"SCIENZA E CREDENZA"

25-06-2017 -

Uno spettro s´aggira per l´Italia e, forse, per l´Europa: non il comunismo morto e sepolto 28 anni fa sotto le macerie del Muro di Berlino, ma l´anti-scientismo, ossia la negazione della scienza, dei suoi innegabili progressi, evidenti in diversi campi del sapere umano ma in particolare nella medicina che hanno migliorato, cambiato in meglio condizioni di vita e salute di milioni e milioni di persone.
Una bizzarra forma di anti-scientismo ben espressa da un populismo trasversale, certo dalla matrice di destra ma che non risparmia la sinistra, un cocktail di nichilismo - quello di Friedrich Nietzsche che credeva di essere Dioniso e abbracciava a Torino un cavallo - di relativismo e fondamentalismo religioso: un dejà vù nel ´68 della rivolta a priori contro ogni autorità e ogni aspetto di autorità, per la libertà assoluta da qualsiasi oppressione sociale così da portare la fantasia al potere.
L´esito della micidiale, violenta, sbornia sessantottina - il sapere è reazionario per cui bisognava non sapere, essere ignoranti per essere tutti uguali - è stato, oltre la droga, il terrorismo, il ritorno nelle braccia di quel potere, il capitalismo, che si voleva abbattere, il ripristino di una Restaurazione subdola che ha avuto il concorso attivo della Religione e della Chiesa.
Venne quindi il salvifico 1974 con la straordinaria non-violenta vittoria dei No al referendum contro l´abrogazione, fortemente voluta dal Vaticano e da pezzi consistenti della Democrazia Cristiana con il concorso dei comitati civici cattolici, della moderna, civile legge sul divorzio del liberale Baslini e del socialista Fortuna: fu un ´68 diversamente ricco, alla rovescia, questo sì per la libertà e per la fantasia al potere, senza la messa in discussione del sapere e della conoscenza.
E la Restaurazione venne ancor più forte di prima: il vento della laicità, del diritto dello Stato laico come disposto dalla Costituzione, di legiferare per la comunità intera e non in nome di un credo, era decisamente insopportabile: la possibilità, dopo l´approvazione della legge sull´aborto, di mettere fuori gioco la Dc era a portata di mano. Ma furono invece gli anni della solidarietà nazionale e del compromesso storico, del Pci di Enrico Berlinguer nel governo e nell´area di governo.
Si realizzava la via italiana al socialismo enunciata da Palmiro Togliatti, l´artefice dell´art. 7, vale a dire l´inserimento nella Costituzione dei Patti Lateranensi stipulati nel 1929 dal Duce e da Pio XI, che Antonio Gramsci aveva respinto in quanto: i concordati intaccano il carattere di autonomia della sovranità dello stato moderno. Lo Stato in tal modo diventa confessionale, perché ha ottenuto che la Chiesa non intralci l´esercizio del potere, ma anzi lo favorisca [..] E la Chiesa si impegna verso una determinata forma di governo [..] di promuovere quel consenso di una parte dei governati che lo stato esplicitamente riconosce di non poter ottenere con mezzi propri: ecco la capitolazione dello Stato [..] Lo Stato non solo non interviene come centro autonomo, ma distrugge ogni oppositore della Chiesa che abbia capacità di limitarne il dominio spirituale sulle moltitudini.
Arriva infine l´anno straordinario, il 1989, con il crollo del Muro di Berlino (9 novembre) preceduto dalla protesta di Piazza Tienanmen (15 aprile-4 giugno), seguito dalla storica svolta della Bolognina (12 novembre): il fallimento del comunismo in Urss e Cina impose il cambio di nome al Pci, che fu oggetto della ribellione del ´68. Ma si trattò solo del cambio di nome: nulla o quasi nulla di nuovo rispetto alla cultura, al pensiero, alla strategia politica.
Giornate tristi e convulse, piene di lotte sotterranee, di meschine contese e anche di molte viltà [..] Eppure bisogna reagire [..] Sono le due anime del marxismo a rivelarsi alla fine incompatibili [..] In questa lunga contesa, in questa eterna contrapposizione fra l´anima libertaria, autogestionaria del socialismo e l´anima statalistica sta certamente la radice delle nostre responsabilità e delle nostre sconfitte, ci racconta nei Diari 1988-1994 (Ediesse edizioni) il comandante Leone delle Brigate Rosselli, Bruno Trentin.
E in una memorabile intervista all´Unità nel 2006 il giellista Trentin espresse apertamente sia i suoi dubbi sulla fusione tra Ds e Margherita, meglio una federazione a garanzia del pluralismo che un indefinito, immaginario Pd che il suo anelito: vorrei poter morire socialista. Da riformatore a tutto tondo Trentin era convinto che il sapere e la conoscenza sono elementi essenziali per la libertà e per la vita delle persone in carne e ossa: fu per questa sua formazione che non confuse mai la necessità di riformare strutturalmente il capitalismo dalla pretesa crisi della catastrofe e fine del capitalismo.



Fonte: di CARLO PATRIGNANI