"L'ASSENZA DI CULTURA POLITICA"

06-12-2021 -

L’Europa è nata con un peccato originale: quando nel 1955, l'allora ministro degli esteri italiano Gaetano Martino riuscì, con la Conferenza di Messina, a far partire il processo europeo venne fatto un compromesso basso: si decise di partire dalle questioni economiche, rimandando una vera e propria integrazione politica. Partendo dal Trattato di Roma del 1957 è vero che è stato fatto tanto, forse più di quanto ci si potesse aspettare, però quel vizio iniziale, quando la visione di Ventotene venne completamente accantonata, ha pesato e pesa tuttora sulla difficoltà di far nascere gli Stati Uniti d'Europa. Purtroppo ancora oggi in Europa, anziché la mediazione politica, si pratica una trattativa da mercanti. Ci troviamo nella situazione spiegata da Becherucci, con la difficoltà di fare quello che manca: un salto di qualità.

Come Critica liberale, qualche tempo fa, cercammo di promuovere una riflessione sulla necessità di tornare a discutere su come far procedere l'integrazione Europea, a partire dai cittadini; constatammo che serviva fare un po' di chiarezza su quello che manca in parte in Europa e del tutto in Italia: la “Cultura politica”. Cioè una visione chiara e una strategia coerente.

In Italia l'assenza di culture politiche definite è un problema drammatico, con esempi che rasentano il ridicolo. Berlusconi, che per anni ha annunciato l'imminente ‘rivoluzione liberale’, ha iscritto i suoi parlamentari europei al gruppo parlamentare Popolare, un gruppo sostanzialmente di conservatori se non reazionari. In Italia ci sono due grandi partiti di massa che si rivolgono al PSOE, in più abbiamo l'erede del PSI che fa parte del PSOE, c'è una gran confusione: Calenda e Renzi si dichiarano liberali, Calenda è rimasto per anni nel PSOE nonostante la richiesta, più volte avanzata dall'ALDE, di trasferirsi al Gruppo Liberale, ma lui ha scelto di entrare nell'ALDE solo quando i 5 stelle hanno chiesto di entrare nel PSOE, cioè non ha fatto una scelta, positiva, di aderire ad una cultura politica, ma una scelta negativa, contro qualcuno! Del resto questi gruppi parlamentari europei anch'essi non sono il massimo della chiarezza, perché al loro interno ci sono partiti nazionali spesso incompatibili: Macron, non si sa se è liberale o un conservatore moderato, nei Popolari si trovano gli uomini di Orban accanto a quelli della Merkel... Se in Italia il caos è totale in Europa c'è comunque confusione. Ma già sarebbe tanto partire dallo stato di fatto europeo.

Nei momenti salienti della vita europea, come ad esempio la crisi Greca o la pandemia, non abbiamo assistito a prese di posizione di gruppi politici, che rimangono invece accozzaglie di partiti nazionali, ma solo proposte degli Stati.

La nostra aspirazione è quindi la nascita di seri partiti europei, che promuovano una proposta politica europea. Riteniamo che questo possa essere un passaggio fondamentale per coinvolgere i cittadini ad assumere un protagonismo europeista. Solo l'esistenza di partiti politici europei può agevolare l'integrazione politica. Ovviamente per fare questo serve chiarezza: sapere esattamente la cultura politica di ciascun partito.

“Critica” si è offerta di organizzare in Italia un consultorio per politici disorientati, per singoli parlamentari, per aiutarli a ritrovare la strada e indirizzarli verso la loro esatta cultura politica (leggasi a tal proposito https://criticaliberale.it/2021/03/07/la-crisi-dei-partiti-la-crisi-del-paese/ ) perché la situazione in Italia è drammatica. Quasi nessun politico sta in un partito perché appartiene ad una cultura politica e i partiti si sono trasformati in club di gestione del potere. Ci vengono a raccontare che per impedire la trasmigrazione dei parlamentari da un gruppo all'altro servirebbe cambiare la legge elettorale (su questo argomento stendiamo un velo pietoso) o modificare i regolamenti parlamentari, che dovrebbero vietarlo, in barba al dettame costituzionale. Siamo convinti che se uno aderisse ad un partito, o a un gruppo parlamentare, non per una momentanea convenienza ma per una scelta culturale, come accadeva nella prima repubblica, con tutti i limiti e il suo triste epilogo, queste trasmigrazioni sarebbero di nuovo rarissime. Questo è il problema e per questo abbiamo accettato di cominciare a fare ragionamenti, provare a smuovere le acque. Siamo contenti che si sia iniziato dalla questione europea, perché appunto l'Europa e le sue meno confuse culture politiche potrebbe aiutarci ad uscire da questo pantano in cui siamo in Italia. È inutile che ci raccontiamo storie, anche le istituzioni europee non assumono decisioni, basti guardare ad esempio la situazione in Polonia e in Ungheria dove c'è una drammatica emergenza democratica e nessuno fa nulla. Perché a muovere le questioni sono solo gli interessi nazionali e quasi sempre gli interessi economici. Ora la nostra appartenenza culturale liberale non ci fa vedere l'economia come una cosa che va odiata, però la politica non è un'emanazione dell'economia, sono due ambiti diversi ma alla politica spetta il compito di guidare l'Europa, se non c'è la politica, se non ci sono culture politiche che dicano qual è la visione, qual è la strategia, quali sono le cose pratiche che si vogliono mettere in campo per andare oltre, non usciremo da questa palude, andremo sempre peggio, ci continueremo ad incontrare per piangerci addosso. La nostra idea è semplice: facciamo partiti europei! facciamo progetti partendo dalle culture politiche per arrivare all'Europa dei cittadini e superare l’Europa delle nazioni.


Fonte: di RICCARDO MASTRORILLO