"LA GUERRA INCIVILE"

26-01-2021 -

Il 20 gennaio, di fronte a un National Mall deserto circondato da barriere di filo spinato, in una capitale che non ha mai ospitato tanti militari dai tempi della guerra civile, Joe Biden ha giurato sulla bibbia davanti al presidente della Corte Suprema John Roberts “di adempiere con fedeltà all'ufficio di presidente e di preservare, proteggere e difendere la Costituzione al meglio delle mie capacità. Che Dio mi aiuti”. Poco prima, aveva giurato Kamala Harris, prima donna e di colore a ricoprire l'incarico di vice-presidente. Dell'aiuto di Dio Biden ne avrà bisogno, perché ha ereditato la guida di un Paese dilaniato dalla peggior emergenza sanitaria della sua storia, oppresso dalla più grave crisi economica dalla Grande Depressione. Dovrà ripristinare il prestigio della nazione all'estero, ma soprattutto avrà l'arduo compito di governare non una ma due realtà americane. Trump infatti ha lasciato il Paese diviso sia sul fronte razziale, sia fra democratici e repubblicani, sia nel suo partito, dove si è verificato uno scisma fra tradizionalisti che credono nella costituzione, nel libero mercato e la responsabilità di bilancio, e coloro che si riconoscono nell'ideologia di Donald Trump basata su nazionalismo, protezionismo, spese in disavanzo e contestazione di ogni fallimento visto come una truffa a proprio danno. Uno scisma che include razza, disuguaglianza economica e religione. Il tutto amplificato da quanto accaduto nel 2020: il coronavirus che ha colpito soprattutto le classi meno abbienti; le uccisioni di afroamericani da parte della polizia, cui sono seguite manifestazioni di protesta che hanno portato in primo piano il problema della giustizia razziale; la precipitosa conferma di una nuova Corte Suprema sostenuta da oppositori all'aborto. Divisioni profonde non dovute, ma alimentate da Trump durante i quattro anni del suo mandato, nei suoi comizi e tramite l'uso dei social – Twitter, Facebook, Youtube – divenuto sempre più convulso ed esaltato mano a mano che ci si avvicinava alle elezioni presidenziali del 6 novembre. Più la percezione della sconfitta diventava reale, più l'aggressività verbale e il dichiarato disconoscimento a priori di uno scacco elettorale diventavano mantra ossessivi. I suoi discorsi, in cui dipinge un futuro da incubo in caso di vittoria “comunista” - le idilliache periferie deprezzate, le strade ridotte a un tappeto di vetri rotti, saccheggiatori anarchici lasciati liberi di svaligiare le abitazioni: un vero e proprio inferno in cui saranno aboliti il Natale, le mucche, le finestre larghe, l'intera industria del gas e del petrolio e Dio – viene percepito anche dall'elettore conservatore come poco credibile. Alla fine, nonostante il suo non celato appoggio ai suprematisti bianchi, sono stati proprio gli elettori bianchi conservatori ad abbandonarlo. Non gli afroamericani. Non le ispaniche. In 13 swing states, gli Stati indecisi, gli elettori bianchi hanno promosso Biden. Significative in questo senso le vittorie di Warnock e Ossoff in Georgia, dove il democratico Raphael Warnock ha sconfitto la repubblicana “più conservatrice di Attila l'unno” Kelly Loeffler, diventando il primo senatore nero a rappresentare la Georgia come il primo democratico senatore nero di un ex stato schiavista. E dove il democratico Jon Ossoff ha sconfitto il repubblicano David Perdue, diventando il primo senatore ebreo della Georgia e il primo senatore ebreo a rappresentare uno Stato nel profondo sud dal 1880. Con la loro elezione, Warnock e Ossoff hanno garantito ai democratici il controllo del Congresso. Nonostante l'indiscutibile vittoria di Joe Biden – 8 milioni di voti in più del Presidente uscente – in comizi dove si accalcano i suoi fan, Trump grida ai brogli elettorali, al furto del successo perpetrato a suo danno. Mano a mano che ci si avvicina al 6 gennaio, giorno in cui il Congresso deve certificare i risultati delle elezioni presidenziali, i suoi messaggi aumentano in modo compulsivo con chiari inviti alla rivolta. Il 6 gennaio, in un comizio tenuto davanti alla Casa Bianca, Trump chiama a raccolta i suoi sostenitori incoraggiandoli a marciare sul Campidoglio. Centinaia di estremisti dell'estrema destra armati, che sventolano la bandiera dei Confederati con indosso giubbotti antiproiettile e T-shirt con scritte antisemite, assaltano il tempio della “più importante democrazia del mondo”, al grido “God, guns and Trump!” dando luogo alla prima invasione del Congresso dalla guerra del 1812. La facilità con la quale per due ore il palazzo rimane alla mercé degli invasori solleva domande imbarazzanti circa l'atteggiamento della polizia nei loro confronti. Bilancio: 5 morti, il Campidoglio saccheggiato, tardiva messa al bando di Trump da Twitter, Facebook e YouTube per i suoi messaggi incendiari, dopo che per anni sono state proprio queste piattaforme a far sì che fosse possibile organizzare l'infrastruttura dei gruppi violenti, di estrema destra e movimenti di milizia. L'irruzione nel Campidoglio dimostra quanto sia riduttivo il descrivere l'America come “polarizzata”. Le sue divisioni sono molto più gravi, stando alle analisi dei politologi statunitensi, i quali non escludono che la nazione potrebbe ritrovarsi coinvolta in una seconda guerra civile. Lo confermano l'esibizione, il 6 gennaio, delle numerose bandiere confederate. Lo confermano il non celato auspicio di una “Rexit” da parte degli Stati conservatori rurali. Se Trump non è l'unico responsabile del solco che negli ultimi vent'anni si è andato scavando nelle due realtà americane, è certamente responsabile del suo acuirsi. Prova ne è il suo ossessivo appellarsi a brogli elettorali inesistenti, il rifiuto di riconoscere la propria sconfitta, il rifiuto di presenziare all'inaugurazione del suo successore. Durante i quattro anni della sua presidenza, Donald Trump ha collezionato una serie di primati, inclusi un secondo impeachment per aver incitato all'insurrezione e, dopo George HW Bush nel 1992, a perdere dopo il primo mandato, sia il collegio elettorale che il voto popolare. La mattina del 20 gennaio, poche ore prima del giuramento di Joe Biden, Trump ha lasciato Washington per la Florida a bordo dell'Air Force One, promettendo di tornare a dar battaglia per “fare l'America di nuovo grande”, nonostante lo attenda un futuro tutt'altro che roseo: lo aspettano infatti una valanga di battaglie legali riguardo a tasse, bancarotta fraudolenta e molestie sessuali. Joseph Robinette Biden è ora il 46esimo presidente degli Stati Uniti. Nel suo discorso inaugurale ha affermato che “bisogna mettere fine a questa guerra incivile che contrappone democratici a repubblicani, rurali a urbani, conservatori a liberali” e ha fatto più volte appello all'unità per sanare le ferite profonde dovute a un velenoso tribalismo politico, alle sofferenze causate dalla pandemia e ai conflitti razziali. Un discorso senza retorica, a tratti commovente, definito “terrific”, magnifico, dagli analisti politici, che segna l'inizio del nuovo corso della politica americana.


Fonte: di GIULIETTA ROVERA