"UNA NUOVA COMMISSIONE CHE NON RIESCE A PARTIRE"

25-11-2019 -

La nuova Commissione europea guidata da Ursula von der Leyen a distanza di quattro mesi dalla designazione della sua presidente non è ancora operativa. Le ragioni di questo stallo sono molteplici. Anzitutto sembra sempre più evidente che il risicato sostegno parlamentare di cui gode la nuova Commissione sia il risultato di un parlamento europeo frammentato in cui le due forze maggiori, il partito popolare e quello socialista che sono stati, finora, la forza propulsiva dell'assemblea di Strasburgo non sono più in grado di far contare la propria capacità di leadership.
C'è ancora la possibilità che la Commissione von der Leyen riesca ad insidiarsi il 1 dicembre una volta che saranno terminate le audizioni da parte del parlamento europeo dei tre nuovi commissari designati da Romania, Francia e Polonia. Dei tre nuovi candidati proposti in sostituzione dei bocciati nella prima tornata di audizioni, hanno passato l'esame la romena Adina-Ioana Vălean e il francese Thierry Breton, considerato il più a rischio dei tre per essere portatore di potenziali conflitti d'interesse. Non ce l'ha fatta, invece, il candidato ungherese, il diplomatico Olivér Várhelyi, destinato alle politiche di vicinato e all'allargamento, le cui posizioni sono state considerate troppo in sintonia con quelle del primo ministro magiaro Viktor Orbán.
Tuttavia, è stato il superamento dell'esame di Thierry Breton a far tirare un sospiro di sollievo a chi vorrebbe che questa Commissione cominciasse quanto prima il suo lavoro. Non era per niente scontato che il candidato di Macron passasse lo scrutinio degli europarlamentari, almeno in prima battuta. Dopo la bocciatura di Silvye Goulard destinata a Mercato interno e protezione dei consumatori, industria, ricerca, energia e digitale, per le stesse competenze era stato proposto dal presidente francese il nome dell'attuale amministratore delegato di ATOS, uno dei top player nel mercato mondiale nei settori dell'Information Technology e dei Big Data. Che il nuovo commissario dovesse comprendere, tra le competenze del proprio portafoglio, anche il digitale era parso ai più un modo per mettere a rischio anche la nuova candidatura francese ma, fortunatamente, Breton è passato al vaglio dei parlamentari europei con il voto favorevole, oltre che dei popolari, dei liberali e dei conservatori, anche dei socialisti che pure, solo poco tempo prima, avevano lasciato presagire una loro opposizione anche al nuovo candidato francese. Si poteva anche pensare, con malizia, che Macron avesse scelto Thierry Breton per fare respingere anche lui dal parlamento europeo per poi arrivare alla resa dei conti definitiva con Ursula von der Leyen alla quale aveva già addebitato la bocciatura di Silvye Goulard fortemente voluta dalla presidente in pectore tedesca nonostante sulla Goulard gravassero ancora sospetti di comportamenti poco chiari nella gestione delle spese effettuate come europarlamentare. In più tale manovra avrebbe scalzato una popolare (von der Leyen) dalla presidenza della Commissione per far posto a una liberale più gradita al presidente francese (l'attuale vicepresidente danese Margrethe Vestager).
Tuttavia, nonostante il probabile completamento della compagine guidata da von der Leyen, altre nuvole si addensano all'orizzonte; da una parte la posizione del Regno Unito che ha comunicato ufficialmente la propria volontà di non voler nominare il suo rappresentante nella nuova Commissione gettando così nel panico gli esperti giuridici dell'UE posti di fronte a un problema che mai prima si era verificato (i trattati, infatti, impongono che ciascun paese nomini il proprio rappresentante nella Commissione). Dall'altro la recente esternazione del presidente francese Macron che ha dichiarato “la morte cerebrale della NATO” dopo aver varato, nel giugno 2018, la European Intervention Initiative (EI2), che si pone al di fuori sia dell'ambito NATO sia della PESCO (Cooperazione Strutturata Permanente nel settore della Difesa) alla quale di recente ha aderito anche il governo italiano. Si sarebbe, dunque, portati a pensare che questo nuovo strumento d'intervento rapido in aree di crisi voglia ritagliarsi un ruolo indipendente da NATO e PESCO e che la Francia vi voglia interpretare un ruolo trainante. Peccato che, però, la Francia possieda una capacità nucleare che è pari a circa un ventesimo di quella americana e già questo potrebbe bastare per far capire che si dovrà ancora fare molta strada se si vorrà attivare, in futuro, una forza militare europea capace di difendere il continente senza l'aiuto degli Stati Uniti a meno che Francia e Regno Unito (che pure ha aderito all'iniziativa francese) non decidano di condividere con gli altri paesi il proprio arsenale nucleare.


Fonte: di ANDREA BECHERUCCI