"QUALI PROGRESSI DOPO TRE MESI DI GUERRA?"
di Andrea Becherucci

21-06-2022 -

Le autorità europee hanno stabilito che il 23 e 24 giugno il Consiglio valuterà se l'Ucraina possiede i requisiti per poter essere candidata all'adesione all'Unione europea. Il Parlamento europeo e la Commissione, quest'ultima per bocca della sua presidente Ursula von der Leyen, si sono già espressi favorevolmente a che l'Ucraina possa far parte in tempi ragionevolmente brevi, dell'UE. Questa decisione, però, comporterà sicuramente dei problemi con la Serbia, anch'essa paese candidato all'adesione e, attualmente, associato all'UE. La Serbia è in attesa dal 2014 di conoscere l'esito finale del negoziato ma i tempi si sono dilatati in parte anche a causa delle difficili relazioni intrattenute dal paese balcanico con il Kosovo. Parlando dell'adesione della Serbia all'UE, tuttavia, sarebbe opportuno anche ricordare quali siano i rapporti che legano questo paese alla Russia. Entrambe nazioni slave, di religione cristiano-ortodossa, la Serbia è un luogo dove Vladimir Putin gode di largo seguito, soprattutto in quanto considerato portatore di uno spirito che vorrebbe riunificare sotto l'egida della ‘grande madre Russia' tutte le etnie russofone o che, comunque facevano parte dell'impero zarista e poi dell'Unione Sovietica; allo stesso modo, il sogno della ‘grande Serbia' e il vittimismo presente fra le élites e la popolazione serba fanno sì che la figura di Putin venga identificata con quella di un vendicatore dei popoli oppressi ai quali la Serbia sente di appartenere. In Serbia non si è ancora dimenticato il bombardamento della NATO su Belgrado nel 1999 (con la sciagurata decisione dell'allora presidente del Consiglio Massimo D'Alema – che non aveva precedenti - di concedere la base di Aviano per consentire gli attacchi aerei). Anticipare, per motivi contingenti, la pratica di adesione dell'Ucraina rispetto a quella della Serbia aprirebbe certamente un contenzioso politico-diplomatico con quest'ultima e tuttavia, consentire alla Serbia l'entrata nell'UE senza che questa abbia almeno trovato un ragionevole modus vivendi con il Kosovo penalizzerebbe oltre ogni aspettativa l'Unione europea che verrebbe a trovarsi con una coesione interna fortemente a rischio.

Gli eventi più recenti, dalla crisi dei debiti sovrani alla pandemia fino alla guerra in Ucraina hanno dimostrato che il coefficiente di coesione raggiunto tra i paesi dell'Unione europea non è ancora quello auspicabile.

Quali possono essere i rimedi a questa situazione? Al netto dei problemi derivanti da adesioni di nuovi paesi, proviamo, di seguito, a elencarne qualcuno.

La pandemia ha portato a una parziale mutualizzazione dei debiti nazionali, favorendo così il superamento delle criticità che si erano presentate al momento di ridiscutere la governance della moneta unica. Tuttavia, questo primo passo è solo la precondizione per attuare veramente le modifiche ai trattati di cui, auspicabilmente, si dovrà discutere. L'approdo finale non potrà che essere la creazione di un ministro delle finanze europeo e la possibilità, per l'UE di aumentare le risorse proprie in bilancio attraverso, ad esempio, l'applicazione, in misura significativa, di una digital tax.

Altri due aspetti da riconsiderare alla luce della guerra in Ucraina sono una politica energetica comune che permetta ai paesi europei la non dipendenza esclusiva da un solo fornitore e una nuova attitudine dei paesi membri di fronte alla possibilità di mettere in comune una quota di risorse militari per costituire un esercito europeo. È notizia degli ultimi giorni che la Germania – paese che storicamente aveva rinunciato ad una politica militare attiva - ha destinato una somma pari a 100 miliardi di € per rinnovare la propria dotazione di armamenti. In questo modo si aprirebbe alla possibilità di surrogare o affiancare la NATO laddove questo si rendesse necessario ma in una forma più aderente agli interessi europei.






Fonte: di Andrea Becherucci