"XI JINPING, IL SOVRANO PIU' POTENTE DEL PIANETA"

23-10-2022 -

E’ il presidente cinese Xi Jinping il leader più potente del mondo. E’ libero da responsabilità democratiche o limiti di mandato. Controlla un paese di 1,4 miliardi di persone. Comanda le più grandi forze armate del mondo e dirige un'economia che nei prossimi anni supererà gli Stati Uniti. Non solo. Sotto di lui, la Cina è passata da status di potenza regionale a superpotenza, più velocemente e in modo più aggressivo di quanto ci si aspettasse. Come ha fatto questo personaggio dall’amaro sorriso a diventare il leader incontrastato del paese più popolato del pianeta? Xi è nato nel 1953 nell'aristocrazia comunista. Suo padre, Xi Zhongxun, è stato un eroe rivoluzionario, nonché vicepremier sotto Mao. Nel 1962 Xi senior è accusato di complotto contro il partito e trascorre gli anni, fino alla morte di Mao nel 1976, in carcere o sotto stretta sorveglianza. La fine politica del padre ha conseguenze devastanti per il figlio. La casa di famiglia è saccheggiata dalle Guardie Rosse, la famiglia è dispersa. All'età di 15 anni, il giovane Xi viene portato via da Pechino per lavorare nei campi. Xi si offre volontario per andare a Yanan, nella provincia settentrionale dello Shaanxi: una regione povera, nota per essere stata la roccaforte di Mao prima della sua vittoria sui nazionalisti nel 1949. Qui, in un oscuro villaggio, trascorre sette anni, soffrendo le umiliazioni della sporcizia, delle pulci, del freddo, trascinando letame. Ma è qui che si forma il carattere del futuro politico. Anziché provare odio per il sistema che lo ha respinto, diventa desideroso di ricongiungervisi. Nove volte chiede l'adesione al partito ed è respinto; la decima volta è accettato. In Yanan diventa un lettore onnivoro: mentre si prende cura delle capre, studia Marx, Engels, Hegel, Henry Kissinger, legge Goethe. Quando l’esilio forzato ha temine, si iscrive alla facoltà di ingegneria all’università di Pechino. Dopo la laurea, trascorre tre anni come assistente di un generale dell'esercito, poi passa a una serie di incarichi di partito regionali. Nel 1987 sposa la sua seconda moglie, Peng Liyuan, una cantante folk patriottica conosciuta come la Fata della Peonia. Sono i traumatici primi anni a conferirgli quella durezza così evidente oggi. Ma è in quella parentesi della sua vita ad acquisire l'istinto di stare lontano dai guai nel mondo politico cinese corrotto. La provincia del Fujian, dove Xi diventa governatore, è in una situazione peggiore della maggior parte delle altre. Qui, all'inizio del secolo scoppia lo scandalo delle tangenti: 300 funzionari di governo e di partito sono giudicati colpevoli, 14 condannati a morte. Xi ne esce illeso. Poco alla volta la sua incorruttibilità comincia a dare i suoi frutti, e lo porta a elevarsi ai più alti livelli del partito. Nel 2007 è vicepresidente. Quattro anni dopo succede al poco carismatico Hu Jintao come leader del partito e si fa nominare presidente: un presidente che è meglio non contestare - si rischia di essere rinchiusi o costretti ad uscire dalla circolazione. Famoso all’estero per la sua repressione dei diritti umani e della democrazia nello Xinjiang e a Hong Kong, gode all’interno di una notevole popolarità: è per tutti lo "Xi Dada", o zio Xi, che non approfitta dei privilegi riservati agli alti ranghi del partito. Xi è un personaggio non facilmente etichettabile: ha difeso il capitalismo globale e il trattato di Parigi sui cambiamenti climatici, contro il protezionismo e lo scetticismo climatico del presidente Trump. Suo obiettivo è portare il Paese alla prosperità e alla grandezza internazionale quando il PCC compirà 100 anni dalla sua ascesa al potere, nel 2049. Un obiettivo meno peregrino di quanto si pensi, ma non facilmente raggiungibile. Se rimane al potere per tutta la vita, com’è nei suoi propositi, ben prima del 2049 dovrà far sì che la Cina completi la transizione da un'economia manifatturiera a basso salario a un'economia incentrata sui servizi. Dovrà affrontare il problema della negazione dei diritti democratici. E, last but not least, mantenere la promessa di riunificare Taiwan, il che può essere rischioso se tentato con la forza militare. La risposta di Pechino al viaggio estivo della speaker della Camera degli Stati Uniti Nancy Pelosi a Taiwan voleva dimostrare che la Cina, come la Russia, potrebbe mettersi rapidamente sul piede di guerra. La disordinata invasione dell'Ucraina da parte di Putin sta mostrando tuttavia che alle volte quello che sembra di facile attuazione può rivelarsi quanto mai problematico. La Russia sperava di instaurare un cambio di regime a Kiev in pochi giorni e è probabile che Pechino avesse piani simili per Taiwan. Ora non sembra più così facile. La resistenza del popolo ucraino è qualcosa che non avevano previsto né Putin né Xi, così come il massiccio sostegno militare del governo statunitense e dell’Europa al governo di Kiev. Taiwan, consapevole del fatto che in quanto isola è più vulnerabile dell’Ucraina e può essere bloccata dalla marina cinese, ha dato inizio allo stoccaggio di armi altamente sofisticate in siti ritenuti sicuri. La minaccia tuttavia è incombente. Anche se gli errori di Putin e il timore di uno smacco al momento funzionano da deterrente. Il 16 ottobre, il Partito Comunista Cinese ha iniziato il suo Congresso quinquennale dal quale Xi Jinping è uscito più forte che mai. Nel suo “rapporto di 104 minuti” ha affermato di aver “vinto la più grande battaglia della storia contro la povertà umana” e in effetti in dieci anni il PIL pro capite è più che raddoppiato - ma ha evitato di accennare all’alto tasso di disoccupazione, che fra i giovani sfiora il 20%. Il punto di fondo è non dichiarato ma intuibile: tutto questo è stato realizzato sotto la sua direzione. La continuità della leadership è ora necessaria per navigare nelle "maree alte e persino spaventose" del prossimo futuro, ha affermato. Nel prossimo futuro, c’è il problema Taiwan, che Pechino vede come parte del territorio cinese: l’uso della forza per realizzare la riunificazione nazionale è un’opzione da non escludersi, ha ribadito Xi. Com’era prevedibile, il 23 ottobre alla fine del Congresso, Xi Jinping è stato scelto per un terzo mandato di cinque anni come segretario generale del PCC, ribaltando il limite di due mandati stabilito da tempo. Quando sale sul podio, è accompagnato dal nuovo gruppo dirigente del politburo, composto esclusivamente di fedelissimi. Tutti coloro che potevano mettere in pericolo la sua autorità personale, sono stati rimossi. L'espulsione fisica di Hu Jintao, che ha governato la Cina per dieci anni fino al 2013, ha manifestato in forma concreta il passaggio che ha avuto luogo dalla leadership collettiva del suo periodo al potere all'effettiva dittatura di Xi. Il governo totalitario di Xi Jinping è cominciato.






Fonte: di Giulietta Rovera