Oggi, di fronte all'invasione della pandemia, si può dire che l'euroscetticismo ha ceduto il passo alla euronecessità. La consapevolezza che nessuna nazione possiede la forza e la capacità di reagire da sola rispetto a tale sconquasso, può trasformare il dramma umano, civile, politico ed economico causato dal morbo in un'occasione di radicale cambiamento. A fronte delle attuali discussioni sugli strumenti europei sul per intervenire nella crisi provocata dalla pandemia, emerge con chiarezza quanto bisogno ci sia di precisare, rafforzare e ampliare il ruolo dell'Unione Europea.
Emerge la voglia di una nuova collettività. Noi riteniamo imprescindibile che venga rilanciata un' offensiva senza precedenti sul piano ideale e progettuale, dando forza a questo bisogno, profondo, che, se ben indirizzato, può travolgere le soprastrutture culturali e statali che hanno finora imprigionato il vero spirito europeo. Gli obiettivi cui non rinunciare sono la creazione di una Federazione fondata su una vera Costituzione. Fin da ora, però, potrebbero essere impiegate politiche per avere, tra gli Stati aderenti, leggi uniche in materia di sanità, come insegna la vicenda dei vaccini, di lavoro, di immigrazione, di insegnamento, di fisco, di welfare, di proprietà privata, di concentrazioni monopolistiche, di inquinamento, di tutela delle fasce sociali più deboli. E, in nome della libertà, servirebbe un solo esercito e una sola politica estera. La questione di una difesa comune è fondamentale. Ciò richiederebbe che la Francia – unico detentore all'interno della UE dell'arma atomica – mettesse a disposizione dell'Unione il proprio seggio nel Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite.
Al bisogno d'Europa non fa da corrispettivo un altrettanto bisogno di cultura europea. Per molti anni l'integrazione continentale ha rappresentato per la classe dirigente del nostro Paese un obiettivo verso cui tendere nella speranza, neppure tanto segreta, che l'inclusione sempre più stretta dell Italia in un organismo a carattere sovranazionale potesse contribuire a correggere alcuni storici deficit nei più vasti settori. Bisogna riconoscere che, tutto sommato, questa lettura degli eventi ha retto, con il consenso della pubblica opinione, fino alla seconda metà degli anni Duemila.
A partire dalla crisi finanziaria del 2007-2008, l'Europa, con i suoi meccanismi talora bizantini e con protagonisti non sempre all'altezza della sfida, ha subito una lenta mutuazione nella percezione degli italiani. Da potenziale soluzione, diventava una parte del problema. Almeno fino a quando la pandemia non ha messo i decisori europei di fronte alle loro responsabilità. Così possiamo registrare positive novità; ma non tutto è risolto. Molti sono ancora i problemi da affrontare e, tra questi, alcuni sono più urgenti di altri come la creazione di un Tesoro europeo, l'abolizione del voto all'unanimità e del diritto di veto per tutta una serie di questioni che neutralizzerebbero l'opposizione di alcuni Paesi che sono, tra l'altro, percettori di gran parte dei fondi strutturali, nonché un nuovo Statuto della BCE modellato su quello della Federal Reserve americana.
Le criticità, i ritardi, gli errori nulla tolgono all'ideale europeo nel quale ci riconosciamo. La costruzione di un'Europa più unita e coesa socialmente rappresenta un obiettivo per ogni movimento della sinistra democratica a salvaguardia della pace, della solidarietà tra i popoli e della civiltà fondata sulla libertà, laicità, giustizia sociale e tolleranza. Valori che l'Europa rappresenta avendoli conquistati dopo secoli di lotte acerrime, dando corpo a quell'idea dell'Occidente nei cui principi culturali risiede il socialismo nella libertà.
L'ALLEANZA GIELLISTA
Per tutte queste ragioni abbiamo deciso di dar vita all' ALLEANZA GIELLISTA. ASSOCIAZIONE DI CULTURA E INIZIATIVA POLITICA. Senza alcuna ambizione partitica o istituzionale, ma con la volontà di riprendere in mano la bussola di Carlo Rosselli , nella certezza che può indicarci la rotta per mettere in sicurezza il nostro fragile presente e guidarci verso un futuro migliore.
Siamo convinti che la Sinistra possa riprendere forza e consistenza con un lungo e paziente lavoro, nell'elaborazione di un pensiero compiuto per cui la sua ragione d'essere sta nel coniugare giustizia e libertà. La sua esistenza non è legata al contingente ma alla convivenza in termini di civiltà. Ecco perché non può morire. Sarà socialista liberale o non sarà.
Fuori da ogni reducismo anacronistico, chiamiamo a raccolta tutte quelle energie che basano sulla libertà il destino dell'umanità e sulla giustizia l'organizzazione sociale.
Facciamo nostra l'affermazione di Carlo Rosselli: “Il socialismo è in primo luogo rivoluzione morale, e in secondo luogo trasformazione materiale.”
Parole che chiedono l'onere della prova per chi decide di “non mollare”.