"LE DUE FACCE DEL SOCIALISMO"

23-09-2017 -

Nella seconda metá degli anni ´50, nei locali della sezione del PSI a cui ero iscritto, ebbi occasione di assistere – ancor giovanissimo - ad una curiosa diatriba.
Il Direttivo aveva deliberato di convocare un´assemblea degli iscritti, circa 150, ai quali dunque occorreva mandare l´invito, dopo aver trascritto, sui ciclostilati giá predisposti, l´indirizzo di ciascuno. In una sezione di anziani fra cui gli analfabeti e i semianalfabeti erano preponderanti, scrivere era un´impresa piuttosto...impegnativa. Si fece avanti l´Ingegnere, un vecchio compagno proveniente dalla sinistra socialdemocratica: - Datemi il registro degli iscritti: lo portero´ a casa e copiero´ tutti gli indirizzi.
Non l´avesse mai detto! A sentire quelle parole si levo´ un mormorio via via crescente fra i presenti, il cui malumore, dopo un po´, esplose con un perentorio „il registro da qui non esce!". Erano forse echi ancestrali di antiche persecuzioni. Qualcuno cerco´ di spiegare, di calmare...fin quando fu interrotto da un urlo che non ammetteva repliche: „Chissu rifummista é!" (Quello lá é un riformista!).
Sí, perché allora l´epiteto di „riformista", attribuito a un iscritto al PSI , era un insulto, sia pure politico.
Non importava a nessuno il doloroso esilio di Turati e Treves, né l´appassionato pacifismo di Modigliani, né l´eroica morte di Matteotti, non contava che le loro vite fossero state sacrificate sull´altare dell´ideale socialista. „Riformista" era – almeno in quell´ambiente di ex rivoluzionari - uno che stava troppo vicino alla "borghesia", che aspirava alla medaglietta parlamentare, che era pronto ad ogni compromesso pur di andare al governo; insomma, per dirla tutta, un potenziale traditore.
Forse la spiegazione di cio´stava negli ultimi strascichi dell´antica invettiva di Lenin, corredata da parentesi esplicative: „Socialtraditori (socialisti a parole, traditori di fatto)", che piú tardi sarebbe degenerata nel tragico anatema stalinista contro il "socialfascismo".
Oggi la situazione si é capovolta. Oggi tutti, progressisti e conservatori (!), si dicono riformisti.Magari qualcuno che ci tiene a non contaminarsi, neppure a parole, con la tradizione socialista, usa il meno diffuso termine di „riformatore". Ma siamo sempre lí: viva dunque ora il riformismo e abbasso il massimalismo.
Il massimalismo é accusato – con fastidiosa tiritera - di velleitarismo rivoluzionario, di verbalismo inconcludente, capace solo di aizzare le masse e mandarle allo sbaraglio; o, nel migliore dei casi, di utopia poco seria di sognatori un po´ suonati.
Esso é stato combattuto e insultato da destra („criptocomunismo") e da sinistra („socialpacifismo", „centrismo oscillante").
E quando il socialismo di sinistra creo´ una propria Internazionale (l´ Internazionale di Vienna) essa fu ribattezzata ironicamente dai comunisti „l´Internazionale due e mezzo", oscillante com´era, a loro dire, tra la Seconda (socialdemocratica) e la Terza (comunista).
Eppure, a ben riflettere, nel primo dopoguerra, periodo di massima fioritura del massimalismo italiano, aveva ragione Serrati: l´Italia era sí in una situazione sociale prerivoluzionaria, ma nient´affatto pronta a fare la rivoluzione, come riteneva il Comintern.. E quando, ansiosi di provarci, di fare cioé "come in Russia", i comunisti si scissero, riuscirono solo a distruggere il fortissimo movimento operaio italiano che, disarmato e diviso, finí facilmente preda del fascismo.
E non si dimentichi che il personaggio del socialismo italiano piú stimato dallo stesso Lenin fu il rivoluzionario Costantino Lazzari, uno che sapeva dirgli di no guardandolo negli occhi.
Massimalisti erano Adelchi Baratono (professore di Pertini), Giuseppe Di Vagno (assassinato dai fascisti), Tito Oro Nobili (quasi accecato da un´aggressione fascista), Fernando De Rosa, caduto nella guerra civile spagnola (Fernando De Rosa ha muerto como muere un camarada, annuncio´ la radio repubblicana). Rivoluzionaria era Maria Giudice che al processo per i fatti di Torino del 1917 fu difesa dal noto avvocato riformista Modigliani.
Massimalista era il giovane Nenni che al.funerale della riformista Anna Kuliscioff grido´"Viva il socialismo", provocando una rissa furiosa coi fascisti presenti.
Massimalisti erano Pietro Nenni e Arturo Vella che nel 1923 crearono il „Comitato di Difesa Socialista" per impedire l´assorbimento del PSI nel PCdI.
Come si vede, la bandiera é una ed é stata difesa con onore dagli uni e dagli altri. Le due facce del socialismo non sono contrapposte: sono complementari e intercambiabili a seconda delle situazioni nazionali e storiche..
Nessun riformista si sogno´mai di rovesciare le dittature fascista e nazista con.l´arma... del voto, anzi molti di loro (Pertini, Bonfantini, Vassalli) parteciparono alla Resistenza armata.
Nessun riformista si sogno´ mai di rovesciare la dittatura di Somoza in Nicuaragua o quella di Batista a Cuba con mezzi che non fossero rivoluzionari
Né, dall´altro lato, socialisti come Allende (Cile), Bevan (Gran Bretagna), Brandt (Germania) o Palme (Svezia) si sognarono mai di realizzare il socialismo nei loro democratici Paesi sulla punta delle baionette.
Il riformismo, é vero, é stato sí sempre insidiato dal parlamentarismo e dall´opportunismo, ma é riuscito a dare alle masse lavoratrici italiane la coscienta della propria dignitá e la voglia di lottare per il riscatto del lavoro.
Il massimalismo ha avuto il vizio di tendere al tutto ottenendo il nulla, ma esso ha rappresentato la tensione ideale, senza la quale l´azione pratica di ogni giorno si inaridisce e diventa fine a se stessa.
Come ebbe a dire Turati „ non c´é rivoluzione socialista che non comporti delle riforme. Non c´é riforma socialista che non sia rivoluzionaria".



Fonte: di FERDINANDO LEONZIO