Viviamo nella stagione della crisi del socialismo e della sinistra. In Italia in quella dell´assenza dell´uno e dell´altra. La questione è, naturalmente, molto seria anche perché – parliamo di casa nostra – di socialismo non parla più praticamente nessuno se non piccoli gruppi che, pur con non poche differenze tra loro, continuano a crederci, mentre il termine sinistra non indica più il mondo del lavoro salariato che chiede dignità, riscatto civile e giustizia sociale, ma – cosa peraltro già rilevata da qualche attento osservatore – solo "cultura di governo", ossia predisposizione a praticare compromessi pur di governare, evitando qualsiasi conflitto con i poteri dominanti; pronti a sacrificare i diritti acquisiti e, in nome di un riformismo che non si sa cosa significhi, adottare politiche che sono di destra. Primario è non stare all´opposizione; la politica non conta poiché l´unico modo di esprimerla è conquistare il governo , il potere e, naturalmente, il sottogoverno. Con questa pratica scompare il concetto di lotta sociale e di acquisizione dei diritti; il sostanziale abbandono dei ceti più deboli al loro destino. Proprio verso di loro si consuma , lo diciamo con forte dolore, il tradimento del socialismo. Crisi del socialismo e crisi della sinistra sono fattori che si intersecano. La storia ci dice che, dove c´è il socialismo, c´è anche la sinistra mentre non è vero il contrario. Ecco che sul socialismo grava una responsabilità molto marcata, veramente di forte caratura storica. Il socialismo, tuttavia, non può rinascere e ripresentarsi nell´agone della lotta politica senza pensare se stesso nella sua dimensione più semplice e veritiera: quale movimento di lotta alternativo al capitalismo. In ciò risiede il suo ideale, il suo valore culturale e la sua ragione storica. Il socialismo quale pensiero compiuto implica un progetto culturale, sociale ed economico che non è un programma, ma una tendenza che vive la storia per cambiarla nella direzione concreta della libertà, della democrazia e della giustizia. Di tutto ciò non si sente nemmeno lontanamente l´odore; né in Italia, ma neppure in Europa. Il vuoto di cognizione progettuale è quello che ha impedito – un vero e proprio scarto di immaturità con la quale si vuole affrontare il problema – a ogni tentativo di consorziare le forze per un tentativo di rinascita di una forza socialista organizzata di fare un po´ di strada. La questione vive di un doppio concatenarsi perché il progetto ha bisogno di un soggetto, ossia di un partito e questo, per essere, necessita di un progetto. E´ una coniugazione necessaria non soddisfatta da nessuna volontà organizzativistica, elaborazione teorica, intervento di contingenza, né tantomeno da reducistiche sortite. Le due questioni, infatti, devono essere poste e risolte insieme. Fino a che ciò non avviene il socialismo continuerà a essere un problema ipotetico del futuro.