LA COMUNICAZIONE POLITICA E L'USO DEI BIG DATA

28-03-2024 -

Nelle società occidentali attuali quasi ogni momento della vita individuale personale e professionale lascia dietro di sé una lunga serie di tracce e informazione digitali.

Un tipico processo di quella che viene definita età del Petabyte è quello della datificazione, ossia della trasformazione di singoli fenomeni in dati registrabili, analizzabili, riorganizzabili e tradotti in informazione.

La maggior parte dei big data viene raccolta in modo automatico con sistemi di digital analytics (app. social, web), grazie soprattutto alla rete web anche mobile in grado di tracciare i comportamenti degli utenti.

Indipendentemente dalla piattaforma e dal modo di produzione, le caratteristiche che contraddistinguono i big data sono: volume, varietà, velocità e voracità. I big data infatti, essendo generati in modo automatico e cumulativo, hanno enormi dimensioni di archiviazione telematica, possono essere strutturati (rappresentati cioè da dati riconducibili a numeri o categorie) o non strutturati (in quanto imprecisi e difficili da categorizzare), sono misurati da attività continue ed in tempo reale che necessitano di tecnologie specifiche come larghezza di banda e algoritmi specializzati, e spesso sono usati come base di partenza per generare informazione di qualità.

La trasformazione dei dati in informazioni fruibili viene utilizzata anche nel campo della comunicazione politica, per intercettare le modalità in cui gli attori politici mettono in pratica le strategie di comunicazione. Disponendo e analizzando ampie e diversificate basi di dati è possibile attivare la “computational politcs” che avviene tramite l’applicazione di metodi computazionali a dataset di grandi dimensioni riferiti a dati online e offline, con lo scopo di condurre attività di sensibilizzazione, persuasione e mobilitazione al servizio dell’elezione, promozione od opposizione a un candidato, una politica o una legislazione. In questo modo risulta possibile instaurare rapporti differenziati con gli utenti connessi ai social di qualsiasi età ed estrazione socioeconomica. Pertanto la datificazione dei comportamenti degli individui genera un patrimonio conoscitivo attraverso il quale predire comportamenti (tipicamente in sede elettorale), o sondare preferenze, ovvero ancora indirizzare messaggi a fini di consenso politico. Nello specifico la computational politics è formata da più elementi strettamente interrelati fra loro. Prima di tutto devono essere disponibili enormi quantità di dati personali. Incentrare strategie comunicative sulla base della raccolta e analisi dei dati provenienti dalle piattaforme permette di pensare gli individui più che come elettori come dei consumatori. Ogniqualvolta si applicano le tecniche di analisi dei big data, specie quelle di text mining e network analisys, si profilano i singoli individui e successivamente si riaggregano le singole individualità in clusters identificati sulla base di micro informazioni provenienti da preferenze, contenuti pubblicati, comportamenti rilevati e acquisti.

All’interno dei contesti politici polarizzati, dove il consenso non può essere trasversale, assumono maggiore rilevanza i modelli delle scienze comportamentali volti a influenzare e persuadere gli individui attraverso messaggi mirati. A campioni casuali vengono somministrati su larga scala stimoli diversi così da analizzare in tempo reale le reazioni e scegliere in tempi estremamente rapidi la configurazione del messaggio finale che segue una logica di “tune and match”, ossia di allineamento fra gli scopi del comunicatore e le preferenze degli utenti. Caso emblematico risulta essere la campagna elettorale di Donald Trump del 2016, durante la quale il team di analisti ha sondato le reazioni di diversi gruppi di utenti testando dalle 40.000 alle 50.000 versioni dello stesso annuncio.

Un ruolo importante all’interno della computational politics è giocato dalle social media companies. I big data sono di proprietà delle grandi aziende orientate a specifici modelli di business. Il possesso da parte loro di dati rilevanti per le campagne elettorali crea uno squilibrio informativo fra cittadini e attori politici. I primi non sono del tutto consapevoli di essere parte di un continuo monitoraggio data-driven, mentre i secondi acquisiscono numerose e rilevanti informazioni.

Infine gli esiti della computational politcs sono dibattuti: alcuni sottolineano che la personalizzazione delle dinamiche della comunicazione fa sentire gli individui più valorizzati all’interno dei processi politici decisi permettendo di sanare quella frattura sempre più marcata fra le istituzioni politiche e la base; altri, più avversi, pongono l’accento sulle conseguenze generate, fra cui il progressivo logoramento delle identità collettive che si formano per scelta e non per fedeltà automatica a modelli imposti e la frammentazione della sfera pubblica in quelle che vengono definite camere dell’eco dove ogni forma di dialogo e confronto sono assenti.




Fonte: di Loredana Nuzzolese