"NIENTE SARA' PIU' COME PRIMA"

21-03-2022 -

Come la caduta del muro di Berlino o l'attacco dell'11 settembre, la guerra scatenata da Vladimir Putin in Ucraina ha cambiato il mondo. Ci eravamo illusi che ormai in Europa erano prevalsi la democrazia liberale e l'ordine basato sul rispetto delle regole. Ma in poche settimane, vecchi presupposti sono stati sovvertiti, un percorso storico sostituito da un altro. Il regime di Putin è stato emarginato. I legami economici, sportivi e culturali con la Russia, intrecciati negli ultimi decenni, sono stati sciolti. Siamo di nuovo nell'era di guerra fra stati – mentre assistiamo a una Cina che sta sorpassando gli USA in campo economico e sta sviluppando una propria forza militare di portata mondiale. Il timore sempre più diffuso è che Putin, installato un governo pro-russo in Ucraina, si muova poi verso i paesi baltici – Lettonia, Lituania e Estonia – e la Moldavia e la Polonia. Se questo è il disegno di Putin, non sarà facilmente realizzabile: installare un governo pro-russo in Ucraina si sta rivelando infatti più arduo di quanto pensasse. Il leader russo probabilmente ha dimenticato quanto accaduto in Afghanistan. L'ultima volta che la Russia ha organizzato l'invasione di un paese su larga scala è stato in Afghanistan nel dicembre 1979. Dopo un iniziale successo e l'aver installato un governo fantoccio, quella che era la più potente forza militare del mondo fu impantanata in un paese che ha sempre saputo resistere alla dominazione straniera. Nel 1989 l'armata rossa fu cacciata dopo una guerra brutale, aver perduto 15.000 soldati e provocato la morte di circa un milione di afgani. Quella sconfitta, due anni dopo, fu un fattore chiave nel collasso dell'URSS – definito da Putin “la più grande catastrofe geopolitica del secolo”. In Ucraina, dove la gente fa la coda per arruolarsi, può essere perfino peggio. Non solo è un grande paese con 44 milioni di abitanti, ma questi conoscono la forza del potere del popolo. Se continuano a resistere eroicamente come hanno fatto fino ad ora, questa sarà la più grande guerra in Europa dal 1945. La Russia non sarà in grado di nascondere le sue vittime al popolo come avvenne nel 1980, prima dell'avvento dei cellulari e di internet. Poiché la Russia uscì indebolita dalla sconfitta afgana, venne dai più considerata innocua. L'attenzione internazionale si spostò sulle guerre più recenti, volute dall'Occidente: Afghanistan, Iraq, Libia. Senza destare né attenzione né apprensione, la Russia di Putin cominciò a sbocconcellare qua e là parti dell'ex impero sovietico – in Cecenia, Georgia, Ossezia, Nagorno Karabakh. All'annessione della Crimea nel 2014 le reazioni e le sanzioni furono di poco conto, come è mancata una reazione decisa da parte dell'Occidente all'invio di mercenari russi in Libia, nella repubblica centrafricana, in Mali e Mozambico, per non parlare dell'aiuto fornito a Bashir al-Assad in Siria nel 2015: operazioni effettuate con bassi costi e scarsa preoccupazione per la vita dei civili. E' stata proprio la mancanza di una reazione da parte dell'Occidente, unita alla superficialità degli analisti occidentali che si limitavano a irridere la Russia perché a loro dire l'economia del paese era inferiore a quella dell'Italia, a permettere a Putin di costruire inosservato un potenziale bellico, non solo in termini di dimensioni ma di complessità e sofisticazione, investendo in tecnologia ipersonica, balistica, guerra informatica e carri armati. Putin si è convinto quindi che poteva passarla liscia anche questa volta, invadendo l'Ucraina. Ma l'Ucraina è di una portata e gravità diversa da qualsiasi cosa abbia fatto fino ad ora: l'aver creduto in una facile e rapida vittoria e che gli ucraini lo accogliessero come un liberatore si sta rivelando un catastrofico errore di giudizio. Anche se vincerà, non potrà soggiogare una nazione furibonda con una popolazione di 44 milioni di abitanti usando la forza militare. Putin sta ottenendo il risultato opposto a quello che si era prefisso anche su altri fronti: una condanna globale dei crimini russi – riflessa nel voto di 141 a 5 all'assemblea generale all'ONU; un occidente più unito e risoluto, con una maggioranza mai prima raggiunta in Svezia e Finlandia in favore di un ingresso nella Nato. Con il suo atteggiamento, ha catalizzato un nuovo senso di risolutezza, unità e determinazione in istituzioni che includono la Nato e l'EU e provocato un rapido cambio sulla politica riguardante l'energia e la difesa. La Germania ha annullato il blocco all'esportazione di armi in zone in conflitto così da poter fornire missili anticarro. L'EU ha rotto un tabù accettando di finanziare l'acquisto di armamenti. Sanzioni finanziarie alla banca centrale russa e a prestatori commerciali, sono state impiegate come mai prima nei confronti di un'economia di queste dimensioni. I cieli intorno alla Russia sono stati chiusi ai loro aerei, annullati gli scambi commerciali anche con nazioni dai precedenti forti legami come Germania e Italia. Poco alla volta la Russia è stata esclusa dal business globale e dal sistema finanziario. Pechino, fino ad ora, si è limitata al ruolo di osservatore: la realizzazione dei suoi progetti su Taiwan e le isole a sud dei mari della Cina dipende in parte da come evolverà questo conflitto – in ogni caso è chiaro che Taiwan dovrà essere armata fino ai denti. Non c'è dubbio che l'invasione russa abbia implicazioni che vanno al di là dei confini dell'Ucraina. Putin non ha fatto mistero del fatto che vuole riaggregare quanto più possibile dell'ex Unione Sovietica non solo incorporando l'Ucraina nella Russia, ma anche creando una sfera di influenza che si estende a tutti gli stati europei che hanno aderito alla Nato dal 1990 – progetto che risale ad allora: non a caso la prima cosa che Putin fece quando salì al potere, fu ripristinare l'inno nazionale sovietico. L'attuale crisi sta dimostrando anche un'altra cosa: che non possiamo considerare l'ordine dell'attuale mondo liberale per scontato. Il liberalismo è qualcosa per il quale bisogna combattere costantemente e che scomparirà nel momento in cui abbassiamo la guardia: i regimi autoritari in Russia e in Cina, ma anche la svolta verso il populismo, l'illiberalismo e il nazionalismo in democrazie storicamente liberali come gli USA e l'India sono segnali d'allarme che non vanno sottovalutati. Difficili sfide ci attendono. Il futuro è quanto mai nebuloso e imprevedibile, indipendentemente da come evolverà il conflitto. In ogni caso, nothing will be the same again.





Fonte: di GIULIETTA ROVERA