"KIM JONG-UN"

21-07-2019 -

Quando alla fine del 2011 Kim Jong-un ereditò il controllo della Cora del nord, diventando il “Grande Successore” del padre, Kim Jong-il, era opinione generale che questo paffuto 27enne, amante del basket, fumatore accanito e con la pettinatura alla pompadour non fosse in grado di assolvere il compito di gestire lo Stato più totalitario del mondo. Erano tutti convinti che la fortuna della famiglia di Kim si fosse esaurita, a causa della morte del suo fondatore, della carestia, del collasso dell'Unione Sovietica, e la trasformazione attuatasi in Cina, l'ultimo benefattore rimasto. Per mostrare alla popolazione che il “genius of geniuses” sarebbe entrato in carica, la presa di potere di Kim fu preceduta da due anni di propaganda: gli furono dedicate un numero incalcolabile di biografie, che lo descrivevano capace di colpire una lampadina con un fucile da cento metri all'età di tre anni e a otto di guidare un camion a 150 chilometri all'ora. Nel 2014, tre anni dopo la sua ascesa, era però evidente che il Grande Successore non si limitava a sopravvivere, ma prosperava. Il mondo, che lo dipingeva come un matto da legare, toccava con mano che Kim Jong-un – che in Svizzera era vissuto anni nei college più prestigiosi - era in realtà un leader di sorprendente scaltrezza. Pyongyang, la capitale, aveva cambiato faccia: si costruivano nuovi palazzi, cominciavano a vedersi caffè e birrerie, ovunque aleggiava un'aria rilassata prima impensabile – anche se dietro le facciate restaurate, le abitazioni continuavano a essere fatiscenti. Kim Jong-un aveva anche trovato il modo per far sì che coloro che avevano il controllo del regime nello Stato, gli fossero leali: per questa ragione, consente agli alti funzionari di usare la loro posizione per arricchirsi, si assicura che i loro figli godano i privilegi della ricchezza - smartphone, borsette di Gucci, palestre dotate di ogni comfort. Solo la paura può però garantire lealtà assoluta. Nei primi anni al potere Kim Jong-un è stato coadiuvato da un trust di cervelli, gli stessi che avevano assistito il padre e il nonno. Temendo che costoro si costruiscano una base di potere autonoma e ne minaccino la sopravvivenza, una volta ottenuto il loro aiuto, li elimina. Il primo a scomparire è il capo delle forze armate, seguito da quello della propaganda. Lo zio è ridotto in poltiglia con cannoni antiaerei, il fratellastro in esilio è ucciso con gas nervino all'aeroporto di Kuala Lumpur. Quanto al resto della popolazione, vige il sistema di sorveglianza totale e repressione. Nei campi di prigionia sulle montagne, veri e propri gulag, costrette a lavorare in miniera per un boccon di pane sopravvivono 120.000 persone, colpevoli di aver obiettato che spendere cifre pazzesche in armi quando la gente non ha da mangiare è opinabile. I dissidenti invece rischiano non solo la loro vita, ma anche quella dei genitori, dei congiunti e dei figli. Nella Corea del nord si può solo cercare di fuggire, non dissentire. Kim Jong-un sta dimostrando di essere uno stratega fuor del comune. Ha permesso a un'economia di mercato di crescere. Grazie al suo arsenale nucleare, ha il potere di trasformare l'Asia in un deserto. L'ultima bomba termonucleare fatta esplodere da Kim è equivalente a 250 kilotoni, 17 volte più potente di quella usata per radere al suolo Hiroshima. La gittata dei suoi missili balistici può arrivare a Tokio come a Chicago e Washington. La ricerca per realizzare armi nucleari ha avuto inizio con il nonno di Kim, L'Eterno Presidente Kim Il-sung ed è continuata con il padre Kim Jong-il, Il Caro Leader. Originariamente perché ci si voleva assicurare l'indipendenza dall'alleato sovietico, poi perché avrebbe messo al riparo il leader coreano da una fine macabra come quella toccata a Gheddafi nel 2011: fatto improbabile, dal momento che la guardia del corpo di Kim Jong-un ammonta a 120.000 unità, pari al 10% delle forze armate del Paese. La natura segreta e paranoica del regime nord-coreano rende difficile trovare informazioni attendibili su Kim Jong-un. C'è riuscita Anna Fifield, una giornalista del “Washington Post”, che ha scritto sul “Grande successore” un saggio mirabile: The Great Successor: The Secret Rise and Rule of Kim Jong-un. La conclusione principale di Fifield è che Kim non è matto, ma uno dei più razionali fra i leader senza scrupoli nelle dittature odierne: ha persuaso i presidenti di America, Cina e Corea del sud a seguirlo nel suo programma globale senza concedere nulla finora. Considerarlo un buffone è sottovalutare la minaccia che pone al mondo esterno e ai 25 milioni della Corea del nord.


Fonte: di GIULIETTA ROVERA