"FRANCIA: UN PAESE UNGOVERNABLE?

21-06-2022 -

E’ il primo presidente in carica a essere rieletto alle presidenziali francesi in 20 anni: un trionfo personale per Emmanuel Macron, che durante il primo mandato ha dovuto affrontare un’ampia opposizione alle sue riforme e al suo modo di governare e sfidare la riluttanza degli elettori a dare al presidente un secondo mandato. E ha vinto, con il 59% dei voti e 17 punti di vantaggio sulla leader di Rassemblement National Marine Le Pen, il candidato populista di estrema destra che aveva mobilitato gli elettori disillusi, dai sentimenti antiimmigrati. Ora, a tre settimane di distanza, è sceso nuovamente in campo nel tentativo di guadagnare il consenso degli elettori nelle elezioni legislative. I risultati della prima tornata elettorale del 12 giugno si sono rivelati un’amara sorpresa: i partiti di centro-destra che lo hanno sempre sostenuto hanno infatti subito una batosta. E diversamente da quanto accaduto alle elezioni presidenziali, questa volta la minaccia maggiore è venuta non dall’estrema destra, ma dall’estrema sinistra guidata dal 70enne Jean-Luc Mélenchon, arrivato terzo nella gara presidenziale. Il 12 giugno la sua alleanza di sinistra ha ottenuto esattamente la stessa percentuale di voti di quella di Macron: 25,66% contro il 25,75%. Un successo, quello di Mélenchon, conseguito grazie alla sua capacità non solo di coalizzare socialisti, comunisti e Verdi in un’alleanza capitanata dal suo partito anti-sistema France Insoumise, ma anche di procurarsi l’appoggio di urbanisti verdi e della classe operaia, di studenti e dei membri dei sindacati. In comizi, dibattiti, articoli, questo radicale ostinato e battagliero ha difeso a spada tratta il suo programma: portare la Francia fuori dalla Nato, mettere la parola fine alla dipendenza dall’energia nucleare, congelare i prezzi dei prodotti di prima necessità, aumentare del 100% le tasse di successioni nelle eredità che superano i 12 milioni di euro, abbassare l’età pensionabile da 62 a 60 anni, com’era prima della riforma di Sarkozy nel 2008. Consapevole di quanto sia alta la posta in gioco, Mélenchon conduce una campagna elettorale aggressiva, non risparmiando colpi bassi all’avversario: definisce Macron un “bugiardo” e Elisabeth Borne, nominata il mese scorso alla guida del governo, una “brutale tecnocrate”, un maggiordomo della “disumana” amministrazione del Presidente francese. Ribadisce più e più volte che è ora di mettere fine all’era dei “presidenti monarchici”. Macron non è stato legittimamente rieletto, dice, perché “la maggioranza che ha votato Macron non ha votato per lui. Ha votato contro Le Pen”. Il movimento del presidente è stato “sbaragliato”, afferma, e fa appello agli elettori affinché spazzino via le sue “micidiali iniziative” e mettano fine a “30 anni di neoliberalismo”. Si propone come “il prossimo primo ministro”, a capo di una coalizione di sinistra, che condurrà a una “futura armonia fra i popoli” congelando i prezzi dei beni primari, aumentando i salari minimi e gli stipendi dei dipendenti pubblici. Le idee rivoluzionarie di Mélenchon e le sue iperboli non hanno ottenuto solo plausi. Hanno turbato molti socialisti moderati, incluso l’ex presidente François Hollande. Non c’è dubbio che per Macron il primo turno elettorale del 12 giugno sia stato uno scacco. Più fattori hanno contribuito a buttarlo giù dal suo piedestallo: il progetto quanto mai impopolare di riformare le pensioni e alzare l’età pensionabile da 62 a 65 anni; l’inflazione, che è ormai al 5,2%, e la decisione di nominare primo ministro Élisabeth Borne, considerata un’ottusa tecnocrate. Il secondo turno elettorale è fissato per domenica, 19 giugno. Macron ha quindi sette giorni a disposizione per riguadagnare la fiducia degli elettori delusi e scontenti e far sì che con il loro voto impediscano un parlamento senza una maggioranza assoluta. Nel limite del possibile, cerca di tenersi al di sopra della mischia, sottolineando la difficile situazione nella quale si è venuta a trovare la Francia in seguito all’invasione russa dell’Ucraina che costringerà il Paese a sviluppare un’“economia di guerra”. Ma dopo la sequela di insulti, parte a sua volta all’attacco, accusando gli avversari di sinistra di essere dei bugiardi e degli anarchici. Il manifesto dell’estrema sinistra è fantascienza, dice, una fantasia distruttiva. La sinistra controbatte, sostenendo che i ministri di Macron hanno alterato il risultato del primo turno elettorale del 12 giugno, facendo apparire come se avessero vinto il voto popolare quando in realtà hanno perduto. Contestare la legittimità dell’elezione è un assalto alla democrazia, risponde Macron. Nel suo ultimo appello agli elettori, li mette in guardia dai pericoli che sta correndo l’unità nazionale, minacciata dall’ala radicale dell’alleanza di Mélenchon all’estrema sinistra e dal gruppo di Le Pen all’estrema destra. E esorta il Paese a dargli una “solida maggioranza” in questo suo secondo mandato presidenziale perché “nulla sarebbe peggio che aggiungere al disordine mondiale il disordine francese”. E il 19 giugno si verifica esattamente la situazione tanto temuta dal Presidente francese. Per avere la maggioranza assoluta è necessario ottenere 289 seggi. Ensemble! la coalizione centrista di Macron ne ottiene 245; Nupes l’alleanza rosso verde guidata da Mélenchon, 131; Rassemblement National, il partito di Marine Le Pen, 89; i repubblicani 61. Una vittoria per i partiti di opposizione, ma soprattutto per Marine Le Pen passata – grazie alla sua capacità di farsi portavoce della classe operaia e del ceto medio basso – da 8 a 89 seggi. Il Parlamento francese esce quindi dalle urne con equilibri sconvolti. Macron ha perduto la maggioranza assoluta: ora, ogni volta che dovrà far votare una legge, sarà obbligato a trovare un alleato. Il che gli renderà difficile realizzare le riforme promesse, che includono il taglio delle tasse, una riorganizzazione dell’assistenza sociale e l’impopolare riforma delle pensioni con l’aumento dell’età pensionabile. Un aiuto potrebbe venirgli dalla destra moderata, il partito repubblicano, ma il leader Christian Jacob ha dichiarato che rimarranno all’opposizione. Quanto a Jean-Luc Mélenchon e Marine Le Pen, sono decisi a rendergli quanto mai difficile l’azione di governo. Per la prima vota da 64 anni, le due principali forze di opposizione in Parlamento sono espressione di populisti dell’estrema destra e dell’estrema sinistra. Entrambi ostili alle grandi imprese e all’EU, entrambi antiamericani e pro-russi – soprattutto il partito di Le Pen. Entrambi contrari all’aiuto di Macron all’Ucraina e determinati a bloccare i suoi programmi per la modernizzazione della Francia. Le elezioni francesi in questo caldo giugno 2022 hanno precipitato il Paese in una crisi politica e istituzionale senza precedenti, che obbligherà il Presidente a un radicale cambio di rotta.






Fonte: di Giulietta Rovera