"BANDIERA ROSSA"

26-07-2021 -

Più volte nei miei articoli precedenti ho rimproverato alla sinistra, in generale, di non aver saputo aggiornare al mutare dei paradigmi economici il celebre canto dei socialisti “Bandiera Rossa”.
Attualmente è in auge la teoria economica che si basa sul marginalismo, cioè una dottrina basata sulla soggettività che vede nelle scelte individuali il motore dell'economia e del “libero mercato” (vale a dire il più forte vince sempre). Queste scelte hanno prodotto danni gravissimi alla società e incalcolabili per la vivibilità del pianeta. Teoria che difficilmente può essere ritenuta valida visti i fallimenti che ha prodotto.
Dall'altra parte, nel migliore dei casi, si sono ripetuti slogan vuoti in una sorta di vacanza ideologica dei partiti della sinistra in Europa ad iniziare dal PD.
I danni sono evidenti. Occorre una forte elaborazione teorica che dia alla politica gli strumenti necessari per affrontare una battaglia politica che porti ad una nuova e più corretta definizione del contesto in cui si opera. La sinistra, nell'immediato deve costruire una politica di riforme tese a attenuare gli squilibri distributivi fra i diversi soggetti, capace di tenere insieme le libertà e l'economia.
La sconfitta, anzi la “Caporetto”, della sinistra si è autoalimentata tanto che non solo ha abbandonato, ma addirittura ripudiato la propria ideologia. Il goffo tentativo di Tony Blair (a cui si è accodato prontamente l'On. Walter Veltroni) di modificare l'ideologia laburista ne è l'esempio più lampante. Eppure, le ideologie sono un fattore fondamentale per qualsiasi azione politica. Non lo diciamo noi, ma i Marines' nel loro The U.S. Army/Marine Corps Counterinsurgency Field Manual, quando affermano che “Le idee sono un fattore motivante…”
La destra alle idee ha dedicato attenzione e risorse.
Le dinamiche che hanno portato all'assoluto predominio della teoria soggettivistica, prima in campo teoretico e successivamente in quello delle politiche economiche, partono dagli sforzi intellettuali che sul finire dell'Ottocento porta avanti un gruppo di economisti che approfondisce alcuni temi già studiati da altri prima di loro.
Si trattava di quel gruppo di economisti austriaci che sono ancora conosciuti come “Scuola Austriaca”. Questa si sviluppa nella Vienna Rossa (1918-1933) dove alleata con i conservatori cattolici ed i nazionalisti tedeschi, si scontra con il pensiero socialista. Da un lato la pattuglia degli economisti della “Scuola Austriaca” dall'altra il Circolo di Vienna. Oggetto del contendere il calcolo economico in una società socialista. All'inizio degli anni Trenta la “Scuola di Vienna” incomincia, aiutata anche da importanti fondazioni americane di stampo conservatore, a diffondersi per il mondo. L'Inghilterra e gli Stati Uniti d'America son i principali paesi di approdo di questa diaspora. Importanti Fondazioni conservatrici e una parte del Partito Repubblicano la sostengono finanziariamente. Da queste idee è nato, in seno al Partito Repubblicano, il Tea Party (2009) che ha spianato la strada alla Presidenza Trump. Questa teoria deve la sua fortuna a Friedrich August von Hayek. Le idee dell'economista austriaco, peraltro già duramente contestate negli anni Trenta da John Maynard Keynes e Piero Sraffa, non riescono ad essere apprezzate dalla comunità scientifica. In seguito all'insuccesso del suo libro (The Pure Theory of Capital, 1941) l'economista austriaco sostiene che non è sufficiente l'economia da sé a spiegare il divenire della vicenda umana, occorre anche tener conto della filosofia della politica e della scienza. Diviene in breve tempo il più abile diffusore delle idee della “Scuola Austriaca” riuscendo a collegare la sua teoria sociale con la politica e il capitalismo.
I sostenitori della “Scuola Austriaca”, quella del libero mercato hanno sempre avuto una “strana” idea sulle forme istituzionali che devono supportare questa scelta. Friedrich August von Hayek, insieme a Milton Friedman della scuola monetarista di Chicago, non ha alcuna remora a schierarsi con Pinochet e successivamente con Margaret Thatcher e Ronald Regan.
Del resto, è abbastanza logica questa scelta: l'individualismo metodologico che sta alla base di questa teoria porta, alla fine, ad una distruzione dei legami sociali e solidali che costituiscono il collante di ogni società democratica.
Come è facile comprendere, il passo verso il populismo ed il sovranismo è breve e inevitabile.
Che la Scuola Austrica con i suoi insegnamenti non fosse molto considerata in Patria ce lo dice un divertente colloquio fra il Cancelliere austriaco socialista Bruno Kreisky e l'economista statunitense John Kenneth Galbraith. “Come spiega Cancelliere «chiese Galbraith» la superba prestazione economica offerta dall'Austria nel dopoguerra: bassa inflazione, piena occupazione, produttività in costante ascesa, una fitta e omnicomprensiva struttura di servizi sociali e investimenti pubblici? La spiego «rispose Kreisky» con la nostra attenzione alle esportazioni. Abbiamo esportato tutti i nostri economisti” [1]
Nel campo della sinistra non è che si sia stati immobili. Nel 1960 esce Produzioni di merci a mezzo merce di Piero Sraffa che rilancia il pensiero dei classici e la possibilità di ricavare anche azioni relativamente immediate di intervento politico. Affonda la teoria del valore lavoro (P. Sraffa, Produzione…op. cit., p. 127) e rilancia di fatto la politica riformista. Ovviamente sono nate interpretazioni diverse, del tutto legittime quando si tratta di studiare.
Quello che fino ad ora è mancato è una persona capace di far uscire questa teoria dall'Accademia traducendola in obbiettivi e azioni politiche.

  1. Y. Wasswemann, I rivoluzionari marginalisti, Neri Pozza, Vicenza, 2021 p.322



Fonte: di ENNO GHIANDELLI