"A SETTANT'ANNI DALLA DICHIARAZIONE SCHUMAN"

21-05-2020 -

La celebrazione del settantesimo anniversario della dichiarazione Schuman (Parigi, 9 maggio 1950), cade in un momento particolarmente delicato del processo d'integrazione europea.
Difficile stabilire, al momento, se si tratti di una delle periodiche crisi vissute fine dal 1965 con la crisi della “sedia vuota”, dalla Comunità (poi Unione) europea. Fino a qualche anno fa era un topos abusato parlare dell'integrazione europea come di un processo che ripartiva su nuove e più solide basi ogni qual volta questo s'inceppava in ragione di una crisi più o meno grave. Da alcuni anni, però, diciamo dalla bocciatura del Progetto di trattato costituzionale dell'Unione Europea da parte dei cittadini francesi e olandesi avvenuta nel 2005, la situazione pare essersi avvitata su se stessa con conseguenze, al momento, ancora imprevedibili.
Da allora si sono susseguite su un processo d'integrazione che già batteva la fiacca, due gravissime crisi economiche e una pandemia dagli esiti devastanti di cui ancora scontiamo gli effetti.
Ci siamo già occupati in precedenza degli strumenti messi in campo dall'Unione europea per contrastare le conseguenze economiche del contagio da coronavirus, sulla loro vera o presunta efficacia e sulla necessità o meno di accettare le risorse eventualmente messe a disposizione dal Meccanismo europeo di Stabilità (MES).
Nel frattempo su un'Unione europea confusa come non mai è piovuta un'altra tegola. Si è venuti a conoscenza del dispositivo di una sentenza emessa dalla Corte costituzionale tedesca, il Bundesverfassungsgericht (BVerfG) relativamente al Quantitative Easing (QE) promosso dalla Banca centrale europea sotto la presidenza di Mario Draghi.
Nella sua decisione, il BVerfG ha stabilito che il programma, attivo fin dal 2015, denominato Public Sector Purchase Programme (PSPP) esorbita dai compiti statutari della BCE mettendo in discussione anche gli attuali programmi posti in essere per metter un argine alle difficoltà causate dalla pandemia. Inoltre, cosa assai più grave della prima, il BVerfG si è contrapposto frontalmente alla Corte di giustizia europea che aveva definito il PSPP conciliabile con il mandato della BCE.
La critica mossa dal BVerfG all'attuale architettura istituzionale dell'Unione europea è interessante perché consente di riflettere sulle aporie dell'ordine che ci governa. Secondo i giudici tedeschi «l'Ue non può essere investita di poteri indipendenti perché non si basa su un popolo europeo (omogeneo) che possa legittimarne l'uso» (S. Fabbrini, «Il Sole 24 Ore, 10 maggio 2020». Da ciò deriva che l'Unione europea è costituita dalla somma delle volontà degli Stati che la costituiscono.
Alla base di queste considerazioni vi è l'opinione che il popolo europeo come titolare di diritti nella pratica non esiste e che la democrazia si compie pienamente e si tutela esclusivamente su base nazionale. Non vi è comune appartenenza etnica fra gli stati membri dell'UE (l'ethnos) ma un patto di adesione su base volontaria il che creerebbe piuttosto un demos; dunque l'UE, fondata su un sentimento culturale comune finirebbe per essere al più una mera costruzione giuridica senza alcuna possibilità di mobilitare le passioni che è caratteristica precipua dello Stato-nazione.
Peraltro, è interessante notare come anche alcuni giuristi si richiamino a un cosiddetto “sovranismo di sinistra” reclamando il ritorno alla dimensione statuale, l'unica, a parer loro, in cui sia possibile tutelare i diritti sociali della collettività e mantenere, così, aperto il conflitto sociale, altrimenti sterilizzato dalla dimensione sovranazionale.
La situazione attuale della costruzione europea ci porta a confrontarci con una costruzione giuridica al momento profondamente incompleta riguardo, soprattutto, alla ridotta capacità d'iniziativa legislativa del Parlamento europeo e alla mancanza di una costituzione approvata dai popoli facenti parte dell'UE. Questa osservazione dovrebbe essere sufficiente, per chi ha a cuore la costruzione di un'Europa federale, per mobilitare di nuovo l'impegno di tutti gli interessati.
Per il BVerfG le decisioni delle istituzioni europee sono legittime solo se poste sotto il controllo dei parlamenti e delle altre istituzioni degli Stati membri.
Oggi a essere stato picconato è stato l'organo giurisdizionale dell'Unione europea, domani a chi toccherà?



Fonte: di ANDREA BECHERUCCI