della partecipazione al voto. In particolare quest’ultimo aspetto, rappresenta un indicatore della salute democratica di uno Stato. In un’Italia in cui dilagavano le tensioni sociali, quale era quella del 1979, per le consultazioni nazionali il 94% del corpo elettorale si recò alle urne mentre per le consultazioni europee dello stesso anno l’86,1%.

Nelle recenti consultazioni i dati sono ben diversi e lontani da quegli anni. Si registra un crollo senza precedenti: le elezioni nazionali del 2022 fanno registrare i il 64% di affluenza, un dato non incoraggiante, che pone le elezioni del 2022 nella top 10 dei maggiori crolli di affluenza nella storia dell’Europa occidentale dal 1945 ad oggi; le elezioni europee del 2024, invece, vedono l’affluenza elettorale al di sotto del 50%, 49,7% per l’esattezza.

Il mantra che viene ripetuto, talvolta anche con un sentimento di rabbia, da molti astensionisti è “partecipare non serve a nulla”. Una convinzione ben radicata in questi cittadini, che fa sì che nelle elezioni dove si vota con preferenze e con liste proporzionali l’astensionismo sia ancora più elevato.

Le persone tendono a polarizzarsi fra “apatici” e “arrabbiati” a prescindere: i primi si disinteressano completamente della politica e della gestione della cosa pubblica, i secondi esprimono un sentimento negativo verso le istituzioni senza proporre soluzioni concrete.

La democrazia sta dunque attraversando un momento di crisi nelle modalità in cui si esplicita e anche dell’efficacia del suo funzionamento. La minaccia al suo indebolimento e alla sua erosione non va rintracciata solo nei fattori esogeni. Vi è prima di tutto una responsabilità individuale a livello di cittadino e una responsabilità politica di classe dirigente.

Ciascun cittadino deve prendersi cura della democrazia, informandosi in modo accurato e attivo, contrastando la disinformazione e partecipando con consapevolezza al dibattito pubblico.

La democrazia necessita di un atto implicito fra governatori e governati, basato su fiducia, competenza e responsabilità. La rappresentanza è una relazione costante, un percorso condiviso di idee, scelte e impegni, compresi quelli ostici.

L’antipolitica e l’illusione generata dalla abolizione della rappresentanza parlamentare, dal principio “uno vale uno” ha erroneamente portato ad un diffuso parere che politici e istituzioni affidabili, capaci di ascoltare le diverse e complesse istanze sociali, non rappresentino né una priorità né un principio cardine.

Le energie della comunità vanno ricondotte ai corpi sociali e ai partiti. Questi ultimi devono tornare ad essere centrali nella vita democratica, ad esercitare quel ruolo di ponte fra Stato e cittadini. Vi deve essere una offerta politica che incontri la domanda e svolga una attività di promozione capace di costruire una base ampia, come accadeva nel secolo scorso.

Dagli anni Novanta poi i tradizionali partiti di massa, eredi della Prima Repubblica, hanno iniziato a perdere fiducia e iscritti. Se un tempo il numero degli iscritti rappresentava circa l’8% della popolazione, oggi è del 2% della popolazione. Quel che manca talvolta alle attuali organizzazioni politiche è una ramificazione territoriale, un radicamento nella società in grado di alimentarla e di essere nutrita.

Sebbene la società si sia trasformata, i partiti rimangono sempre degli strumenti essenziali della democrazia non solo come organo di trasmissione degli indirizzi della società civile allo Stato ma anche per il compito fondamentale che viene assegnato loro: formare gli indirizzi politici e selezionare la classe dirigente dello Stato. Un carattere educativo quello a cui devono rispondere. Il confronto autentico e originale nel partito fra posizioni diverse ricondotte poi a una sintesi, rappresenta un percorso efficace di formazione.

Sì alla battaglia politica, no all’attitudine a galleggiare, all’impigrimento del coraggio e al conformismo. È fondamentale fornire una visione, un orizzonte di senso compiuto, una agenda politica che conosca i limiti del presente ma abbia al contempo la capacità di guardare oltre, al futuro.





Fonte: di Loredana Nuzzolese