"IL DILEMMA DEL CITTADINO:
DAR FIDUCIA O NON DAR FIDUCIA?"

21-05-2023 -

L’antico proverbio popolare, ancora oggi attuale, recita “fidarsi è bene, ma non fidarsi è meglio”. In cosa consiste la fiducia e soprattutto in che misura è presente nella società italiana?

La fiducia è alla base della convivenza umana e della politica, una scorciatoia cognitiva nel processo decisionale, un riduttore di complessità specie in uno scenario in cui le tecnologie digitali accelerano i ritmi della vita e amplificano i dati e gli accessi alle informazioni. La fiducia politica, il “carburante che muove il motore della società” come afferma Mazzoleni, è essenziale per la cultura civica e necessaria per la tenuta del sistema democratico.

Ma quanto è diffusa la fiducia nei confronti delle istituzioni? Per provare a rispondere possiamo prendere come riferimento i sondaggi, con i limiti derivanti dalla loro stessa natura. L’intervistato che risponde al questionario dichiarando un’intenzione, una opinione o una dichiarazione di comportamento, afferma qualcosa che è figlio del momento in cui si svolge la rilevazione. Altre variabili poi da prendere in considerazione sono il margine di errore campionario e l’effettiva rappresentatività del campione, la quale consenta di costruire un sottoinsieme in grado di replicare una corretta distribuzione anagrafica, geografica, socio-economica della popolazione di riferimento.

Ogni anno LaPolis-Università di Urbino e Demos redigono un rapporto sugli atteggiamenti degli italiani nei confronti delle istituzioni e della politica. Secondo i dati del loro ultimo rapporto pubblicato (relativo all’anno 2022) le istituzioni che godono di maggiore fiducia sono rispettivamente le forze dell’ordine, il Papa e il Presidente della Repubblica, la scuola e il Comune, di cui si segnala un aumento del 3% rispetto la rilevazione 2021. Fanalino di coda per Parlamento e il partito, lo strumento per garantire un dialogo fra eletti e corpo elettorale, che si collocano al penultimo e all’ultimo posto, con una fiducia degli intervistati del 23% e del 14%.

I cittadini tendono dunque a dare fiducia alle istituzioni che garantiscono sicurezza e la tolgono a quanti nell’azione quotidiana mostrano di non tenere sempre a mente l’elettore. Va considerato un certo effetto conseguente all’agenda setting e alla agenda building (tematizzazione) per cui i media hanno una grande responsabilità nel costruire o nel demolire l’affidabilità delle istituzioni. I media infatti suggeriscono al pubblico non cosa pensare ma i temi attorno ai quali pensare, dettando l’”ordine del giorno” degli argomenti, dei problemi su cui discutere, definendo la gerarchia di importanza e priorità. Svolgono quindi un ruolo decisivo nell’agenda building selezionando i temi al centro del dibattito pubblico e con i quali la classe politica è obbligata a misurarsi.

Dai dati di cui disponiamo dall’indagine Eurobarometro (2022) emerge come la principale fonte di informazione per gli italiani sia la televisione. I cittadini sembrano poi affidarsi in misura maggiore ai media tradizionali rispetto a quelli social: tv e radio pubbliche sono affidabili per il 49% del campione.

Certo anche altri attori hanno contribuito a delegittimare le istituzioni rappresentative. Pensiamo al fenomeno del grillismo “apriremo il Parlamento come una scatoletta di tonno” – urlava nelle piazze Beppe Grillo – , alla ridicolizzazione delle culture politiche tradizionali promuovendo sentimenti antipolitici crescenti e un pericoloso anti parlamentarismo. L’insofferenza per le istituzioni, nel corso dei decenni, è stata alimentata altresì da parte della stessa classe politica attraverso una burocrazia soffocante nella vita dei cittadini, una propaganda e faziosità nelle scelte politiche, promesse roboanti non mantenute che hanno sviluppato un clima di antipolitica.

Da tempo si dice che la politica è in crisi. Ad essere in crisi sono la classe dirigenziale e il modello comunicativo demagogico incentrato sulla figura del leader, che uomo solo al comando non sempre riesce a rispondere alle esigenze di una società complessa.

All’epoca si riteneva che una politica più personalistica potesse condurre ad un avvicinamento fra partiti e popolo. La sua evoluzione, invece, ha portato, da Berlusconi in poi – anche se già ai tempi di Craxi qualche elemento era emerso – ad una progressiva leaderizzazione. I leader hanno portato con sé il capitale personalistico e talvolta intimistico che l’elettorato ha confuso con la fiducia. Personalizzazione ed evoluzione leaderistica sembrerebbero non aver giovato alla democrazia.

Non basta chiedere se un leader sia gradito. La curva dei tifosi, ovvero i nuovi movimenti di opinione, non può durare in eterno, la delusione e la disaffezione sono dietro l’angolo. Nell’ecosistema mediale in cui i social dominano, i leader operano in un sistema altamente competitivo, senza regole e anche piuttosto volatile. L’uso dei media diventa un rischio, un continuo conflitto. A ciò si aggiunge poi la spettacolarizzazione indotta dai media. Ogniqualvolta che nel politainment prevale l’intrattenimento sul dibattito pubblico, la misinformazione e la disinformazione trovano terreno fertile con conseguenze dirette per la democrazia.






Fonte: di Loredana Nuzzolese