"LA ‘STRIGLIATA’ E IL GOVERNO ‘CREATO’ "

21-02-2022 -

La strada delle esternazioni-conferenze stampa aperta da Conte è stata finalmente imboccata anche da Draghi. Alla fine del Consiglio dei ministri del 18 febbraio scorso, il Presidente del Consiglio ne ha illustrato le decisioni – costo dell’energia, etc. – ma, cosa più importante, ha annunciato una teoria politica veramente innovativa, di cui avevamo già individuato gli effetti e la portata ma, oggi, con le definizioni di Draghi, abbiamo la piena articolazione della forma di governo creato.

Come tutte le ‘creazioni’ questa del governo ha un ‘creatore’ e, come si sa, il ‘creatore’ è taumatargicamente onnipotente, onnisciente e ‘assolutamente’ indipendente: veni creator spiritus. Non è necessario entrare nei dettagli di questa teologia politica, tutti comprendiamo l’essenza di una tale creatura.

Possiamo però fare qualche considerazione ‘congiunturale’: il governo Draghi sta mostrando tutti i limiti politici dentro i quali la sua natura lo costringe.

I giornali, compiaciuti, hanno dato tutti, in prima pagina, la notizia che Draghi, avendo appreso che una commissione parlamentare aveva apportato emendamenti al decreto ‘milleproroghe’ – deliberato all’unanimità in Consiglio dei ministri – ha lasciato su due piedi il vertice di Bruxelles per accorrere a Roma da Mattarella e sottoporgli il caso. Subito dopo ha ‘strigliato’ i partiti del suo governo minacciando di piantare tutto: «così non si va avanti … i voti vanno garantiti». Insomma, ha detto Draghi, il «governo creato dal Presidente» esiste per portare il termine il mandato che gli è stato affidato: le decisioni draghiane sono incontestabili da chicchessia, Parlamento incluso.

Se Draghi ha ragione di fare rilevare l’incoerenza dei partiti che in Consiglio approvano i provvedimenti e, poi, pretendono di modificarli in Parlamento – cosa che accade a ogni piè sospinto e, talvolta, con l’impegno di Draghi a non porre la questione di fiducia – pure dobbiamo porre alcune domande.

Chiediamo, anzitutto, se il Presidente della Repubblica abbia il potere di determinare anche la linea politica del governo (c’è da invidiare la Gran Bretagna monarchica dove il discorso della corona lo scrive il primo ministro);

se sia logico auspicare, come fanno molti, che Draghi, nella sua qualità di deus ex machina, tiri dritto e imponga i suoi ‘diktat’ ai ministri e pretenda di imporli anche al Parlamento; chiediamo se sia vero che i ministri vengano a conoscenza dei testi appena qualche ora prima della riunione del consiglio, come pare sia accaduto anche quando si è discusso di questioni importanti (ma dovrebbero essere tutte importanti) quale la riforma dell’ordinamento giudiziario;

se sia vero che la discussione in Consiglio dei ministri sia sempre sotto la spada di Damocle dell’aut aut;

se sia vero che, quando ci sono difformità di vedute tra i partiti in consiglio dei ministri, se ne faccia prevalere una senza però che sia stato raggiunto un accordo sostanziale e lasciando quindi che ciascuno debba piantare la propria bandiera pro o contro;

se sia vero che tra le componenti dei vari partiti che siedono nel governo e la leadership degli stessi vi sia una difformità di vedute e di incomunicabilità tali per cui, per esempio, vi è un partito di Giorgetti e un altro di Salvini (ma vale per tutte le componenti politiche della maggioranza di governo).

Chiediamo, infine, se vi sia una linea politica concordata anche sulle modalità per affrontare le emergenze.

Quando la maggioranza non è concorde sulla linea politica non ci si può aspettare altro che sentire Letta blaterare sulla inaccettabilità delle posizioni di ‘lotta’ e di ‘governo’ quali quelle che pare siano presidiate da Salvini.

Il punto è che, nel nostro sistema costituzionale, il governo opera sulla base della fiducia del Parlamento e che, pertanto, è questo ad avere l’ultima parola; da che mondo è mondo, il Parlamento, se vuole essere tale, ha fatto sempre questo mestiere: ha controllato e, se è il caso, contrastato l’esecutivo.

Certo, tutto questo non depone a favore della qualità dell’attuale governo e della sua capacità di risolvere unitariamente le questioni che deve affrontare: sappiamo bene che la causa di questa situazione è il mancato chiarimento politico-elettorale che sarebbe stato necessario già da dopo le elezioni del 2018. Forse non sarebbe cambiato molto o avremmo avuto governi peggiori di quelli che abbiamo avuto, ma valeva la pena tentare.





Fonte: di GIUSEPPE BUTTA'