"IL PARTITO SOCIALISTA ITALIANO DI UNITA' PROLETARIA"

29-05-2019 -

C'è stato un tempo, negli ambienti socialisti italiani, in cui il termine „riformismo“ era da molti accostato al parlamentarismo, spesso all'opportunismo, qualche volta perfino al tradimento, dimenticando che fra gli autentici riformisti ci sono stati giganti della politica come Turati, appassionati pacifisti come Modigliani, valorosi sindacalisti come Buozzi, autentici eroi come Matteotti.
Oggi si tende all'errore opposto, di considerare cioè socialismo e riformismo come sinonimi, espellendo di fatto dalla storia del socialismo italiano le correnti di sinistra che pure gli hanno assicurato, nella sua ormai lunga storia, un saldo ancoraggio alla classe lavoratrice (1).
La verità è che il grande albero del socialismo ha molte radici che tutte concorrono ad assicurargli grande forza e lunga vita, al di là delle contingenze e delle ondulazioni della storia.
Un'esperienza a lungo ignorata e sottovalutata e solo recentemente „riscoperta“ dagli storici (2) è stata quella del Partito Socialista Italiano di Unitá Proletaria, dipanatasi fra il 1964 e il 1972.
La divisione del mondo, nel secondo dopoguerra, in due blocchi contrapposti, capitanati uno dall'URSS e l'altro dagli USA, si era riprodotta anche in Italia, a sua volta divisa tra un frontismo di stampo stalinista e un centrismo di tipo scelbiano. E il prezzo maggiore di ciò lo aveva pagato il socialismo italiano da poco ricostituito, che si era spaccato in due: da una parte stava un PSI trincerato nel frontismo, in una lotta, spesso eroica, per la salvezza della pace, per l'applicazione della Costituzione, per la difesa dei lavoratori dai tentativi di restaurazione capitalistica, ma senza prospettive politiche e appiattita sul potente partito comunista, fino alla rinuncia ad ogni azione autonoma e alla conseguente perdita di migliaia di militanti; dall'altra c'era un PSDI tutto preoccupato della salvaguardia delle istituzioni democratiche, appena riconquistate, ritenute insidiate da destra e da sinistra, che pero' aveva ben presto perso la sua carica riformista, al punto che la gran parte dei suoi fondatori man mano lo aveva lasciato per ritornare nella „casa madre“.
Lo storico congresso di Venezia del PSI del 1957, celebrato dopo l'avvio della destalinizzazione da parte di Krusciov e i tragici avvenimenti ungheresi, aveva precisato la natura vera e originale del socialismo, non solo italiano, e ne aveva tracciato i confini nel celebre trinomio „Democrazia, Classismo, Internazionalismo“.
Quel congresso avviò anche una nuova fase della politica italiana, caratterizzata dal dialogo tra socialisti e cattolici, del resto impostato già nel 1955 da Morandi.
Il percorso del PSI verso lo sbocco naturale di questa impostazione, in concreto un governo di centro-sinistra, non fu né facile né lineare, con una parte - gli „autonomisti“ - che metteva l'accento sulla „Democrazia“ e dunque sulla totale emancipazione dal PCI, anche a costo di dolorose rotture, e un'altra – la „sinistra socialista“ – che si ergeva a favore della conquistata unità di classe dei lavoratori, da salvaguardare ad ogni costo.
Tale nodo giunse al pettine al momento del varo del primo governo organico di centro-sinistra (3). Sull'Avanti! del 6-12-1963 apparve un articolo intitolato Da oggi ognuno è più libero. Ma all'orizzonte si profilava già l'ombra di una nuova scissione.
La rottura avvenne quando 25 deputati (17-12-1963) e poi 13 senatori (21-12-1963) non parteciparono al voto di fiducia al nuovo governo. Quei parlamentari furono deferiti ai probiviri e sospesi: la scissione divenne allora ineluttabile.
Nel corso di un convegno della sinistra socialista, riunitosi a Roma, al Palazzo dei Congressi dell'EUR, sotto la presidenza di Lucio Luzzatto, il 10-11 gennaio 1964 fu proclamata la nascita di un nuovo partito socialista, che assunse la denominazione di Partito Socialista Italiano di Unitá Proletaria (PSIUP) (4).
L'assemblea elesse un Consiglio Nazionale di 121 componenti che, a sua volta, elesse la Direzione del partito. La Direzione elesse segretario Tullio Vecchietti, affiancato da un ufficio di Segreteria, composto, oltre che dallo stesso Vecchietti, da Vincenzo Gatto e Dario Valori (5). Organo del partito la rivista Mondo Nuovo, diretta da Lucio Libertini.
Aderirono subito al nuovo partito la maggioranza della corrente di sinistra del PSI (6), 25 deputati, 8 senatori, 11 consiglieri regionali, circa 700 sindacalisti e la grande maggioranza della Federazione Giovanile Socialista (FGS) (7). Alla fine del tesseramento 1964 furono dichiarati 164.520 iscritti, provenienti principalmente dalla sinistra del PSI, ma anche da molte adesioni di operai e di studenti.
A distanza di un anno dalla fondazione, si tenne (Roma, 16-19/12/1965) il primo congresso del PSIUP, rinvigorito dalla buone affermazioni nelle recenti elezioni locali e dal buon andamento del tesseramento, dovuto anche alla sua penetrazione nel mondo operaio e in quello studentesco.
Il partito era compattamente critico col governo di centro-sinistra, pur guardando con simpatia alla nuova sinistra interna del PSI, guidata da Riccardo Lombardi. Esso era contrario alla NATO e alle armi atomiche e favorevole al „neutralismo attivo“, alla causa del Vietnam e all'ingresso della Cina all'ONU. La socialdemocrazia era vista come il pilastro fondamentale del neocapitalismo.
Segretario fu riconfermato Tullio Vecchietti, con vice Dario Valori. Presidente del partito fu eletto Lelio Basso (1965/1968).
Negli anni seguenti il PSIUP crebbe e raccolse nuove forze operaie e intellettuali, ma senza riuscire ad amalgamare la rigidità ideologica dell'apparato morandiano con le spinte giovanili e con quelle operaistiche, con le istanze terzomondiste e con le polemiche da sinistra verso il PCI.
Alle elezioni politiche del 19-20 maggio 1968, grazie all'attivismo dei suoi militanti, alle sue battaglie a fianco della protesta giovanile e delle sue posizioni antimperialiste, usufruendo anche della scarsa capacitá d'attrazione dell'unificazione del PSI e del PSDI, ottenne alla Camera un buon
4,45 % e 23 deputati a fronte del men che mediocre 14,48 % di PSI-PSDI Unificati. Al Senato presento' liste comuni col PCI, riuscendo ad eleggere 14 senatori.
Il secondo congresso del partito, che si svolse a Napoli dal 18 al 21 dicembre 1968 sul tema Unità della sinistra per un'alternativa al centrosinistra e per un nuovo internazionalismo proletario, prese atto del buon risultato ottenuto alle elezioni politiche e riconfermò sia la politica unitaria che il gruppo dirigente. Erano presenti 605 delegati, in rappresentanza di 181.753 iscritti, ripartiti in 6852 sezioni.
Il periodo successivo vide il fallimento dell'unificazione socialista, con la nuova scissione socialdemocratica (luglio 1969) e il conseguente spostamento a sinistra del PSI, mentre si verificava un riflusso delle lotte operaie: fatti che entrambi tolsero spazio all'azione politica del PSIUP, come fu constatato alle elezioni regionali del 7-8 giugno 1970, nelle quali il PSIUP scese al 3,23 %.
Il 3° congresso del PSIUP, infatti, tenutosi a Bologna dal 22 al 25 marzo alla presenza di 400 delegati sul tema Unità per il socialismo. Contro l'autoritarismo e il riformismo, contro l'imperialismo, per l'alternativa di sinistra, dovette registrare un certo declino del partito. A nulla valsero i cambiamenti di organigramma del settembre successivo con Vecchietti presidente (8) del partito e nuovo segretario nazionale Dario Valori.
La breve vicenda del PSIUP giunse alla sua conclusione con le elezioni politiche del 7-8 maggio 1972, in cui esso ottenne solo l'1,94 %, non raggiungendo il quorum in nessuna circoscrizione della Camera e non eleggendo perciò alcun deputato (9).
L'imprevisto e disastroso risultato pose il problema dell'opportunità di proseguire o meno in un'azione politica autonoma.
La risposta a questo quesito arrivo' dal 4° ed ultimo congresso, svoltosi a Roma il 13 luglio 1972, in cui fu approvata, col 67 % dei voti, la relazione del segretario Dario Valori, che proponeva lo scioglimento del partito e la sua confluenza nel PCI. Essa era sostenuta anche da Tullio Vecchietti, Lucio Libertini e Salvatore Corallo.
Una minoranza, capeggiata da Vincenzo Gatto (vicesegretario uscente) e Giuseppe Avolio, che ottenne il 9 %, opto', invece, per il rientro nel PSI (10).
Un'altra minoranza (23,8 %), guidata da Vittorio Foa e Silvano Miniati, si pronuncio', invece, per la continuità del partito. Vi aderivano anche Guido Bindi, Mario Brunetti, Aristeo Biancolini, Mario Albano, Pino Ferraris e Daniele Protti. Questo gruppo fondo', nello stesso mese di luglio del 1972, il „Nuovo PSIUP“, a cui aderirono i sindacalisti Elio Giovannini, Antonio Lettieri e Gastone Sclavi e un solo parlamentare: il senatore Dante Rossi. Organo del Nuovo PSIUP era il quindicinale Unità Proletaria.
Nel dicembre successivo, unendosi ad Alternativa Socialista (AS) (11), esso diede vita al Partito di Unitá Proletaria (PdUP), con circa 13.000 iscritti e oltre 600 consiglieri comunali.
In seguito il congresso nazionale del PdUP (Firenze, 19-21/7/1974) stabilì lo scioglimento del partito e la sua fusione col gruppo del Manifesto, da cui nacque il Partito di Unità Proletaria per il comunismo.
Si diluiva così, in vari rivoli, quella che era stata una delle ultime espressioni del socialismo di sinistra in Italia.

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(1) Le correnti di sinistra sono state predominanti nel PSI, quasi ininterrottamente, dal 1912 al 1957.
(2) Silvano Miniati PSIUP 1964-1972 Edimez, 1981.
Aldo Agosti Il partito provvisorio. Storia del PSIUP nel lungo Sessantotto italiano Laterza, 2013.
Enrico Baiardo Il socialismo in movimento. Il PSIUP e la sinistra degli anni Sessanta Erga, 2013.
Anna Celadin Mondo nuovo e le origini del PSIUP. La vicenda socialista dal 1963 al 1967 Ediesse, 2006.
Giuseppe Micciché Parabola di un partito. Il PSIUP in terra iblea (1964-1972), Ragusa, 2013.
(3) Il governo DC-PSI-PSDI-PRI Moro-Nenni (4-12-1963/22-7-1964), presieduto dal democristiano Aldo Moro con vicepresidente Pietro Nenni. Ne facevano parte i socialisti Corona, Giolitti, Mancini e Pieraccini e i socialdemocratici Saragat, Preti e Tremelloni.
(4) La denominazione riprendeva quella assunta dal partito socialista nel corso del convegno di fusione fra PSI (Lizzadri, Nenni, Romita), Movimento di Unitá Proletaria (Basso, Luzzatto, Bonfantini) e Unitá Proletaria (Vassalli, Zagari, Vecchietti) tenutosi in casa di Lizzadri a Roma il 22 e 23/8/1943. Il partito era poi ritornato alla storica denominazione di PSI il 13-1-1947, su proposta di Olindo Vernocchi, per evitare che se ne appropriassero gli scissionisti guidati da Saragat.
(5) Fra i piú noti socialisti aderenti al PSIUP, oltre ai giá menzionati, ricordiamo Lelio Basso, Vittorio Foa, Emilio Lussu, Francesco Cacciatore, Silvano Miniati, Giuseppe Avolio, Salvatore Corallo, Elio Giovannini, Francesco Lami, Alcide Malagugini, Alessandro Menchinelli, Fernando Schiavetti
(6) Fra i membri della sinistra che non aderirono al PSIUP i parlamentari Renato Ballardini, Gino Bertoldi, Loris Fortuna, Nello Mariani, Anna Matera e i sindacalisti Giorgio Veronesi, Silvano Verzelli e Mario Dido'. Questi ricostituirono la nuova sinistra del PSI, a cui furono assegnati, con la cooptazione di 21 membri, 34 posti nel Comi
tato Centrale e 5 nella nuova Direzione del PSI, ora presieduta da Francesco De Martino, essendo Nenni entrato nel governo.
(7) La decisione fu adottata dalla maggioranza del CC della FGS il 13-1-1964. Non aderí al PSIUP il dimissionario segretario nazionale Vincenzo Balzamo.
(8) Dopo il congresso di Napoli Basso, pur rimanendo nel Comitato Centrale, ma senza piú esserne il presidente, non era entrato né nella Segreteria né nella Direzione del partito. Nel gennaio 1970 lascerá il gruppo parlamentare. Facevano da sfondo a questa decisione la sua decisa condanna della repressione della „primavera di Praga“ da parte dell'URSS, il rifiuto di ogni modello, compreso quello sovietico e l'ipotesi di un nuovo internazionalismo, che rifiutasse la socialdemocrazia, ma anche il modello burocratico sovietico, posizioni ormai incociliabili con quelle ritenute troppo caute e ambigue assunte in merito dal partito.
(9) Al Senato il PSIUP si presento' assieme al PCI ed elesse 11 senatori, con in testa il segretario del partito Dario Valori e formo' un proprio gruppo parlamentare presieduto da Mario Li Vigni.
(10) In questa scelta essa era giá stata preceduta da Alessandro Menchinelli e da Giulio Scarrone, giá direttore de La conquista, organo dei giovani socialisti.
(11) Alternativa Socialista era la corrente di sinistra, facente capo a Giovanni Russo Spena e Domenico Jervolino, del Movimento Politico dei Lavoratori (MPL). Quando la maggioranza di tale movimento, guidata da Livio labor, decise di confluire nel PSI, la sinistra si fuse con Nuovo PSIUP, dando vita al PdUP.


Fonte: di FERDINANDO LEONZIO