"TRE VOTI" di Paolo Bagnoli

26-02-2019 -

Sono tre i voti che, nel giro di poco tempo, hanno segnato la vita del Movimento 5Stelle: due elettorali e uno parlamentare. I primi due hanno caratteristiche di tendenza che riguardano il ritorno della contrapposizione tra centro-destra e centro-sinistra, quasi il riaffacciarsi di un bipolarismo pallido. Peraltro, senza partita se si vedono i risultati del primo schieramento rispetto al secondo, ma comunque si può dire ciò considerato che i grillini transitano in terza fila sia in Abruzzo che in Sardegna. Solo nel Molise sono arrivati secondi: la classica rondine che non fa primavera. Quanto è successo in Sardegna, poi, ha del clamoroso essendosi assestati a un misero 9,7%: alle politiche avevano raccolto il 42%. E’ il populismo; chi ci vive lucrando alla fine ci ruina. Per essere più immediati: chi di vaffa vince di vaffa perde. È una legge inesorabile e non essendo riusciti a imbastire un ragionamento di un qualche costrutto per spiegare l’accaduto, chissà se i “governanti del popolo”, ora che il popolo continua a voltare loro le spalle, non decideranno di mettere ai voti, naturalmente su Rousseau, la proposta di cambiare il popolo! Oppure, se ragionassero sull’amato schema “costi-benefici” potrebbero, una volta tanto essere sinceri, e ammettere che per l’amato popolo loro cominciano a essere più un costo che un beneficio.
In Sardegna nemmeno alla Lega, nonostante le violazioni di Salvini pro domo sua durante il silenzio elettorale, è andata come il signore delle felpe avrebbe voluto. Il centro-destra, però, ha vinto e, quindi, tutto bene madama la marchesa anche se, votazione dopo votazione, il problema Forza Italia si impone. Infatti, pur non brillando, il partito di Arcore sul piano elettorale, lo schieramento senza di esso non ce la fa. Le risposte smargiasse di Salvini sono solo ad uso della comunicazione – come, per altro, tutto il suo agire - ma, come dimostra la vicenda 5Stelle, il popolo populista che lo vota non sta ad aspettare a lungo e, quanto che sta succedendo ai grillini, può benissimo capitare anche alla Lega con buona pace di tutte le baracconate del suo leader. E’ possibile non vedere quanto emerge dalle urne? In Sicilia, nel novembre 2017, vince Nello Musumeci con il 40%; in Lombardia, nel marzo 2018, vince Attilio Fontana con il 49%; in Molise, nell’aprile 2018, vince Donato Toma con il 43%; pochi giorni dopo, in Friuli, vince Massimiliano Fedriga con il 57%; in Abruzzo, nel febbraio 2019, vince Marco Marsilio con il 48%. Ora in Sardegna vince Christian Solinas con il 47,8%. Ogni vittoria del centro-destra è una sconfessione dell’alleanza con i 5Stelle; la richiesta di Berlusconi di prenderne atto non è campata in aria anche se, sicuramente, stando al governo con Di Maio, Salvini riscuote dei dividendi che con Berlusconi e Meloni difficilmente vedrebbe. Quanto, tuttavia, potrà resistere il signore delle felpe? E’ stato osservato che in politica, spesso, come in “borsa”, bisogna puntare sugli annunci; al momento delle notizie è troppo tardi. E’ vero e tali annunci sono forti; se poi le elezioni in Piemonte e quelle europee confermassero ancora il trend, allora annuncio e notizia andrebbero a braccetto e Di Maio potrebbe portare Rousseau al tribunale fallimentare.
Del Pd c’è poco da dire. Oggi si può solo registrare che il malato non è morto; ma quando, come è avvenuto in Sardegna – ove con il 13,5% risulta il primo partito perdendo ben 29mila voti pari a quasi l’otto per cento - gli si chiede di non farsi vedere e quelli di Roma acconsentono a che ciò avvenga, come non pensare che nemmeno i romani credono in se stessi e in quanto stanno facendo, a partire da un improbabile congresso le cui fasi preparatorie sembrano foriere solo di irrisolutezza politica e di confusione?
Infine. I grillini riescono a perdere anche quando vincono come è avvenuto nella Giunta del Senato che ha evitato in prima battuta – ancora manca l’Aula – a Salvini di andare sotto processo per il caso della Diciotti. Dopo essersi rappresentati come uomini puri e non timorosi della giustizia hanno impedito che un procedimento di giustizia, quello che riguarda Salvini appunto, si compiesse invocando un’inesistente ragione politica. Va detto, infatti, che la Diciotti era approdata al porto di Catania non per far sbarcare i migranti, bensì per fare rifornimento. Salvini, nella sua corsa folle verso il successo e tenere viva la paura verso i migranti, ha recitato lo spettacolo penoso e grave cui abbiamo assistito. E quando gli è stato contestato un reato se l’è letteralmente fatta sotto e invocato la solidarietà politica; cosa che Conte e Di Maio si sono precipitati a dare. Poi c’è stato Rousseau; ma chi in buona fede crede a quel risultato? Da tutta questa squallida vicenda se ne ricavano almeno tre cose: la prima, che Salvini recita sempre costi quel che costi indipendentemente da ciò che ne deriva al Paese; la seconda, che i parlamentari 5Stelle hanno diritto all’accompagnatore perché ritenuti incapaci di muoversi da soli; la terza, che più che a favore di Salvini i 5Stelle,a costo di perdere l’alone di purezza che si erano attribuiti, hanno votato per salvare Di Maio.
Ci sembra che tra Rousseau che vota e il voto del popolo non ci sia connessione alcuna. Tre voti: il presidente Conte farebbe bene a riporre in un cassetto il contratto e, già che c’è, a gettare anche la chiave.